Mi piace il "Crazy Horse" di Parigi. CRAZY HORSE (PARIS) - Lo - TopicsExpress



          

Mi piace il "Crazy Horse" di Parigi. CRAZY HORSE (PARIS) - Lo spettacolo è piccante ma non volgare, in ogni caso molto meno di un varietà medio della televisione italiana e molto più professionale. Si apre, come da tradizione, con «God save our bareskin», il primo numero immancabile dal 1989, nel quale le ballerine interpretano da par loro i granatieri della Regina Elisabetta: sotto il colbacco, niente. Non mancano nemmeno numeri dal titolo evocatore, tipo «Crisis! What Crisis?» (profetico, peraltro: risale al 2009), da parte di ragazze che portano nomi d’arte pazzeschi tipo Loa Vahina, Daizy Blu, Mina Velours. L’italiana della compagnia si chiama Gloria di Parma. Già, le ballerine. Certo, il Crazy tutto è meno che un semplice mercato della carne, musiche, costumi e coreografie sono ideati da grandi nomi e per il numero «Leçon d’érotisme» si continua a utilizzare il divano forma di labbra che fu appositamente disegnato da Salvador Dalì. Ma l’attrazione restano loro, le divine dalle gambe chilometriche. I requisiti sono sempre quelli, rigidissimi, stabiliti dal fondatore Alain Bernardin: altezza fra 1 e 68 e 1 e 72, gambe lunghe almeno un terzo dell’altezza complessiva, distanza fra le punte dei seni di 21 centimetri e dall’ombelico a quel che c’è sotto di 13. In più: età minima di 18 anni e formazione da ballerina classica. I camerini delle ballerine sono vietati agli uomini e ogni sera, assicura la Maison, un taxi le riaccompagna a casa. Le candidate non mancano. Ogni anno, se ne presentano circa cinquecento, ma ne vengono assunte solo una ventina (chissà, magari qualcuna è stata scartata perché un suo capezzolo distava dall’altro 22 centimetri). Attualmente, la squadra è composta da trenta ragazze che arrivano da una decina di Paesi. Ognuna dispone di sei paia di scarpe di scena fabbricata su misura e per lo più griffate Louboutin. Ogni anno, la troupe consuma 2.500 paia di calze, 500 litri di detergente e 300 rossetti nello speciale rosso «Crazy Horse». Il mito esiste dal 1951 e resiste anche in un’epoca in cui vedere per una donna nuda non bisogna certo partire per Parigi. Segno che oltre le gambe c’è di più. [ALBERTO MATTIOLI (2013) su "La Stampa"]
Posted on: Wed, 24 Jul 2013 22:15:50 +0000

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