PENSIERI Le classi dirigenti (di destra e di sinistra) non hanno - TopicsExpress



          

PENSIERI Le classi dirigenti (di destra e di sinistra) non hanno avvertito, in questi giorni, il paradosso della rinuncia alla nostra dignità, alla nostra storia, alla nostra cultura che si sta consumando nelle istituzioni (Parlamento, partiti, sindacati e Università) che, fiorirono a nuova vita in funzione dello stato nazionale. E’ vero che non si sono chieste neppure in quante scuole si insegni ancora cultura civica,la costituzione,in quali Facoltà italiane s’insegni ancora la ‘Storia del Risorgimento’ ma, si può sempre supporre (sia pure a torto) che quella storia è stata riassorbita nella più ampia storia moderna e contemporanea. E’ una vicenda, questa, che si colora di tetre tinte neogotiche giacché si è esaltato il compimento dell’unità d’Italia proprio nel momento in cui a quanto rappresentava l’Italia, in fatto di arte, di lingua, di tradizioni intellettuali, si stava dando non onorevole sepoltura… nel mitico ‘cimitero degl’Inglesi’.Ma c’è un aspetto di questa vicenda ancora più paradossale ed è costituito dal fatto che i modernizzatori, quelli che sognano asili infantili in cui sarà obbligatorio parlare in inglese, appartengono a una political culture che detesta l’America profonda dei primi film di Clint Eastwood, dei cow boys, dei fondamentalisti religiosi, dei farmer delle Grandi Pianure, e dei movimenti populisti antitasse. L’unica America ad essi congeniale è quella wasp (bianca, anglosassone, protestante) ma soltanto quando vota per i democratici o esprime, nei costosissimi college della costa orientale, una classe intellettuale newdealer, keynesiana, liberal. Il ‘grande paese’ dei texani, dei Reagan, dei Barry Goldwater, per gli anglomani nostrani, è populismo becero, una minaccia per la democrazia e per la civiltà. Se non esprimono dirigenze politiche di sinistra, gli Stati Uniti perdono le loro simpatie anche se poi essi continuano a intrattenere cordiali rapporti di collaborazione, a tutti i livelli, con la parte sana della Nation.Nel loro comportamento e nei loro gusti, però, c’è una ‘logica’ iscritta nel disegno oggettivo degli eventi. A ben riflettere, la loro fortuna è legata alla ricerca crescente di ‘mediatori’ semi-istituzionali tra le due rive dell’Atlantico. La politica non è una scienza esatta, e i suoi risultati come la conseguenza di azioni razionali e di reazioni prevedibili, magari sulla base di leggi universali e «fatali». La complessità del reale è comunque tale, che tra azioni, fini e risultato reale sta spesso un abisso. Ma non credo nemmeno che essa possa essere governata dalla pura volontà, dalle sole speranze, dai risentimenti e dalle illusioni di questo o di quel politicante, di questo o di quel gruppo di cittadini. Malgrado tutto, anche la politica ha le sue «leggi».L’universo libertario ha molte sfaccetta¬ture in merito. Secondo me dobbiamo ri¬manere “dentro” questa democrazia, ma solo fino a quando non faremo parte di una maggioranza, che possa varare nuo¬ve regole del gioco per andare “oltre” questa democrazia, verso quella che gli storici, rifacendosi ad alcune esperienze del passato medioevale, usano chiamare con il nome di “democrazia pura”. È una forma di democrazia di tipo partecipati¬vo, esercitata in dimensioni territoriali minime, come ad esempio i Comuni, at¬traverso amministrazioni di tipo condo¬miniale, alle quali si accede con l’elezione a sorte, non più di una volta in un deter¬minato periodo di tempo, in rapida rota¬zione e senza compenso». Decentramento, piccole unità ammini¬strative: resta comunque il problema di come esercitare il potere, di come sce¬gliere le persone a cui delegare il compi¬to di governare. “Governare” vuol dire: difendere nel più efficace dei modi la proprietà privata dei cittadini, intesa, non mi stancherò mai di ripeterlo, come il proprio corpo, il proprio spirito, i frutti del proprio lavoro e la libertà di scam¬biarli liberamente con chiunque lo si de¬sideri. Nella società libertaria esiste una regola semplice per tutti: ognuno può fa¬re ciò che vuole, purché, così facendo, non violi la proprietà privata altrui, come