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Mafia Da Wikipedia, lenciclopedia libera. Se riscontri problemi nella visualizzazione dei caratteri, clicca qui. bussola Disambiguazione – Se stai cercando altri significati, vedi Mafia (disambigua). bussola Disambiguazione – Mafioso rimanda qui. Se stai cercando il film di Alberto Lattuada, vedi Mafioso (film). Tommaso Buscetta, mafioso pentito che collaborò con il giudice Giovanni Falcone. « La mafia non è affatto invincibile; è un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio, e avrà anche una fine. » (Giovanni Falcone) Mafia è un termine con cui ci si riferisce generalmente ad una particolare e specifica tipologia di organizzazione criminale. Il termine venne inizialmente utilizzato per indicare una organizzazione criminale originaria della Sicilia e con ramificazioni anche negli Stati Uniti, più precisamente definita come Cosa Nostra, parola che divenne pubblica al mondo durante il processo al primo pentito della mafia italoamericana, Joe Valachi. La mafia, seppure sotto diverso nome, compare negli atti giudiziari solo nel 1838, quando il procuratore generale di Trapani, Pietro Ulloa, parla di unioni e fratellanze, specie di sette dando un primo quadro agghiacciante delle complicità e delle compiacenze che consentono alla malapianta di crescere: Non vi è impiegato in Sicilia che non si sia prostrato al cenno di un prepotente o che non abbia pensato a tirar profitto dal suo ufficio… Sono le fratellanze che generano la mafia e dettano le prime norme non scritte di unassociazione formata non da uomini donore perché di questo ancora non si discute ma da uomini di parola, con una distinzione fin troppo sottile perché semmai prevale qui lassonanza fra onore e parola. Indice [nascondi] 1 Origine del termine e del fenomeno 2 Analisi e caratteristiche 3 In Italia 3.1 Organizzazioni presenti 3.2 Il fatturato delle organizzazioni mafiose in Italia 3.3 Rapporti con la politica 3.4 Associazioni operanti contro le mafie 3.5 Istituzioni e personalità giuridiche 3.6 Personalità mafiose 4 Nel mondo 5 Filmografia 6 Note 7 Bibliografia 8 Voci correlate 9 Altri progetti 10 Collegamenti esterni Origine del termine e del fenomeno[modifica | modifica sorgente] Leffettiva origine del lemma è ancora oscura. La prima volta che comparve ufficialmente accostato al senso tuttora in uso di organizzazione malavitosa o malavita organizzata è in un rapporto del capo procuratore di Palermo nel 1865, Filippo Antonio Gualterio. Una precedente apparizione in Sicilia si ha due anni prima, nel 1863, nellopera teatrale I mafiusi de la Vicaria, ambientata nel carcere della Vicaria di Palermo e scritta da Giuseppe Rizzotto e Gaetano Mosca. Da questa rappresentazione si dovrebbe la diffusione di termini quali mafia, omertà e pizzo in Italia. La presenza di tale vocabolo quindi sarebbe precedente al 1865 e difatti, secondo il Pitrè[1] il termine mafiusu indicava una persona, un oggetto o un ambiente di spicco e nellinsieme abbia un non so che di superiore ed elevato (...) Una casetta di popolani ben messa, pulita, ordinata, e che piaccia, è una casa mafiusedda e solo dopo linchiesta del procuratore palermitano è obbligata a rappresentare cose cattive. Tuttavia il Pitré non ne chiarisce lorigine. Si è quindi voluto associare il termine - spesso forzatamente e senza chiari riscontri - con un qualche vocabolo di origine araba, a causa della sua radice non facilmente accostabile a termini di origine invece latina o greca. Tale accostamento alla lingua araba sarebbe giustificato, soprattutto nella storiografia degli anni novanta, con la presenza in Sicilia nel corso del X secolo della componente islamica. Questo ovviamente presupponendo unipotetica origine siciliana delle principali organizzazioni di questo tipo. Così secondo Diego Gambetta il vocabolo originario potrebbe provenire dallarabo مهياص (mahyas = spavalderia, vanto aggressivo)[2] o, come propone il Lo Monaco, مرفوض (marfud = reietto)[3] da cui proverrebbe il termine