Lussazione acuta della spalla Di tutte le lussazioni - TopicsExpress



          

Lussazione acuta della spalla Di tutte le lussazioni traumatiche, quella della spalla è di gran lunga la più frequente, incidendo nelle varie statistiche delle dislocazioni articolari per ben il 50-60% dei casi. Il motivo risiede nel fatto che questa articolazione, è intrinsecamente lassa, per la sua configurazione ossea. Consente una mobilità superiore a quella di qualsiasi altra articolazione del corpo, sacrificando la stabilità per la mobilità. La spalla ha i due capi ossei appartenenti all’omero e alla scapola, che non si ingranano saldamente tra di loro. Il termine lussazione indica una completa perdita di contatto tra la testa omerale e la cavità glenoide della scapola dovuta alla lacerazione della capsula articolare e dei legamenti. Il termine sublussazione si riferisce a una perdita parziale dei contatti della gleno-omerale. La stabilità della spalla dipende da stabilizzatori statici e dinamici. Oltre che per eventi traumatici, l’instabilità articolare può essere causata da lassità, ossia da una situazione di incapacità a mantenere la spalla in sede per alterazione dello sviluppo osseo o dei tessuti periarticolari. In questo caso si parlerà di lassità congenita scapolo omerale, che è spesso bilaterale. Sintomatologia Il paziente, a seguito di un movimento forzato o innaturale, avverte una sensazione di un “qualcosa” che è andato fuori posto, spesso accompagnato da vivo dolore. Successivamente è impossibilitato ad effettuare liberi movimenti del braccio per impedimento meccanico. Il più delle volte, soprattutto nelle lussazioni anteriori, il paziente si sorregge l’arto con l’aiuto di quello sano in atteggiamento leggermente divaricato e anteposto e qualsiasi piccolo movimento articolare acutizza il dolore. Se non si interviene con tempestività, può manifestarsi intorpidimento, formicolio e debolezza dell’arto a volte anche del collo. Diagnosi Nella lussazione acuta post trauma, la diagnosi è di facile identificazione: l’atteggiamento del paziente e un veloce esame obiettivo non lasciano in genere particolari dubbi. Prima di effettuare la manovra di riduzione, è sempre consigliato effettuare uno studio radiografico per valutare la sede di alloggiamento patologico della testa omerale e visionare eventuali fratture ossee associate. Nelle lussazioni recidivanti, occorre chiedere al paziente la storia clinica della spalla o di entrambe le spalle per una eventuale presenza di lassità cronica. Nei giorni successivi si invita il paziente ad effettuare un controllo TAC o RM, possibilmente con mezzo di contrasto per visionare le frequenti lesioni capsulari, legamentose e ossee che l’evento traumatico ha prodotto. Terapia Nella fase acuta, come detto, dopo gli accertamenti del caso, si procede alla riduzione (rimettere in sede naturale l’articolazione). Si tratta di una manovra relativamente semplice se affidata a mani esperte. Dopo la riduzione, si procede allimmobilizzazione in tutore per circa 10/15 giorni. Il trattamento di prima scelta dopo il primo episodio di lussazione è quello conservativo: dopo il periodo di immobilizzazione, si inizia una progressiva attività di mobilizzazione e di rinforzo muscolare, avendo cura di evitare i movimenti di extrarotazione e abduzione della spalla. Purtroppo, le recidive dopo il primo evento traumatico sono molto frequenti. Trattamento chirurgico Si procede al programma chirurgico al persistere della instabilità e al manifestarsi di nuove lussazioni. Negli ultimi anni l’evoluzione delle tecniche operatorie ha permesso di rendere sempre più preciso l’intervento. Si tratta di riparare le lesioni legamentose e capsulari: il tipo di tecnica da adottare dipende principalmente dall’età del paziente, dal numero di lussazioni e dal grado di limitazione articolare. L’intervento si esegue in artroscopia, che dà i vantaggi di non incidere i muscoli, di minimizzare il sanguinamento intra ed extra operatorio e di essere altamente precisi e selettivi nella identificazione e ne trattamento della lesione. La tecnica artroscopica prevede l’utilizzo di “ancorette” in titanio o in materiale bioriassorbibile (acido polilattico). Lo scopo è quello di ritensionare i tessuti lesionati.
Posted on: Fri, 18 Oct 2013 18:37:35 +0000

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