sopra definita. Quindi non c’è niente da governare se non garantire a tutti i cittadi¬ni, attraverso l’esercito, la polizia e la ma¬gistratura, questo diritto giusnaturale e punire chi lo offende. Tutto il resto, inclu¬sa quella che i laici chiamano “socialità” e che i cristiani come me chiamano “amore per il prossimo”, dovrebbe essere delegato alla società civile nei modi e nelle forme che essa vorrà liberamente darsi, ma ad una condizione: in nessun caso e qualun¬que ne sia la motivazione la proprietà privata, definita come sopra, potrà essere violata con un voto a maggioranza. Il modello di democrazia pu¬ra, dovrà essere orfano dei partiti e dei loro “principi illuminati”, ma sfido chiunque a dire che una costituzio¬ne siffatta, legittimata dal voto popolare, potrebbe essere definita non democrati¬ca solo perché la curiosa avidità del pub¬blico sarebbe privata dello spettacolo dei loro dibattiti appassionati e delle loro lot¬te drammatiche. Sembra che in questa fase ogni tentativo di controllare con un pensiero razionale le nostre mosse nellagone politico sia stato abbandonato, fra enunciazioni roboanti e incredibili, grida di sdegno, denunce di apostasia, vendette tanto feroci quanto poco utili. Cè chi pensa di affidarsi ad un messia forse un po caciarone, certamente uscito dal nido del movimento politico avversario storico, per rilanciare le sorti di un partito che con il XX secolo ha perso ogni ragion dessere ed ogni spinta propulsiva. Eppure erano proprio gli eredi di Togliatti quelli che «la storia la facciamo noi»... Cè chi pensa di coltivare da destra un antieuropeismo provocato dalla burocrazia e dalidiozia europea, senza considerare che oggi attaccare lEuropa significa dar manforte allinaffondabile fuscello della nuova Dc, Enrico Letta, vittima delle critiche di Bruxelles. Chi si illude di fare la sentinella antitasse mentre si profila, vista lassoluta incapacità di tagliare, una nuova gragnola di balzelli. Chi crede possibile ammodernare laustera ideologia salvifica ereditata da Marx con innesti frou frou: un piercing e un matrimonio gay qua, una adozione omosessuale là, qualche pala eolica che fa tanto moderno e rende tanto, lassù sui colli un tempo granaio dItalia... In un’economia capitalistica ‘a norma’, sarebbero i manager e gli incaricati d’affari dei consolati ad occuparsi delle vendite e degli acquisti, con costi convenienti per i paesi che intrattengono relazioni commerciali. Quando, invece, le cose si complicano e, a causa delle sfide della globalizzazione e delle responsabilità maggiori che i governi sentono nei riguardi delle società civili penalizzate dall’apertura delle frontiere, subentrano strategie non più di mercati ma di stati e di governi. Subentra, allora, il bisogno di raffinati diplomatici in grado di tessere collegamenti di confine tra gli istituti di ricerca come le università, le banche,le imprese, i ministeri. Per questo occorre una comune koinè culturale e, soprattutto, una lingua comune: gli atenei si collegano alle imprese, queste ai ministeri e alle fondazioni bancarie in un travaso sempre più fitto di competenze, di gusti, di stili di vita. Nemo dat quod non habet; la verità è adaequatio mentis et rei; e soprattutto l’assioma scolastico, ripreso poi da Locke, per cui “nihil est in intellectu quod prius non fuerit in sensu” (niente è nell’intelletto che prima non sia stato nei sensi). Il bambino che nasce, per continuare col latino, è tabula rasa. Il mondo è quello che ha sotto gli occhi, cioè il caldo torrido per il negretto dell’Africa equatoriale e il freddo assassino per il piccolo inuit. Il modo naturale di esprimersi e comunicare è la lingua che si sente parlare intorno a sé. Le idee, gli usi e i costumi “giusti” sono quelli della maggioranza del gruppo. Già Erodoto notava come i nubiani (salvo errori) avessero delle divinità di pelle nera, perché di pelle nera erano loro stessi. Notizia che avrebbe fatto felice Ludwig Feuerbach:, colui che diceva che l’uomo crea Dio a sua immagine e somiglianza. La «caduta delle ideologie» si accompagna al venir meno della ragione. Eppure le une e laltra, cum grano salis, appaiono di gran lunga più affidabili e meno