mafiusu, che nel XIX secolo indicava una persona arrogante, prepotente, ma anche intrepida e fiera[4]. Tuttavia tale origine è messa in discussione dal fatto che non è dimostrato, né attestato luso del vocabolo in questione prima della seconda metà del XIX secolo, lasciando quindi 8 secoli di silenzio. In merito a ciò ricordiamo quanto scritto già nel 1853 da Vincenzo Mortillaro nel suo Nuovo dizionario siciliano-italiano[5] per Mafia: Voce piemontese introdotta nel resto dItalia chequivale a camorra. Nel 1959, quando il fenomeno era ormai diffuso e aveva già subìto levoluzione storica della seconda guerra mondiale, Domenico Novacco[6] invitava ad una lettura critica del passo di Mortillaro, in quanto a suo dire la boutade del Mortillaro (...) era emessa nel solco dun filo autonomistico siciliano antiunitario che dava ai sabaudi il demerito daver introdotto nella immacolata isola cattive tradizioni e tendenze paraispaniche[7]. Leonardo Sciascia, in un suo studio apparso nel 1972 su Storia illustrata,[8] ricostruisce con molta attenzione lorigine del termine mafia. Riprende anche la teoria in merito allintroduzione del vocabolo nellIsola ricondotta allunificazione del Regno dItalia espressa da Charles Heckethorn[9], ripresa poi dalleconomista e sociologo Giuseppe Palomba, il termine «MAFIA» non sarebbe altro che lacronimo delle parole: «Mazzini Autorizza Furti Incendi Avvelenamenti». Fino a che punto sia fondato questo studio, rimane però da considerare il significato antropologico non privo di valore riguardo a unorganizzazione segreta a specchi capovolti che sarebbe nata nellisola con finalità più o meno carbonare[10]. Sempre con un acronimo il giornalista Selwyn Raab tenta di spiegare in un romanzo storico le origini della mafia, riallacciandosi al mito dei Beati Paoli e ai precedenti moti antifrancesi durante i cosiddetti Vespri siciliani come già fece in sede di interrogatorio Tommaso Buscetta, facendone derivare la frase Morte Alla Francia Italia Anela[11]. Ovviamente appare del tutto inusuale che nel XIII secolo si potesse parlare nel Regno di Sicilia la lingua italiana, al punto da usarla per la realizzazione di un acronimo, costume più sovente delle rivolte popolari e dei moti carbonari del XIX secolo. Secondo Santi Correnti[12], che pure rigetta le origini del termine dallarabo, sarebbe un termine piuttosto recente, forse derivato dal dialetto toscano, trovando un riscontro nella parola maffia. Di simile avviso Pasquale Natella[13] che ricorda come a Vicenza e Trento si usasse il vocabolo maffìa per indicare la superbia e la pulizia glottologica (...) va subito applicata in Venezia ove a centinaia di persone deve essere impedito di pronunciare S. Maffìa (...). La diceria copriva, si vede, lintera penisola e nessuno poteva salvarsi; in tutte le caserme ottocentesche maffìa equivaleva a pavoneggiarsi e copriva il colloquio quotidiano così in Toscana come in Calabria, dove i delinquenti portavano i capelli alla mafiosa. Il funzionario borbonico Pietro Calà Ulloa scrive nel 1838: Ci sono in molti paesi delle fratellanze, specie di sette che diconsi partiti, senza riunione, senzaltro legame che quello della dipendenza da un capo, che qui è un possidente, là un arciprete. Una cassa comune sovviene ai bisogni, ora di fare esonerare un funzionario, ora di conquistarlo, ora di proteggerlo, ora dincolpare un innocente....Molti alti magistrati coprono queste fratellanze di una protezione impenetrabile.