Lunedì storia (di mare) IL MEDITERRANEO DEI MERCANTI Racconta - TopicsExpress



          

Lunedì storia (di mare) IL MEDITERRANEO DEI MERCANTI Racconta Giovanni Boccaccio, in una delle novelle più famose del Decamerone, che a Ravello viveva Landolfo Rufolo, mercante ricchissimo, il quale, venuto a sapere che nella lontana isola di Cipro, al centro del Mediterraneo orientale, si potevano realizzare ottimi guadagni, sviluppò un progetto commerciale a lunga distanza, indubbiamente rischioso, ma in grado di produrre il raddoppio del capitale investito. Pertanto, armò un “grandissimo legno” e ne riempì le stive di innumerevoli merci. Poiché, per ovvi motivi di sicurezza, a quell’epoca si preferiva il cabotaggio alla navigazione in mare aperto, probabilmente salpò da Amalfi, attraversò lo stretto di Messina, percorse lo Jonio lungo le coste calabre e pugliesi per piegare ad est verso le isole greche. Poi, il Peloponneso, fino alla meta. Qui la sgradita sorpresa. La notizia che aveva ricevuto era ormai superata dalla realtà, perché, a differenza di oggi, le informazioni viaggiavano più lente delle cose, o al massimo alla medesima velocità. In sostanza, molti altri mercanti erano arrivati prima di lui con le sue stesse merci di cui il mercato era ormai saturo. La conseguenza si riassumeva in due parole: fallimento e povertà. Ma Landolfo non si perse d’animo. Permutò il “grandissimo legno” con un “legnetto sottile”, veloce e ben manovrabile perché spinto da remi oltre che dalle vele, ingaggiò una ciurma disposta a tutto e si dette alla pirateria, assalendo naviglio musulmano. Il piano commerciale rimase però lo stesso: senza lasciarsi travolgere dall’avidità, avrebbe smesso non appena raggiunto l’obiettivo. Cosa che avvenne in poco tempo perché evidentemente, fra Cipro e le coste della Siria, del Libano, della Palestina, di navi rapinare ce n’erano molte. A quel punto Landolfo riprese la via di casa, ma a causa di un forte vento di scirocco dovette rifugiarsi nella baia di un’isola dell’Egeo. Proprio lì arrivarono anche due cocche (grosse navi da carico) genovesi. Gli equipaggi riconobbero il “legnetto” di Landolfo. Sapendo che trasportava ingenti ricchezze, lo bloccarono e, sotto la minaccia del tiro delle balestre, lo depredarono. Lo stesso Landolfo fu fatto prigioniero, per essere probabilmente venduto come schiavo. Per la seconda volta aveva perduto tutto. Le cocche ripresero il mare, si affacciarono sullo Jonio, ma un’altra ondata di maltempo le investì senza che avessero, questa volta, dove ripararsi. Il naufragio fu inevitabile. Landolfo si trovò fra le onde e si tenne a galla aggrappandosi disperatamente ad una tavola. Ormai solo, si accorse che una cassa, che gli galleggiava vicino, stava per travolgerlo. Più volte cercò di allontanarla con la mano, finché ciò che temeva non accadde. Urtato violentemente perse la presa sulla tavola, andò sott’acqua e quando riemerse trovò, come unico appiglio, proprio la cassa. Ad essa avvinghiato, fu trascinato dalla corrente che, per sua fortuna, ormai “divenuto quasi a una spugna”, lo portò ad una spiaggia dell’isola di Corfù. Qui un altro colpo fortunato. Una “buona femina”, che lavava le stoviglie nella sabbia, lo vide, lo tirò a riva per i capelli e lo portò nella sua casa con la cassa sulla quale era arrivato. Quando si riprese, la donna gli consegnò la cassa, della quale era del tutto dimentico. Apertala, vi trovò un sacchetto di pietre prezioso il cui valore, al suo occhio esperto, risultò della stessa entità del guadagno che si era prefisso all’inizio della sua avventura commerciale. Prudentemente non disse nulla e, come naufrago miserando, riuscì a farsi trasbordare fino a Brindisi. Da lì navigò fino a Trani, da dove, con una carovana di mercanti “drappieri” suoi concittadini, attraversò gli Appennini e tornò finalmente a Ravello, chiudendo il cerchio del suo viaggio. L’avventura, “a lieto fine” come in tutte le novelle delle seconda giornata, termina qui, ma Boccaccio non omette di informare che Landolfo, vendute le pietre preziose, ebbe subito cura di mandare una parte del ricavato alla donna che l’aveva salvato e ai colleghi che l’avevano aiutato. Cinque considerazioni. La prima. E’ impossibile sfuggire alla sensazione che Boccacio sia riuscito a rappresentare in Landolfo Rufolo lo spirito di un capitalismo mercantile ormai maturo, nel XIV secolo, in tante parti della penisola italiana. Landolofo era ricco, poteva vivere serenamente di rendita e guardare il mare dall’alto della costiera amalfitana, al sicuro da ogni rischio. Ma qualcosa lo pungolava, lasciandolo insoddisfatto. Forse proprio il pensiero delle monete lasciate a dormire, come semente chiuse in un sacco, invece di essere sparse su un fertile terreno. La seconda. Landolfo è un mercante idealizzato. Agisce non per avarizia, ma per puro spirito di impresa e per precisi obiettivi. Infatti non pretende mai di ottenere di più di quanto si era prefissato e non esita ricompensare lautamente chi lo ha aiutato. La terza. L’universo mercantile medievale dei commerci a lunga distanza si rivela tanto denso di rischi quanto di elasticità etica. Il mercante può trasformarsi in pirata. Lo dimostra Landolfa, lo dimostrano i genovesi. E Landolfo fa tesoro della sua disavventura: nel ritorno da Corfù a Ravello si finge povero in canna, per evitare di essere derubato di nuovo. La quarta. Gli echi omerici sono evidenti, ma ridotti da un contesto epico ad uno borghese e addirittura popolare. La “buona femina” che lava i piatti sulla spiaggia e avvista il naufrago, richiama la principessa dei Feaci, Nausicaa, che trae in salvo Ulissse. Landolfo che, nel tornare a Ravello, si finge povero richiama la modalità scelta dallo stesso Ulisse per presentarsi ad Itaca. La quinta. Il mare è il vero protagonista. Non è più quello simbolico della Commedia dantesca. E’ quello reale, il Mediterraneo, via principale dei commerci e dei contatti fra culture diverse perché, malgrado i pericoli, sull’acqua si viaggia più velocemente che sulla terra. Un mare popolatissimo di imbarcazioni e dunque di uomini che si incontrano, scambiano, talvolta si derubano a vicenda, talaltra si aiutano in modo disinteressato. Proprio come nella città, l’altro luogo quanto mai mutevole e ricco di sorprese che, per Boccaccio, è il teatro più vero dell’avventura umana, giocata tutta fra le insidie e i favori del caso (fortuna) e la capacità dell’uomo di affrontarli e sfruttarli con successo. Alessandro Orlandini lamartinelladisiena.wordpress/2013/07/22/il-mediterraneo-dei-mercanti/
Posted on: Mon, 22 Jul 2013 18:04:29 +0000

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