dannose dellirrazionalismo puro, del velleitarismo insensato che accompagna le poche e misere azioni concrete di chi ci governa. Un paese che ha rinunciato alla cultura ed alla razionalità per gettarsi nel sogno, nella ricerca del colpevole delle sue colpe, nella promessa più seducente anche se ovviamente irrealizzabile rischia davvero un amaro risveglio. La concordia e la pace non sono beni che si ottengono gratis: si paga il prezzo della tolleranza e della sopportazione, all’occasione si sacrificano perfino le proprie idee e i propri interessi. Ciò avviene già nella vita matrimoniale: una coppia felice non è quella in cui marito e moglie sono sempre entusiasticamente d’accordo su tutto, cosa impossibile; è quella in cui i due sono a tal punto disposti a cedere che si verifica più spesso la gara della generosità che quella dell’egoismo. la crisi irreparabile della comunità politica – fino a ieri lo ‘stato nazionale’ forse un domani, chissà, una qualche forma di stato federale europeo – toglie il terreno sotto i piedi delle istituzioni e svuota dall’interno ogni forma di governo, da quelle che ci piacciono di più – come la democrazia liberale – a quelle che ci piacciono di meno – come il socialismo collettivista o il corporativismo nazionalista. Tra le conseguenze di quella crisi, la più grave, forse, è la cancellazione stessa dell’idea di un “interesse pubblico”, tutelato dallo Stato e dai suoi apparati di governo, che, nei momenti drammatici della vita di una nazione, s’imponga alle logiche settoriali portate a far valere i loro principi ispiratori senza prendere in minima considerazione quella che Max Weber chiamava la “etica della responsabilità” che bada alle conseguenze dell’agire. Lo spazio della politica non riconosce la massima fiat iustitia pereat mundus (‘purché si faccia giustizia, crolli pure il mondo’) giacché la consegna di salvare il mundus è ciò che lo tiene in vita e lo giustifica. I codici autonomi e distinti che regolano i vari campi dell’agire umano – diritto, economia, scienza, religione etc. – stanno a fondamento della ‘società aperta’ il cui ‘politeismo’ è il garante più sicuro della libertà individuale ma quei codici potrebbero diventare troppo esigenti, intrattabili, ispirarsi solo alla “etica dell’intenzione” definita dalla massima «fa quel che devi, avvenga quel che può». La legge ‘che non guarda in faccia a nessuno’ potrebbe indurre un magistrato a incriminare il comandante di una nave, per appropriazione indebita dei beni avuti in consegna dai passeggeri, senza tener conto che la rimozione dal comando potrebbe avere esiti fatali per la nave e gli stessi passeggeri. Il rispetto dei ‘diritti umani’, indipendentemente dalla razza, dalla cittadinanza, dalle credenze religiose, potrebbe fare approvare leggi di accoglienza che riverserebbero su un paese centinaia di migliaia di emigranti che non si saprebbe dove, come e con quali risorse pubbliche sostentare. In nome dell’Umanità, una filosofia politica ormai quasi egemone e un’ideologia giuridica generosa – ma, a guardare bene, sostanzialmente nichilistica – vorrebbero riporre in soffitta lo Stato riguardato, dalla sinistra eterna e immarcescibile ma altresì dall’estremismo liberista, come il classico comitato d’affari della borghesia, di cui parlava Marx, o come il garante di un welfarismo parassitario, a vantaggio di partiti, sindacati, burocrati, imprenditori protetti dalla loro militanza politica. L’ideale di un giudice è quando non deve rendere ragione a nessuno del suo operato, se non alle Leggi – intese in senso sempre più lato come risorse per realizzare la vita buona – o quello di un operatore economico tenuto a preoccuparsi solo delle ‘servitù’ imposte dal mercato declassano lo Stato e il governo a braccio secolare del diritto, in un caso, e a qualcosa di (molto) meno di un guardiano notturno nell’altro. E’ la regressione al premoderno se si considera che l’età della secolarizzazione – l’età moderna, appunto – è caratterizzata dalla scoperta dell’autonomia della politica, dalla fine della sua subordinazione all’autorità spirituale in nome di una ‘vitalità’ esuberante che non tollera più precetti e restrizioni che