[14] Sul piano storico e antropologico va comunque osservato che in origine al fenomeno, attecchito sul territorio siciliano, veniva assegnato proprio questo termine esteso poi alle potenti organizzazioni associative a livello mondiale. Rimane comunque il fatto che nelluso comune il termine mafia è ormai diffuso su larga scala. Per antonomasia e senza qualificazioni si riferisce tuttavia allorganizzazione che ha avuto origine nellisola come insieme di piccole associazioni sviluppate in ambito agreste. Tali aggregazioni rette dalla legge dellomertà e del silenzio consolidarono unimmensa potenza in Sicilia e riemersero dopo la seconda guerra mondiale[15]. Nellera moderna, mentre nella maggior parte dellEuropa i poteri legali e centrali si rafforzano e si espandono, la Sicilia è in una situazione di legalità frammentata: i signori feudali in concorrenza con i deboli poteri centrali; un groviglio di giurisdizioni e di competenze; i deboli esposti allo strapotere dei signori e degli sbirri; i deboli ceti produttivi e mercantili soggetti alle soperchierie di funzionari e baroni. La violenza, in questo contesto premessa per la sicurezza, si privatizza: i baroni hanno i loro sgherri, lInquisizione ha i suoi ufficiali e sbirri, le corporazioni hanno le loro compagnie darmi, i mercanti pagano le scorte armate per i trasferimenti di merci. Si assiste ad un continuo scontro di poteri e di interessi, in una terra, la Sicilia, in cui il continuo succedersi di poteri e dominazioni non ha favorito la coesione tra popoli e governanti. La mafia sorse in una Sicilia dominata dal latifondo che vessava una massa di contadini miserabili. Fra nobiltà terriera e contadini era presente un ceto di spregiudicati e violenti massari, campieri (guardie armate del latifondo) e gabelloti (gestori dei fondi a gabella, cioè in fitto) che terrorizzavano i contadini e i proprietari con i loro sgherri, venivano a patti con i briganti, amministravano una rozza giustizia che però non ammetteva alcuna forma di opposizione. I briganti, i ladri, i ribelli avevano un ambiguo rapporto con i massari. I contadini servivano i massari e vedevano talvolta in loro degli alleati possibili contro i latifondisti che a loro volta si servivano dei massari e dei campieri, pur disprezzandoli e temendoli, come forza contro il latente pericolo costituito da possibili rivolte delle masse contadine. Massari e campieri si servivano dei briganti contro nobili e contadini ma sapevano anche spazzarli via con violenza quando dovevano dimostrare a tutti gli abitanti del feudo chi comandava effettivamente. La mafia, per giungere al dominio del territorio, controllava non solo il mondo rurale, i trasporti, lattività mineraria, gli allevamenti, ma anche la delinquenza urbana, i tribunali, le centrali di polizia, i centri del potere. I mafiosi erano nel contempo imprenditori, organizzatori della produzione, giudici, gendarmi, esattori delle tasse, poiché prelevavano quote di ricchezza dal lavoro e dalla rendita dei ceti sociali in mezzo ai quali vivevano ed operavano.[16]. LUnità dItalia nel 1861 lasciò delusi molti capi dei picciotti, messi da parte dopo la vittoria: emersi grazie alla loro popolarità (il rispetto) fra le masse, molti di loro si diedero alla violenza e allillegalità (per esempio Giuseppe Coppola di Erice; Stefano Triolo, uno dei capi di Calatafimi; Alberto Maria Mistretta di Mazara del Vallo).[17] La mafia, con ambiguità, riprese la simbologia e i rituali segreti di società iniziatiche antiche (per esempio anche dei Beati Paoli) nonché di società religiose, cavalleresche, massoniche.[18] Dopo lUnità la sicurezza nelle campagne e nelle città non esiste: imperversano bande di malfattori di ogni tipo, briganti, sequestratori di persona (antica spregevole industria di origine pastorale), bande di renitenti alla leva. La crisi socio-economica, larretratezza culturale favoriscono le cosche mafiose che vanno a costituire un potere parallelo, sostituendosi allo Stato. Con intimidazioni e protezioni i mafiosi convincono i cittadini che solo grazie a loro potranno ottenere ciò che è loro dovuto. I mafiosi diffondono lodio per il nuovo regime e lidea dellonore come capacità di risolvere i problemi senza fare ricorso allo Stato; cercano di conquistare i comuni, la pubblica amministrazione, lapparato giudiziario. In politica allinizio stanno con i garibaldini e i democratici, opponendosi alla piemontizzazione forzata, allo scarso rispetto delle autonomie locali, allo spegiudicato uso della forza da parte di polizia e tribunali. I mafiosi hanno dalla loro parte il consenso