O tempora, o mores!, La vita quotidiana è un insieme di azioni - TopicsExpress



          

O tempora, o mores!, La vita quotidiana è un insieme di azioni ripetute ogni giorno. In quest’ottica, la “quotidianità” può sembrare immobile: il termine infatti nacque durante la rivoluzione industriale, con una connotazione fortemente negativa quotidianità = tempo del lavoro noioso e ripetitivo. Molti altri oggetti sono stati presi a modello per speculazioni filosofiche, in particolare: brocche, fessure, fili, imbuti, sapone e cestini. Ma oggi voglio parlare dell’ombrello dopo lo sguaiato e diseducativo gesto di un ex campione del calcio che forse con il ”gesto dell’ombrello” in televisione è diventato il “testimo¬nial” dell’evasione fiscale, dando un calcio a quanto di bello aveva fatto sui campoi di calcio. Ma grave è anche l’atteggiamento del conduttore che ha lasciato che il pubblico. presente in sala, gli tributasse un’ovazione per quell’atto di volgare offesa, che irride la legge e gli italiani onesti. Mi sembra assurdo che la disobbedienza fisca¬le ora passi anche attraverso la tv pub¬blica, chi versa le imposte va rispettato e non irriso! Già l’ombrello, oggetto dal nome ambiguo che rievoca una protezione dalla pioggia che deriva dal latino, sempre questa lingua, umbrella inteso come “umbraculum”, da umbra, ombra, a dimostrazione che i primi che se ne servissero proprio per ripararsi dal sole, quindi il termine più corretto per definirlo sarebbe “parasole. Nella storia all’ombrello gli venivano attribuito divinità o potere, erano presenti gli ombrelli con funzioni cerimoniali nell’Antico Egitto e Cina, nell’antica Grecia e in alcuni rituali della Chiesa. Più esclusivamente usati contro pioggia o sole, i modelli anche lussuosi sono presenti dal 15° secolo. Dal 17° sec., indispensabili per la donna alla moda, ebbero pure manici preziosi e coperture di seta leggera, importate dall’Oriente. Di scarso successo il primo ombrello con asta telescopica del 1710, diversamente dal tedesco Knirps, pigmeo, del 1928. Se nel 1769 i nobili usavano affittare ombrelli. pubblici per strada, dal 1827, ma diffuso dal 1870, un modello minuscolo, concepito per imprevisti cambi di tempo, pendeva alla cintura da una catenella. Nel 1866 la montatura metallica pesava 350 grammi contro 1,6 kg di quella con fanoni del 1645. Nel 20° sec., con 6 o 24 stecche, con apertura automatica o manuale, sono presenti l’ombrello alla giapponese’, corto e con spessa impugnatura dritta, e quello classico con manico lavorato. Di rayon e a tinte vivaci dagli anni 1930, di nylon e poliammide in tinta unita o fantasia dagli anni 1960, l’ombrello, oggi,. segue le mode di stagione. L’ombrello a bandoliera da sospendere alla spalla è del 1970, quello economico usa e getta, tutto di plastica anche trasparente, in pochi pezzi contro i 70 dell’ombrello classico, data dalla fine degli anni 1980. Pensate che il parasole, ormai d’uso comune durante la Rivoluzione francese, per le merveilleuses del Direttorio era assortito all’abito; dal 1830 era anche nei modelli ‘a cappello’, che lasciava libere le mani, e ‘a ventaglio’. Fuori luogo al tempo della Prima guerra mondiale, il parasole riapparve negli anni 1920, coordinato ad altri accessori o all’abito; anche importato, quello ‘alla giapponese’ era di carta oleata o cretonne e aveva fino a 18 stecche invece di 8. L’abbronzatura negli anni 1930 e poi la Seconda guerra mondiale ne accelerarono l’oblio. Se nel 1954 si segnala ancora la novità del piccolo parasole basculante, per non infastidire i vicini durante gli spettacoli, è d’uso raro, se non nel più tradizionale Oriente. Ma se l’oggetto dell’ ombrello è accostato da diversi pensatori all’immagine dell’oblio, perché è per eccellenza quella cosa che si dimentica in un angolo. In molti casi, dimenticanza e oblio definiscono, per contrasto, la verità: l’ombrello si presta particolarmente a evocare un occultamento della verità nelle sue pieghe. Comunque, l’oblio dell’ombrello non è qualcosa di definitivo: a chi è capitato di ritrovare, magari per caso, l’ombrello sparito? E’ quindi l’oblio della cosa messa da parte e poi ritrovata. In questi giorni di pioggia autunnale l’ombrello è un compagno ideale e non solo in queste giornate di pioggia. Dona gravità al passo e grazia alla posizione da fermo e, chi lo ama non lo porta con sé solo se gia tuona e lampeggia, ma appena il cielo sia sufficientemente coperto. Si tratta di un utensile quasi immutato dal diciottesimo secolo, realizzato sullo stesso principio dei suoi antenati e in parte con gli stessi materiali. Una volta per tenderlo si usavano fanoni di balena ed oggi si usano acciaio o fibre tecnologiche, ma la foggia è la stessa ed i legni tradizionali sono in uso da secoli. Mentre dei cappelli si sono occupati in molti, manca una bibliografia sugli ombrelli.. Personalmente ritengo che l’ombrello sia un oggetto molto umile perché ripara tutti quelli che lo utilizzano e sicuramente vale molto di più di quel gaglioffo che in televisione lo ha evocato un volgare ed ineducato gesto. Ma gli applausi che ha ricevuto sono il termometro della barbarie che avvolge sempre di più la nostra Patria, insomma o tempora, o mores! Favria, 6.11.2013 Giorgio Cortese
Posted on: Thu, 07 Nov 2013 05:52:45 +0000

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