limitino la libera espressione delle energie umane – siano quelle del Principe o dello scienziato, del mercante o del prestatore di denaro. CASTA A. Mass. per il Fatto Quotidiano Dai sindacati che gestiscono 500 mila euro lanno per il dopolavoro alle conversazioni su Alitalia, passando per la Fininvest di Berlusconi allArpa della Regione Puglia, tutto, in questi 30 faldoni dindagine sullIlva sembra mostrare un solo scenario: la famiglia Riva si muove ovunque come se fosse la padrona di casa. Dagli atti si scopre che intende occuparsi anche dellExpo di Milano 2015. Ma soprattutto ciascuno fa la sua parte in questa rappresentazione del potere. Anche Nichi Vendola - indagato per concussione - che secondo laccusa mette nel mirino il responsabile dellArpa Giorgio Assennato. Assennato - scrivono gli inquirenti - è vittima di costanti pressioni psicologiche a opera dei vertici politici regionali e, secondo laccusa, finisce per trovarsi prostrato. Ma non deve risultare vittima, dicono i dirigenti Ilva al telefono, perché è lo stesso Vendola a richiederlo: Non dobbiamo renderlo vittima - dice Girolamo Archinà allavvocato (...) Perli - perché mi spiegava Vendola... che guai a noi se gli diamo loccasione di diventare vittima, nel senso che poi è costretto a difenderlo... Io andai da Vendola ... facemmo una riunione improvvisa nellufficio di Manna... lì si decise il da farsi nei confronti di Assennato. Bisogna dargli una mano a Vendola perché se no ti saluto eh!!!. Fabio Riva non ha dubbi. Allavvocato Franco Perli ribadisce la necessità di aiutare il Governatore. La strategia: intervenire su Luigi Pelaggi, segretario della commissione Aia e uomo forte dellallora ministro Stefania Prestigiacomo, per discutere del campionamento in continuo della diossina. Per i finanzieri è la prova della perfetta unità dintenti esistente sullasse Vendola-Ilva, che portava i vertici della grande industria a spendersi anche in sede ministeriale, affinché non venissero intrapresi percorsi che potessero nuocere al Presidente Vendola. Vendola, secondo quanto scrive Archinà in una mail inviata a Riva, ha anche pubblicamente dichiarato che il ‘modello Ilva deve essere esportato in tutta la Regione. Per gli inquirenti il riferimento è alla legge sulla diossina approvata dalla giunta Vendola nel 2008 e che per laccusa è il frutto della concertazione tra la Regione e lIlva che ha sempre osteggiato il cosiddetto ‘campionamento in continuo riuscendo ad escluderlo dalla norma regionale. Per contrastare un servizio de Le Iene, secondo lIlva le strade sono due: lutilizzo di una serie di relazione ad altissimo livello con il Gruppo Fininvest oppure mandare la diffida dellavvocato. Saluta tutti silvio e forza alitalia si legge in un sms ricevuto da Fabio Riva nel 2010: sono passati due anni dallacquisto nel 2008 di Alitalia, con il quale gli industriali lombardi partecipano al salvataggio lanciato da Berlusconi, mettendo sul piatto 120 milioni. Due anni dopo, Fabio Riva ne parla al telefono con il cugino, di ritorno da una riunione in cui dice di aver incontrato uno dei vertici di Alitalia, proprio nellufficio del Colaninno. Angelo spiega che lincontro è andato bene e quando Fabio ribatte che sul giornale cè scritto che lAlitalia è un disastro, il cugino dice la sua: No, ma quello lì è un figlio di puttana quello lì... è rimasto a tre mesi fa ... lui ha detto che se deve chiedere laumento di capitale ai soci si dimette prima... perché vuol dire che ha fallito.... Ma adesso sta guadagnando? chiede Fabio Riva. Secondo trimestre ... ce labbiamo nel culo... ma a giugno stiam facendo faville..... E ancora: Lui - il riferimento sembra a Colaninno, ndr) dice tra quello che devo mettere come garanzia per la manutenzione degli aerei che prendo in leasing al toto e il canone che li pago... con quel gruzzoletto lì di soldi vado da una.... Da uno che mi finanzia e gli dico guarda io metto il 25 tu mi finanzi il 75 dellaereo e pago le rate tipo leasing e a fine rate io son proprietario dellaereo... Allo stesso costo lui dice no? Così cho un patrimonio. Comunque cabbiamo 90 aerei di proprietà... . Senti, io stamattina ho visto per altri motivi il nostro