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MILA SPICOLA 25 LUGLIO 2013 STAMPA La Cambridge siciliana della formazione Seconda parte Pubblichiamo la seconda parte dell’articolo “Formazione professionale, proviamo così” Ecco i passaggi necessari della programmazione: 1. analizzare in modo approfondito quanto si è fatto altrove in relazione anche alle possibilità finanziarie e procedurali lanciate dall’asse Europa 2020, la nuova strategia per l’occupazione e la crescita europea basata su un maggiore coordinamento delle politiche economiche e incentrata sui settori chiave in cui occorre intervenire per rafforzare il potenziale di crescita sostenibile e di competitività dell’Europa, di cui il più pregnante è quello che vuole integrare istruzione tecnico professionale (ma non solo), formazione e lavoro; 2. effettuare una ricognizione e progettazione delle direzioni di sviluppo produttivo che vogliamo per la Sicilia nel senso però dell’innovazione e della qualità collegate alla progettazione pianificata e monitorata delle sezioni di intervento (esempi: fonti rinnovabili, turismo, settore agrario ed enogastronomico, attraverso processi qualificanti di innovazione anche per professioni “antiche”, operai specializzati, addetti al mondo edile bioclimatico, panettieri, elettricisti, tornitori, ambiti insomma in cui c’è necessità di quadri professionali formati ma con nuova qualifica e sperimentazione) in modo da predisporre piani di produzione e di sviluppo di economia reale e non fittizia, con un occhio di riguardo ai possibili rapporti con l’area mediterranea. 3. costruire un legame tra realtà esistenti di media e microimpresa (da quella agricola a quella artigiana a quella delle nuove tecnologie a quella nei servizi) e scuole tecnico professionali in un sistema di reciproche necessità, sperimentazioni e formazione (in questo modo non “cresce” solo lo studente, ma anche la singola impresa) avvantaggiandosi dei finanziamenti europei, d’ausilio sia alla singola scuola, per adeguarsi dal punto di vista delle risorse finanziarie, tecniche e umane e fare ricerca in merito a programmi, contenuti e azioni, sia alla singola impresa per divenire essa stessa non solo laboratorio scolastico formativo diffuso ma luogo di produzione di qualità; 4. integrare tale nuovo sistema di alternanza lavoro-scuola con quello dell’apprendistato come è normato oggi dal recente t.u. d.lgs 167/2011,adattandolo in alcuni articoli alle varie realtà produttive: composte in alcune aree da microimprese artigiane, in altre da prevalenze di pmi e in altre ancora da grossi poli produttivi. 5. Fare in modo che l’apprendistato (da effettuare dopo i 15 anni) non sia un ambito di concorrenza o di alternativa al percorso scolastico ma sia vincolato ad esso trasformandolo in “alternanza scuola-lavoro di tipo pesante”. È il sistema polacco, che ha innalzato tra l’altro l’obbligo scolastico a 18 anni. La pregiudiziale del lavoro sia il sapere, sempre (il riferimento voluto è all’inefficacia sostanziale, secondo me, dei provvedimenti recentemente contenuti nel decreto lavoro giovani del governo Letta, tra le cui condizioni si ritrova anche il “non avere un diploma”, piuttosto che l’obbligo di conseguirlo). 6. monitoraggio continuo degli esiti occupazionali, dei bisogni formativi e dei costi per attuare una programmazione flessibile. Aggiungo, e non è un caso, che nella riforma delle scuole superiori attuata in Polonia, in tutti gli ordini di studi superiori, compresi i licei, proprio per favorire la microimpresa e l’imprenditorialità, favorita dagli aiuti comunitari, si è introdotto lo studio disciplinare dell’“educazione all’impresa”, perché il fattore prioritario per la creazione di nuovo lavoro autonomo non è solo la creatività, l’intuito e il coraggio, ma anche una solida conoscenza dei processi che lo guidano. Per fare tutto ciò mancano solo coraggio. volontà politica e competenza progettuale, perché le risorse ci sono eccome, almeno per le quattro regioni obiettivo convergenza: esattamente quelle che abbiamo buttato al vento in questi anni e che ancora sono erogate. Domanda: cosa andranno a finanziare gli aiuti siciliani del microcredito senza una simile azione formativa concorrente? Quale forza lavoro oggi è in grado di sfruttare a pieno con progetti qualificati e idee imprenditoriali ben strutturate tali opportunità? Abbiamo bisogno di lavoratori che creino, ma che studino, che sappiano “leggere e fare di conto”, che posseggano competenze in comprensione del testo e nel ragionamento logico, come condizioni per la gestione e progettazione manageriale, indispensabili per fare impresa, anche microimpresa. Queste vengono potenziate da tutte le discipline oggetto di studio praticate fino al diploma nei percorsi scolastici formali e sono la base su cui agire per creare occupazione di qualità, non l’accessorio. Devono essere fondanti in tutti i tipi di scuola, anche quelle tecniche, in modo che il canale tecnico-professionale non sia la bestia nera ma il fiore all’occhiello del sistema scolastico e serva a qualificare la persona e di conseguenza il lavoro che potenzialmente è in grado di svolgere, non viceversa. Un elettricista imprenditore deve avere le competenze adeguate, progettuali prima che manuali, per svolgere il suo lavoro “oltre i fili visibili”, per creare sviluppo anche intorno a sé e comprendere i cicli produttivi. Creare un sistema di formazione qualificante basato sul vincolo tra apprendistato e diploma, aiuti e diploma, come obbligo da conseguire per ottenere aiuti e formazione e tirocinio, attraverso un sistema variabile negli anni di alternanza scuola lavoro, con la linfa rigenerante delle risorse europee, agisce non solo sulla qualità del lavoro e sull’inserimento nel territorio produttivo di una regione, ma combatte in modo efficace la dispersione scolastica, uno dei mali endemici del sistema formativo siciliano e del sud del paese, oggi affrontata nel modo più sbagliato: in modo puntuale, discontinuo e frammentario. I dati relativi alla Finlandia, alla Lombardia e al Canton Ticino sottolineano come la metodologia dell’alternanza scuola-lavoro sia uno strumento efficace per gli studenti e le studentesse, quale strategia di orientamento, di rimotivazione all’apprendimento e di riconoscimento della valenza formativa formale e informale delle attività scolastiche attraverso le attività extrascolastiche. Per cui è assurda e miope la proposta ripresentata recentemente dal Pdl sull’anticipo dell’apprendistato inteso come alternativa alla scuola e non come sua parte integrante. Specialmente per gli indirizzi tecnico professionali. È necessario dunque un nuovo approccio di riflessione rispetto a un ambito, quello della formazione, devastata da inefficienze, inefficace e scandali provocati da ladri di futuro, che oggi provoca solo indignazione in tutti i siciliani. È un settore che, trasformato in polo di eccellenza formativa tecnico-professionale, potrebbe essere chiave di volta dello sviluppo e della creazione di lavoro come anche di attrazione “scolastica” per altre regioni dell’area sud-mediterranea e nordafricana creando quel legame auspicato tra paesi dell’area mediterranea in una nuova direzione: quella formativo-culturale. In questo modo la Sicilia sarebbe nucleo propulsore di beni immateriali come cultura e formazione in ambito produttivo. Perché non fare della Sicilia la Cambridge della formazione tecnico-professionale dell’area mediterranea? Cosa ci manca?(2 – fine) @MilaSpicola
Posted on: Fri, 26 Jul 2013 15:40:11 +0000

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