Lintervista di Piergiorgio. Pinna a Vanni Maciocco offre molti - TopicsExpress



          

Lintervista di Piergiorgio. Pinna a Vanni Maciocco offre molti pacati spunti di riflessione ed indica una possibile rotta per il futuro. SASSARI. «La quantità dacqua che si è abbattuta sulla Gallura è impressionante, evidenzia un evento epocale, eppure a Olbia certe dinamiche di urbanizzazione sono un esempio negativo». Vanni Maciocco, ingegnere e architetto, mantiene la consueta cautela danalisi. Ma non manca di mettere in risalto tutti gli aspetti nella costruzione della città che hanno contribuito a rendere più devastante lalluvione. Da urbanista di primissimo livello a suo tempo impegnato anche nello studio di queste aree abitate della Gallura, ex preside di Architettura ad Alghero, oggi il professionista fa una serie di proposte. E, soprattutto, sottolinea che cosa si sarebbe potuto fare per evitare effetti tanto catastrofici. Professor Maciocco, qual è stata la sua prima reazione di fronte alla catastrofe? «Davanti a una tragedia che colpisce profondamente la Sardegna ci si sente inadeguati. Prevalgono il rispetto per le vittime, la solidarietà per i loro cari e per chi si trova in così grandi difficoltà». Olbia è il centro più devastato. «Io, che ci sono nato, nutro forte affetto per questa città. E provo grande dolore per le persone che hanno perso la vita, nonostante avverta linadeguatezza e linutilità delle parole. Perciò ho molta difficoltà ad argomentare in maniera serena. In ogni caso, sento il dovere di contribuire a rappresentare nel modo più adeguato i problemi alla base di ciò che è accaduto: per fare in modo che non si ripeta». A che cosa si riferisce? «Olbia ha un territorio con unidrologia superficiale complessa e delicata: comprende rii, compluvi, aree depresse. Sorge su zone che hanno notevoli difficoltà di assorbimento idrico anche in presenza di fenomeni ordinari: segnali distintivi e propri di una pianura alluvionale, che come sappiamo è appunto destinata allacqua». E quindi? «A fronte di queste difficoltà naturali, Olbia è una città che ha avuto e avrà, secondo attendibili previsioni, una forte dinamica di sviluppo. Ma nel passato anche recente questo sviluppo è contrassegnato da caratteri di una urbanizzazione incontrollata della pianura. Così sono state occupate sia aree a difficoltà di drenaggio, con vere barriere al deflusso idrico, sia altre zone drenanti, con ostacoli alla penetrazione delle acque nel sottosuolo». Con quali conseguenze? «Chiarisco con un esempio: rimodellando le sponde delle acque fluviali con pareti di calcestruzzo si è contributo a creare in molte parti del territorio una separazione impropria tra idrologia superficiale e idrologia sotterranea». In una situazione come quella di queste ultime ore che cosa hanno comportato fatti del genere? «Intanto, una premessa. Per descrivere levento di cui parliamo persino laggettivo “straordinario” appare inadeguato: su un territorio urbanizzato di circa 700 ettari si sono riversati in poche ore 400 millimetri di pioggia, circa 2 milioni e ottocentomila metri cubi dacqua. Se si pensa che le precipitazioni medie annue sono pari a 750 millimetri, si ha con pochi numeri una rappresentazione della rapidità e della violenza di ciò che è avvenuto. Tuttavia credo ci siano alcune altre considerazioni da fare». Quali? «Non sono un esperto di clima, ma sono convinto che questi fenomeni e la loro frequenza mettano in discussione i nostri modelli tradizionali di previsione. E a ogni modo dobbiamo chiederci cosa fare, sebbene non sia semplice. Direi che i problemi vanno affrontati su più piani e su diversi tempi». Come? «Nel breve periodo bisogna attivare sistemi di preavviso precoce efficaci per mettere in sicurezza gli abitanti. È unesigenza ineludibile: le emergenze, in particolare quelle naturali, diventano troppo ricorrenti per non essere affrontate come questioni di educazione civica permanente». E poi? «Si devono ridiscutere i modi con i quali costruiamo lo spazio organizzato, le nostre stesse città, facendo diventare il recupero la parola chiave di ogni comportamento. Mi riferisco a recupero urbano, recupero ambientale, ripristino delle condizioni di sicurezza. E tenere presente che lo stesso concetto di sicurezza è in evoluzione, e in ogni caso va legato a quello di responsabilità personale. Tutto ciò perché si affermi una coscienza ambientale collettiva, consapevole dei nostri limiti e del fatto che la tecnologia non è onnipotente e non può renderci immuni da ogni pericolo». In sostanza, lei che soluzioni propone? «Si deve fare attenzione alle grandi cose, ma anche a quelle che sembrano piccole eppure hanno tanta rilevanza. Mi spiego con una domanda: ha davvero senso rendere abitabili gli scantinati in aree alluvionali inevitabilmente costruiti sullacqua? Una politica ambientale regionale sistematica devessere una risposta epocale a questi grandi problemi, una sorta di piano di rinascita orientato nel garantire in modo primario, essenziale, gli uomini che abitano in un dato territorio». E per Olbia, nello specifico, che cosa suggerisce? «Questo terribile evento ha purtroppo sancito che Olbia non è solo una città di mare, ma una città dacqua, e che con lacqua dovrà sempre confrontarsi. In questo quadro, bisognerà allora che lassetto urbano e lassetto idrogeologico si sostengano in maniera reciproca». In che modo? «Tramite il ridisegno del sistema idrologico e la definizione delle compatibilità dellassetto urbano: insomma, dobbiamo mettere in sicurezza la città e il territorio. Con interventi capillari . E con la massima attenzione ai processi ambientali, da considerare opportunità per un riassetto orientato appunto in senso ambientale». Già, ma con quali contromisure esattamente? «Occorre una strategia che si concretizzi attraverso impegno e competenze. Ma soprattutto si condensi in una azione di coinvolgimento collettivo per un piano destinato alla rinascita di Olbia. Una città che lo merita. Anche per il suo carattere così generoso, aperto al futuro».
Posted on: Wed, 20 Nov 2013 14:59:10 +0000

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