amico Corrado. È il 9 giugno 2010 quando Ivo Allegrini del Cnr spiega ad Archinà di aver avuto un colloquio - secondo i finanzieri - con Corrado Clini, poi divenuto il ministro dellambiente che ha concesso lAia riesaminata confluita nel primo decreto salva Ilva. Milioni di euro destinati al dopolavoro Ilva di Taranto, finiti in alcuni casi nelle tasche di un boss della mala. Laffare Vaccarella - masseria dove ha sede il dopolavoro - per Fim, Fiom e Uilm vale oltre 8 milioni di euro, sborsati dai Riva per acquistare la struttura e gestire, per il tramite dei sindacati, le borse di studio, le colonie a favore dei figli degli operai e tutte le attività previste dalle cosiddette provvidenze. Elargizioni che, come spiega il segretario della Fiom Rosario Rappa ai finanzieri, vengono gestite con la massima discrezionalità dai sindacati. Nel 2007 lAgenzia delle entrate apre un contenzioso di 139 mila euro: la fondazione nei fatti è un ente economico commerciale. Nel 2009 vengono sospese le retribuzioni che alcuni sindacalisti percepivano dalla fondazione e chiude il circolo nautico trasformato in rimessaggio barche degli amici. Dalle carte emergono 131 mila che la fondazione versa a Peppe Florio, mafioso tarantino, per annullare il contratto con il quale Florio gestisce, per soli 500 mila lire al mese, un ristorante e una foresteria allinterno della masseria. Francesco Grignetti per La Stampa Incostituzionale: così il procuratore regionale del Lazio della Corte dei Conti, Angelo Raffaele De Dominicis, vede la legge sui rimborsi elettorali ai partiti. De Dominicis ha chiesto alla sezione giurisdizionale di impugnare davanti alla Consulta le leggi che finanziano i partiti. «Le leggi varate tra il 1997 e il 2012 - sostiene - sono in aperto contrasto con larticolo 75 della Costituzione. Si manifestano elusive e manipolative della volontà popolare». Come la politica aggirò il referendum del 1993 è noto. Secondo il procuratore De Domincis, infatti, le norme abrogate «sono state ripristinate con camuffamento e al gran completo». Di qui il sospetto di incostituzionalità. Tutto discende dal caso Lusi, il tesoriere infedele che sè intascato 22,8 milioni di euro. La sua storia non solo ha gettato discredito sulla ex Margherita, ma sulla politica intera. E per causa sua, la Corte dei Conti ha aperto le ostilità sui soldi. Nei tribunali italiani, infatti, è quasi guerra per decidere del tesoro dellex senatore. Nel giro di poche ore, tra mercoledì e giovedì, ci sono state due decisioni contraddittorie. Da una parte la Sezione giurisdizionale per il Lazio della Corte dei Conti ha escluso dal procedimento contabile i liquidatori della ex Margherita, perchè i denari sottratti da Lusi sarebbero dello Stato e non del partito. Dallaltra, il tribunale civile ha respinto le istanze dei signori Lusi (semplificando: di vedersela solo con la Corte dei Conti) e ha riconosciuto ai liquidatori il diritto di andare avanti sulla strada dei sequestri. Una via che rischia di divenire molto dolorosa per i coniugi Lusi e per i loro parenti in Canada dato che il tribunale ha autorizzato i liquidatori ad aggredire il patrimonio della signora e dei loro complici che rispondono in solido per la sottrazione dei milioni dalle casse del partito. Il vero nodo del contendere è il patrimonio dellex senatore in Canada. Patrimonio che resterebbe a lui se la Corte dei Conti, per usare le parole dei suoi legali Luca Petrucci e Renato Archidiacono, «sulla base di quanto sottoscritto dal Lusi», accettasse di chiudere il procedimento «con la restituzione allo Stato delle somme oggetto di contestazione». E qui bisogna fare attenzione alle cifre: la Corte dei Conti chiede la restituzione di 16 milioni di euro, Lusi sostiene che tanto valgono i suoi beni fin qui sequestrati in Italia, la partita potrebbe chiudersi dun colpo. Ma a Toronto cè una villa intestata ai Lusi, appena ultimata, mai sequestrata, che vale circa 3 milioni di dollari. «Dellasserito tesoro in Canada non vè traccia da nessuna parte», scrivono alla Stampa i legali dellex senatore. «Quella villa è stata realizzata con fondi propri e della moglie accantonati fra 2001 e 2007. Nessuno ha mai