popolare, il sostegno (estorto o volontario) di proprietari ed imprenditori, laiuto di una cultura antistatale e di una società ancora familistica e feudale. Il mafioso, come persona di rispetto, è anche giudice di pace, riceve le denunce al posto delle autorità, dirime contrasti familiari ed economici, chiede ed ottiene voti per un dato candidato che, una volta eletto, concederà molti favori alla cosca che lo ha supportato inficiando la legalità nellamministrazione pubblica, nelleconomia, nella giustizia. Il mercato elettorale allarga le reti di complicità e il governo, per cecità e interessi contingenti, pensa di sfruttare questa complessa e negativa realtà a proprio vantaggio.[19] Leonardo Sciascia ha scritto: La più completa ed essenziale definizione che si può dare della mafia, crediamo sia questa: la mafia è unassociazione per delinquere, coi fini di illecito arricchimento per i propri associati, che si impone come intermediazione parassitaria, e imposta con mezzi di violenza, tra la proprietà e il lavoro, tra la produzione e il consumo, tra il cittadino e lo Stato.[20] Ancora oggi molte persone stanno cercando di eliminare la mafia. Analisi e caratteristiche[modifica | modifica sorgente] La mafia in certi casi adotta comportamenti basati su un modello di economia statale, ma è parallela e sotterranea. Lorganizzazione mafiosa trae profitti e vantaggi da numerosi tipi di attività criminali. I capimafia (spesso a causa della latitanza) comunicano principalmente in modo scritto, con i pizzini, poiché non sempre sono in grado di comunicare di persona a tutti i loro sottoposti (capifamiglia, picciotti). Le analisi moderne del fenomeno della mafia la considerano, prima ancora che una organizzazione criminale, una organizzazione di potere; ciò evidenzia come la sua principale garanzia di esistenza non stia tanto nei proventi delle attività illegali, quanto nelle alleanze e collaborazioni con funzionari dello Stato, in particolare politici, nonché del supporto di certi strati della popolazione. Di conseguenza il termine viene spesso usato per indicare un modo di fare o meglio di organizzare attività illecite. Quindi il termine mafioso può essere utilizzato nel linguaggio comune per definire, per esempio, un sindaco che dia concessioni edilizie solo ai suoi amici o un professore universitario che fa vincere borse di studio a persone anche eventualmente valide ma a lui legate, o la nomina da parte di un governo di altissimi dirigenti anche eventualmente capaci ma politicamente vicini alla maggioranza di cui il governo è espressione. In Italia[modifica | modifica sorgente] Organizzazioni presenti[modifica | modifica sorgente] Diffusione dellestorsione mafiosa nelle province italiane nellanno 2008, secondo un sondaggio di Confesercenti[21]. In Italia il fenomeno mafioso ha assunto diversi caratteri e ha acquistato forme diverse, con strutture e codici seppur simili diversi da regione a regione e talvolta da provincia a provincia. Accade anche che la distribuzione - e relativo controllo - territoriale appaia complesso e in continua evoluzione e talvolta anche singoli quartieri della medesima città conoscano diverse tipologie organizzative. Complice di questo spezzettamento è lorganizzazione a clan delle principali mafie e dei gruppi mafiosi. I clan spesso hanno legami di tipo familiare e questo fa sì che le attività dellorganizzazione rispecchino gli interessi di una determinata famiglia. In Italia le organizzazioni principali si concentrano soprattutto nel Meridione, dove la diffusione dei gruppi di stampo mafioso è capillare, anche se non mancano organizzazioni simili o colluse con le principali mafie al centro o al nord Italia. Alcune di queste organizzazioni sono storicamente insediate nei rispettivi territori, ma quasi tutti i fenomeni documentati non vanno oltre il XIX secolo. Una singolare prospettiva è quella offerta dalla Camorra, unica vera eccezione, fenomeno malavitoso diffuso in Campania, ma che secondo alcuni autori avrebbe unorigine da