L’arresto del cantante Zuccherino, al secolo Alfonso Mangella, - TopicsExpress



          

L’arresto del cantante Zuccherino, al secolo Alfonso Mangella, per essere stato protagonista di una sparatoria nel centro di Napoli, riaccende i riflettori sui cantanti neomelodici napoletani e del loro legame con la malavita. Il giro d’affari dei neomelodici è enorme, si parla di decine di milioni di euro l’anno, ma non esattamente quantificabile, perché nella maggior parte dei casi i cd vengono pubblicati direttamente falsi e venduti nelle bancarelle dei mercati della città. Ma nel capoluogo partenopeo il loro successo è pari, se non superiore, a quello dei cantanti nazionali come Eros Ramazzotti e Laura Pausini. Sono ascoltati in tutta la Campania e spesso varcano i confini regionali, sconfinando un po’ in tutto il Sud, specialmente in Puglia e Calabria. Le loro canzoni raccontano la vita della strada: l’amore è l’argomento principale, ma anche la mancanza di lavoro e le difficoltà del tirare a campare giorno per giorno. E a Napoli se si racconta la strada, si narra anche di camorra. Con canzoni che sono diventate dei veri e propri inni dei clan. Gianni Vezzosi con O killer, Lisa Castaldi con Il mio amico camorrista, Nello Liberti con O’ capoclan, Sandro e Anthony con Nu guaglione malamente, ma soprattutto Tommy Riccio con Nu latitante, ma ce ne sono tanti altri, sono diventati la colonna sonora di Gomorra, per dirla come Roberto Saviano. Canzoni che non solo raccontano, ma giustificano e, a volte, inneggiano alla vita degli affiliati. Costretti, secondo alcuni testi, a entrare nei clan per necessità, “per dare da mangiare ai propri figli”. Storie di latitanza, di odio per i pentiti, di colpi di pistola e di violenza. Alcuni cantanti sono addirittura sponsorizzati dalle famiglie mafiose. In città è cosa nota: se la camorra spinge un cantante, avrà sicuramente successo. Che non si misura solo in termini di vendite o di visualizzazioni su Youtube (arrivano anche a 2 milioni), ma anche in inviti per serate, feste e matrimoni. Il fenomeno non è di oggi. Lo stesso Mario Merola è stato protagonista di un film come Il mammasantissima, la storia di un boss di quartiere che combatte per difendere il suo onore. Nino D’Angelo e Gigi D’Alessio non hanno legami, ma all’inizio di carriera sarà capitato anche a loro di cantare a feste di persone non proprio raccomandabili. Poi loro hanno spiccato il volo. E hanno lasciato Napoli. Come Gigi Finizio, che ormai canta in italiano. Ma tutti gli altri, e parliamo di decine di cantanti, sono ancora lì, a raccontare le storie d’amore e di violenza dei vicoli dei quartieri spagnoli e di Secondigliano. Zuccherino non è il primo neomelodico a finire nelle maglie della giustizia. L’inchiesta sul clan dei Casalesi, per esempio, ha portato alla luce diversi legami tra i boss e alcuni artisti locali. Come Ida D’Amore, compagna del boss Giuseppe Esposito, imposta ai titolari dei locali. Nello Liberti, invece, proprio per O capoclan, è stato indagato per concorso in istigazione a delinquere nell’ambito dell’inchiesta sui clan di Ercolano. Gaetano Gegnoso, neomelodico e pasticciere, è stato invece arrestato dai carabinieri di Torre del greco nell’ambito dell’inchiesta sui alcuni gadget imposti ai commercianti. “Questi cantanti danneggiano non solo la canzone napoletana, ma l’intera città”, li ha stigmatizzati Nino D’Angelo. “Io sono stato il primo neomelodico, dice, ma cantavo l’amore. Questi, invece, sono cantanti di malavita che inneggiano a tutto quello che invece bisogna combattere”. In certe zone della città, e soprattutto tra i giovani, i neomelodici “gangster” (paragonabili come contenuti al “gangsta rap”) continuano ad andare forte. Per nulla intimoriti da magistrati e forze dell’ordine. Fino a quando non esagerano. O con un testo o video troppo esplicito. O con vere e proprie azioni criminali. Come quella che sembra abbia commesso Alfonso Mangella, in arte Zuccherino.
Posted on: Tue, 15 Oct 2013 22:12:00 +0000

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