trasferito 3 milioni di euro e nessuno ha mai trasferito in Canada fondi della Margherita». Al tribunale civile di Roma, però, risulta il contrario. In una sentenza del 27 novembre si ricorda che la signora, quanto ai progetti del marito, aveva detto ai pm: «Voleva investire in immobili per alimentare il futuro della sua carriera politica e mi disse che, se la sua carriera fosse finita, il patrimonio sarebbe rimasto alla nostra famiglia». E il Canada? Il tribunale, rifacendosi, a una nota della Banca dItalia: «Ben 114 operazioni di versamento (della signora, ndr), dal dicembre del 2008 allaprile del 2010, che ammontano complessivamente alla cifra di euro 3,2 milioni di euro». Lo stesso Lusi, il 21 settembre 2012, propose ai liquidatori di vendere la villa di Toronto. Dal ricavato - scriveva - sarebbero stati detratti 1,6 milioni di euro, che avrebbe restituito alla Margherita, e il resto gli sarebbe rimasto in tasca. In cambio però, voleva un accordo tombale. Non se ne fece niente. INTERNI Da il giornale.it REGIORGIO di Paolo Bracalini - «Il presidente Napolitano è stato sempre garante dei poteri forti a livello nazionale e degli equilibri internazionali sullasse inclinato dal peso degli Stati Uniti» scrivono i giornalisti di inchiesta Ferruccio Pinotti (del Corriere della sera) e Stefano Santachiara (Il Fatto) in I panni sporchi della sinistra (ed. Chiarelettere). Il primo ritratto, di 60 pagine, è dedicato proprio al presidente della Repubblica («I segreti di Napolitano»), «lex ministro degli esteri del Pci» come lo definì Bettino Craxi interrogato dal pm Di Pietro nel processo Enimont. I rapporti con Mosca, quelli controversi con Berlusconi (il mensile della corrente migliorista del Pci, Il Moderno, finanziato da Fininvest, ma anche dai costruttori Ligresti e Gavio), e le relazioni oltreoceano, con Washington. Una storia complessa, dalla diffidenza iniziale del Dipartimento di Stato Usa e dellintelligence americana («nel 1975 a Napolitano gli fu negato il visto, come avveniva per tutti i dirigenti comunisti»), alle aperture dellambasciata Usa a Roma, al «misterioso viaggio» di Napolitano negli Stati uniti nel 78, nei giorni del sequestro Moro, laltro viaggio insieme a Occhetto nel 1989, fino «allincontro festoso, molti anni dopo, nel 2001, a Cernobbio, con Henry Kissinger, ex braccio destro di Nixon, che lo saluta calorosamente: “My favourite communist”, il mio comunista preferito. Ma Napolitano lo corregge ridendo: “Il mio ex comunista preferito!”». Il credito di Napolitano presso il mondo anglosassone si dipana nel libro-inchiesta anche su un fronte diverso, che Pinotti segue da anni, la massoneria, e che si intreccia con la storia più recente, in particolare con le dimissioni forzate di Berlusconi nel 2011, a colpi di spread e pressioni delle diplomazie internazionali. Su questo terreno gli autori fanno parlare diverse fonti, tra cui una, di cui non rivela il nome ma lidentikit: «Avvocato di altissimo livello, cassazionista, consulente delle più alte cariche istituzionali, massone con solidissimi agganci internazionali in Israele e negli Stati Uniti, figlio di un dirigente del Pci, massone, e lui stesso molto vicino al Pd». Il quale racconta: «Già il padre di Giorgio Napolitano è stato un importante massone, una delle figure più in vista della massoneria partenopea» (proprio nei giorni successivi alluscita del libro sarebbe spuntata, dagli archivi di unassociazione massonica di primo piano, la tessera numerata del padre di Napolitano, ndr). Tutta la storia familiare di Napolitano è riconducibile allesperienza massonica partenopea, che ha radici antiche e si inquadra nellalveo di quella francese...». Avvocato liberale, poeta e saggista, Giovanni Napolitano avrebbe trasmesso al figlio Giorgio (legatissimo al padre) non solo lamore per i codici «ma anche quello per la “fratellanza”» si legge. E poi: «Per quanto riguarda lattuale presidente, negli ambienti massonici si sussurra da tempo di simpatie della massoneria internazionale nei confronti dellunico dirigente comunista che a metà anni Settanta, allepoca della Guerra fredda, sia stato invitato negli Stati Uniti a tenere un ciclo di lectures presso