ricercarsi altrove[22]. Difatti luso del termine camorra sarebbe attestato già nel XVII secolo[23], mentre la derivazione etimologica da gamurra ribasserebbe ulteriormente la sua esistenza fino al Medioevo[24]. Dal passo del Mortillaro[5] si può comunque supporre che camorra fosse già sinonimo del termine mafia nella prima metà del XIX secolo e che tale fenomeno dovette essersi esteso anche in Sicilia. Altre storiche organizzazioni di stampo mafioso sono Cosa nostra in Sicilia e la Ndrangheta in Calabria, entrambe però a noi note da documenti esclusivamente a partire dalla seconda metà del XIX secolo e pertanto difficilmente ipotizzabile una loro origine precedente a tale periodo. Da queste due si suppone siano sorte ulteriori organizzazioni di stampo mafioso, quali la Stidda nella Sicilia centro-meridionale (nelle provincie di Agrigento, Caltanissetta, Enna e Ragusa) e la Sacra Corona Unita in Puglia (sorta nel 1981 avente tra i fondatori Giuseppe Rogoli, Mario Papalia e Vincenzo Stranieri). Alle principali organizzazioni si sono accostate negli anni o si accostano ancora diverse organizzazioni assimilabili per certi versi al concetto di mafia seppur in modo del tutto marginale. Quasi tutte queste organizzazioni sorgono a partire dal secondo dopoguerra, ma conoscono in particolar modo il loro apice intorno agli anni 1970. Il clan dei marsigliesi originario della Corsica e attivo tra Francia e Italia, ad esempio, agì soprattutto tra il 15 aprile 1964[25] e il 1976[26][27]. La cosiddetta Banda della Magliana operante nel Lazio ha avuto stretti legami con la mafia e non di rado viene considerata una organizzazione di stampo mafioso operante in detta regione[28]. Ancora nel 2012 risulta in attività[29]. In Lombardia diverse bande criminali si sono colluse con organizzazioni mafiose o ne hanno assunto laspetto. La maggiore di queste bande fu negli anni 1970 quella di Francis Turatello a Milano, mentre ambigua è la posizione della Banda della Comasina, operante anchessa a Milano, guidata da Renato Vallanzasca[30]. Su un modello simile a quello della mala romana e milanese ha agito la cosiddetta Mala del Brenta in Veneto[31], dove a cavallo tra gli anni ottanta e novanta i membri della banda di Felice Maniero favorirono la collaborazione tra le mafie meridionali e la piccola criminalità locale, in particolare garantendo il traffico di droga e armi. La presenza di clan malavitosi nelle regioni del nord Italia, in particolare in Lombardia, è stata definita quale la quinta mafia, capace di sviluppare peculiarità proprie sorta come filiazione dalla Ndrangheta, ma fusa col territorio[32]. Sempre negli anni del dopoguerra in Sardegna operava lAnonima sequestri, tuttavia tale organizzazione, sebbene di stampo criminale e basata su un codice donore come gli altri gruppi di stampo mafioso, a differenza delle precedenti non prevede la collusione con gli organi di governo, caratteristica tipica invece di tutte le altre organizzazioni del genere, costituendo di fatto una vera e propria anomalia nel panorama della malavita italiana[33] Il fatturato delle organizzazioni mafiose in Italia[modifica | modifica sorgente] Stimare i ricavi della criminalità mafiosa è difficile e si scontra con limiti metodologici che nascono dalla mancanza di dati istituzionali. Eppure alcune analisi sono state pubblicate. Sos impresa nel suo XIII rapporto annuale attribuisce alla mafia un giro di affari di 138 miliardi e un utile di 105 miliardi allanno. Questo studio pecca però di scarsa trasparenza.[34] Guerino Ardizzi, Carmelo Petraglia, Massimiliano Piacenza e Gilberto Turati (Banca dItalia) hanno invece lavorato adottando metodi econometrici rigorosi e i risultati a cui sono giunti attribuiscono all’economia criminale un valore pari al 10,9 per cento del Pil.