Lo spaccato del ventennio su Laboratorio di politica Autore: - TopicsExpress



          

Lo spaccato del ventennio su Laboratorio di politica Autore: Michele Prospero Donne, denaro e potere. Tutto sta cadendo rovinosamente addosso a Berlusconi. I peccati della carne che per un indomabile capriccio lo avrebbero spinto fino all’abuso di ufficio, l’odore dei soldi che per indebolire un rivale in affari lo avrebbe indotto a falsificare la libera concorrenza acquistando sentenze per annullare lodi arbitrali sfavorevoli, le trame occulte che per affossare un governo sgradito avrebbero suggerito delle manovre torbide tese ad alterare i giochi parlamentari: uno spaccato del ventennio che lascia di stucco. Dai più diversi tribunali, da Milano a Napoli al Palazzaccio della Cassazione, emerge una radiografia del potere che getta cupe ombre sulla seconda repubblica e pronuncia la parola fine sul suo principale interprete. Il giustizialismo è di sicuro una pessima mentalità che, recepita da una politica in affanno, coltiva il mito triste di soluzioni finali affidate alle procure, viste come l’avamposto della dura lotta di liberazione dal caimano. Il giustizialismo è sempre il travestimento di una politica debole che delega ad altri organi la sua primaria funzione nella efficace costruzione di valide alternative al potere dalle forme degeneri. La politica debole poi si ritrova del tutto disarmata dinanzi all’emersione di fenomeni imprevisti, destinati a raccogliere l’eredità ingombrante del nemico rimosso con procedure diverse da quelle elettorali. E però nessun garantismo, che tiene ben salda la distinzione tra sfera della contesa politica e ambito del processo penale o civile, equivale a fare spallucce dinanzi a esiti processuali clamorosi che per la loro estensione sistemica sprigionano una inevitabile ricaduta politica. La lunga carriera di sedicente statista del Cavaliere nacque proprio dopo l’onda anomala scatenata nel 1992 dal tintinnio delle manette che mandò alla rovina i vecchi partiti e si conclude ora in maniera forse definitiva con un nuovo rumore delle sbarre che si avverte al passar dei secondini. L’illusione di Berlusconi, di riuscire a calmare i più bollenti spiriti delle procure con il sostegno offerto a un governo enfaticamente battezzato di pacificazione, non poteva avere dei solidi fondamenti. E infatti naufraga senza resistenza. Proprio la normalizzazione dei rapporti politici, con la nascita di un governo di servizio, semmai poteva funzionare come una tregua utile a stemperare il conflitto dalle asperità più forti, e quindi come a prestarsi come una occasione propizia per agevolare un pronunciamento regolare dei poteri neutri dello Stato. Le scaramucce, un po’ propagandistiche, sulla sua immediata (da far valere dopo vent’anni di consuetudini parlamentari d’altro segno) ineleggibilità o l’attesa di trarre le conseguenze definitive dall’interdizione dai pubblici uffici, suggeriscono nella sostanza che la china degli avvenimenti è tale che la condanna all’oblio politico di Berlusconi pare cosa scontata. Dato il potere enorme che ha gestito nelle sue mani, e la capacità di influenza e di condizionamento che ancora riesce a evocare, l’uscita di scena del Cavaliere non è certo un passaggio che rimane indolore. La rimozione di un enorme problema (non solo) politico, che ha ostacolato il consolidamento di una matura democrazia dell’alternanza operando lungo un ventennio come una negativa fenomenologia regressiva, per paradosso andandosene lascia aperti degli altri spinosi nodi che accompagneranno come un incubo la seconda repubblica decadente. Lo scenario già cominciato del dopo Berlusconi è denso di incognite. Per il governo la strada pare sempre più piena di ostacoli, abitata da agguati e ritorsioni. Le esternazioni focose di Brunetta contro il tesoro suggeriscono pure qualcosa sulle intenzioni di guerra. Di tutto il repertorio retorico, che annunciava grandi e sagge riforme costituzionali, non resta che un canestro di parole vuote. Sarebbe già tanto, in questo completo marasma, riuscire a parare i colpi più minacciosi della crisi, che non dà tregua. Il fatto è che in Italia non c’è un sistema politico, non ci sono partiti in salute, tutto è paurosamente liquido. Frammentazione, vendette e fughe nella irresponsabilità sono sempre all’ordine del giorno. Parare i colpi più subdoli è già un’impresa di rilievo. Il guaio più serio è che la destra non ha mai voluto darsi un profilo politico e organizzativo autonomo. Non lo ha fatto quando il Cavaliere era ormai in fase calante e la sua stella era irreversibilmente appannata in Italia e nel mondo. Avrebbe potuto, allora, con un po’ più di fegato aspirare a durare insediandosi in uno spazio politico non ancora residuale. Non ha avuto il coraggio politico di accettare la condizione ineludibile, quella di licenziare il padre padrone troppo ingombrante. Malgrado abbia espresso governi, creato un vasto ceto politico nazionale e periferico, lo stato maggiore della destra non ha mai aspirato a costruirsi una specifica funzione politica. E adesso che le macerie le cadono addosso senza tregua, il riflesso condizionato la induce nella tentazione assurda di fare quadrato attorno a Berlusconi umiliato e offeso. Alle ludiche sfilate di Ferrara si affianca qualche mano pirata che di soppiatto cerca di rimettere in circolo il proposito provocatorio di modificare, con interventi sul titolo quarto, il profilo costituzionale della magistratura. La destra pare perduta, e senza una meta. Però dove la ragione politica non ha per anni prodotto frutti positivi nel dare l’addio a Berlusconi, la dura necessità non lascia scampo al compito sempre rinviato di accordare la dovuta sepoltura al Cavaliere. Meglio un sobrio commiato, senza inseguire i sogni dinastici, con i galloni del comando già pronti ad essere regalati alla figlia designata.
Posted on: Sun, 30 Jun 2013 02:23:18 +0000

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