prestigiosi atenei. Napolitano sarebbe stato iniziato, in tempi lontani, direttamente alla «fratellanza» anglosassone (inglese o statunitense)». Da lì il passo ad accreditare la tesi, molto battuta in ambienti complottisti, di un assist guidato a Mario Monti, è breve, e viene illustrata da unaltra fonte, lex Gran maestro Giuliano Di Bernardo («criteri massonici nella scelta di Mario Monti») e da uno 007 italiano. Lasse di Berlusconi con Putin - specie sul dossier energia - poco gradito in certi ambienti, entra in questo quadro (fantapolitica?). Con un giallo finale nelle pagine del libro, raccontato dalla autorevole fonte (senza nome): Putin avrebbe dato a Berlusconi delle carte su Napolitano. Se queste carte esistono, riguardano più i rapporti americani di Napolitano che quelli con i russi». Materiale per una avvicente spy story su Berlusconi, Napolitano, Monti, Putin, la Cia, il Bilderberg... CHIESA GESUITI-Non si può immaginare quanto male e quanta distruzione i Gesuiti hanno causato e causeranno, mentre contemporaneamente usano la perfetta copertura di nascondersi dietro tuniche nere e di professare di essere uomini di Dio.” “il Vaticano e’ ‘il reale controllore spirituale’ degli Illuminati e del Nuovo Ordine Mondiale, mentre i Gesuiti, tramite il Papa Nero, il generale padre Peter Hans Kolvenbach, controllano in modo effettivo la gerarchia vaticana e la Chiesa Cattolica Romana.” “I Gesuiti sono anche i leader del Nuovo Ordine Mondiale, con il compito di infiltrare le altre religioni ed i governi del mondo, allo scopo di realizzare un governo mondiale unico fascista ed una religione mondiale unica, basata su Satanismo e Lucifero.” “Quali sono le prove che porta Bouffard? Innanzitutto diciamo che le sue esternazioni “confermano la testimonianza di altri ricercatori, compreso Bill Hughes, autore degli sconvolgenti libri “Il nemico non mascherato” ed “I terroristi segreti”, come pure il preminente ricercatore sull’ Ordine dei Gesuiti Eric Jon Phelps, autore di ‘Assassini vaticani’.” Oltre a dipingere un cupo ritratto del Papa Nero in Roma, il vescovo Bouffard rivela che il potere malefico dei Gesuiti si estende da un capo all’altro del mondo, inclusa una solida infiltrazione del governo Usa, del Consiglio delle Relazioni Estere (CFR) e delle maggiori organizzazioni religiose.” Secondo Bouffard “i Gesuiti agiscono come perfetti camaleonti, assumendo l’identità di Protestanti, Mormoni, Battisti e Giudei.” “Essi distruggono ogni cosa dall’interno e vogliono provocare la distruzione pure della stessa Chiesa Cattolica, allo scopo di inaugurare una religione mondiale unica… Dopo aver prestato servizio in Roma, il vescovo Bouffard fu impiegato in Africa ed in Guatemala, salendo ad una posizione di potere all’interno della Chiesa. Comunque, insieme a questo potere religioso, sopravvenne l’ affiliazione e la registrazione come FRAMMASSONE, e divenne membro massonico del 37.mo grado, un qualcosa che si supporrebbe disapprovato nella Chiesa Cattolica Romana, dal momento che, secondo il Diritto canonico, l’appartenenza ad una Loggia massonica comporta l’immediata scomunica. Secondo il vescovo Bouffard la Frammassoneria viene invece usata dalla Chiesa per realizzare i suoi piani segreti, perché molti altri sacerdoti di alto livello, ossia vescovi, cardinali e persino papi, si sono iscritti a società segrete… in posizioni di potere in altre religioni e governi, la maggioranza di loro lavorando insieme… E le sue dichiarazioni sostengono i rapporti (appurati anche dalle magistrature) che affiorarono sui giornali italiani e francesi nei primi anni ’80, che recavano notizia di più di 150 sacerdoti di alto rango iscritti alla Frammassoneria, compresa la Loggia massonica P2, e ad altre società segrete. Come vi sarà capitato in qualche “misteriosa” trasmissione televisiva, avete di nuovo udito la parola “Illuminati”. Ma chi sono questi illuminati, è solo un tormentone degli ultimi anni? fu il comandante americano USA William Cooper che ironicamente, in chiave giornalistica lanciò il termine “Illuminati”, disse: “Gl’Illuminati sono veramente potenti, uomini molto agiati. Essi credono d’essere i guardiani dei segreti