[35] Questo lavoro e altri simili hanno costituito la documentazione di base per l’audizione presso la Commissione parlamentare antimafia del vice direttore della Banca d’Italia e la testimonianza ha indotto la Commissione nella sua relazione del 2012 a reiterare la cifra fatidica di 150 miliardi di euro come fatturato delle mafie. I risultati di una recentissima ricerca (Progetto PON Sicurezza 2007-2013 Gli investimenti delle mafie, ministero dellInterno, Università Cattolica del Sacro Cuore, Transcrime), attraverso una stima condotta utilizzando dati “aperti” o tratti da documenti investigativi ufficiali di carattere nazionale e internazionale, sui ricavi a disposizione delle organizzazioni criminali mafiose, hanno però portato a un drastico ridimensionamento delle cifre prima citate. Infatti, i ricavi ammonterebbero in media all’1,7 per cento del Pil. In particolare, nella ricerca vengono individuati ricavi che variano da un minimo di 18 miliardi a un massimo di 34 miliardi. In sostanza, considerato che il Pil nel 2012 è stato stimato dall’Istat in 1.395.236 milioni di euro (calcolato a prezzi concatenati), la media di ricavi per il 2012 ammonterebbe a 23,7 miliardi di euro.[36] Rapporti con la politica[modifica | modifica sorgente] Voce da controllare Questa voce o sezione sullargomento società è ritenuta da controllare. Motivo: paragrafo non chiaro: verificare la fonte e decidere se sistemarlo o altro Partecipa alla discussione e/o correggi la voce. Molti politici sono stati indagati per concorso esterno in associazione mafiosa, tra cui Renato Schifani, Marcello DellUtri, Salvatore Cuffaro, condannato in via definitiva a 7 anni di reclusione. Giulio Andreotti ha avuto rapporti con la mafia almeno sino al 1980, ma è stato prescritto.[37] Luciano Violante ha affermato che il colonnello Mario Mori gli aveva detto che Vito Ciancimino voleva incontrarlo.[38] Molti comuni sono stati sciolti per infiltrazione mafiosa. Associazioni operanti contro le mafie[modifica | modifica sorgente] Addiopizzo Addiopizzo Catania Ammazzateci tutti Libera Istituzioni e personalità giuridiche[modifica | modifica sorgente] Commissione parlamentare Antimafia Direzione Generale Antimafia Direzione investigativa antimafia Boris Giuliano Beati Paoli Giovanni Falcone Paolo Borsellino Carlo Alberto Dalla Chiesa Personalità mafiose[modifica | modifica sorgente] Alcuni personaggi importanti che sono legati al fenomeno abbiamo: Bernardo Provenzano Bruno Contrada Francesco Campanella Salvatore Riina Tommaso Buscetta Nel mondo[modifica | modifica sorgente] In Europa esistono 5 snodi (hub) criminali che agiscono in aeree geografiche ben delimitate: Nordovest con la piazza olandese e belga; Nordest gestito dai clan russi, ucraini e bielorussi; Mafia russa - Russia Mafia bulgara - Bulgaria Mafia cecena - Cecenia Mafia estone di etnia russa - Estonia Mafia serba - Serbia Sudovest, crocevia delle organizzazioni latinoamericane e mediterranee; Mafia corsa - Francia Sud, diretto dalle mafie italiane; Sudest, gestito dalle alleanze transbalcaniche; Mafia albanese - Albania. Un quadro geopolitico in cui le reti della criminalità si sovrappongono, collaborano fra loro, condizionano il mercato, si insinuano nella vita politica di ogni paese e si nascondono nelle imprese incensurate. Nel mondo ogni paese ha il proprio gruppo criminale di tipo mafioso: Cosa nostra americana - Stati Uniti Cartelli colombiani (Cartello di Medellín, Cartello di Cali, Cartello di Norte del Valle) - Colombia Cartelli messicani (Guadalajara, Juárez, Sinaloa, Sonora, Tijuana, Golfo, Los Zetas, Los Negros, La Familia Michoacana) - Messico Yakuza - Giappone Triadi - Cina Mafia turca - Turchia Mafia nigeriana - Nigeria Mafia israeliana - Israele Filmografia[modifica | modifica sorgente] Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Mafia nel cinema. La mafia italiana e quella italo-americana hanno rappresentato il soggetto di numerosissimi film, fiction e serie televisive. Le chiavi narrative sono state molteplici, dal dramma alla commedia, dal film epico alla ricostruzione di episodi celebri della storia della mafia. Note[modifica | modifica sorgente]
Posted on: Fri, 01 Nov 2013 17:09:18 +0000

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