delle ere. Essi credono che la grande maggioranza delle persone non sa che farne della reale conoscenza della reale verità e della reale scienza” [FONTE: William Cooper, Behold a Pale Horse traduzione di cieliparalleli] – e in QUESTO HANNO IN GRAN PARTE RAGIONE, NEI FATTI DIMOSTRANO CHE ESSI HANNO UN POTERE SULLA MATERIA, CHE SEPPURE NELLA SUA OSCENITA’ MORALE, E’ BEN PIU’ SVILUPPATO DEL NOSTRO. Essi hanno QUELLA SCIENZA CHE NOI RIFIUTIAMO e NE FANNO QUEL CHE VOGLIONO, ma purtroppo, come aggiunge il comandante William Cooper: “Incoraggiano il credo che ogni cosa ch’essi fanno sia per il fondamentale miglioramento e la sopravvivenza dell’essere umano anche se è inteso ad uccidere due milioni di persone per conseguire i loro fini…”. Nel 1717 nasceva a Londra la Massoneria inglese, e a metà del Settecento si determinava la corrente pangermanistica dei Templari. Nel loro alveo e appropriandosi del socialismo di ROUSSEAU, sorsero gli Illuminati di Baviera, fondati WEISHAUPT nel 1776. Questi, dopo il congresso di Wilhelmsbad (1782), si infiltrarono rapidamente nelle logge massoniche europee, determinando con esse e con la complicità dell’alta finanza internazionale (ROTHSCHILD, ecc.) la rivoluzione francese (1789), che nella mentalità dei rivoluzionari doveva essere il primo passo verso una repubblica socialista mondiale. La politica coloniale nel frattempo spostava l’insieme geopolitica dall’orbita delle potenze cattoliche a quella capitalistica protestante (insurrezione delle colonie spagnole in America, nascita degli Stati Uniti indipendenti d’America ecc..). A fermare l’avanzata rivoluzionaria non valse la Santa Alleanza (1814-15) [che bloccò definitivamente l’impero francese]. E il disegno di METTERNICH intento a ristabilire una forte coalizione cattolica fu neutralizzato dalle influenze [destabilizzanti] massoniche e degli agenti di Rothschild al congresso di Vienna. Dopo la Santa Alleanza l’azione rivoluzionaria europea venne dominata dall’ALTA VENDITA italiana [nome di cui raramente si sente parlare nei libri di scuola, ma è un fatto storico]: era retrologgia delle Carbonerie e delle massonerie, e strumento dell’alta finanza. “istruzioni segrete” (documento storico: FONTE)dei capi dell’Alta Vendita (illuminati/massoni), attorno al 1820, parte reale del patrimonio storico mondiale: Ma il VATICANO reale, così diverso da quella PROFESSATO a parole NELLE CHIESE, proprio come l’alta politica USA, invischiata con abusi sessuali dovuti agli esperimenti di controllo mentale MK-Ultra, ha le medesime storie di abusi, visto che in realtà gli uomini che lo governano sono del ‘medesimo gruppo’. ECONOMIA Tonia Mastrobuoni per la Stampa Rispetto alla forbice indicata dagli esperti, il governo ha scelto la cifra più alta: la Banca dItalia vale dunque 7,5 miliardi di euro, stando al decreto approvato mercoledì dal consiglio dei ministri e pubblicato ieri in Gazzetta ufficiale. Dopo laumento di capitale dagli attuali 156mila euro per raggiungere quella quota, via Nazionale sarà rappresentata «da quote nominative di partecipazione di 20mila euro ciascuna», recita il testo. Ed è invece confermata la cifra della vigilia sui dividendi: «ai partecipanti possono essere distribuiti esclusivamente dividendi annuali, a valere sugli utili netti, per un importo non superiore al 6 per cento del capitale». Una cofra che garantirebbe alle banche un gettone da circa 450 milioni di euro. È confermata anche la natura di public company, cioè di istituto ad azionariato diffuso, che la Banca dItalia dovrà avere a regime. Certo, non tutti potranno possederne le quote, nessun piccolo risparmiatore potrà accedere alle partecipazioni di via Nazionale: solo banche, assicurazioni, sia italiane sia straniere, inoltre anche fondazioni, enti previdenziali e assicurativi, e fondi pensione con soggettività giuridica potranno essere detentori di pezzi dellisitituto di Palazzo Koch. Ma rispetto alle quote attuali, la riforma riequilibra enormemente il quadro: le sole Banca Intesa e Unicredit posseggono attualmente il 64,6%. Il decreto stabilisce invece che nessuno potrà possedere più del 5% di via Nazionale, in futuro. Il ministro dellEconomia, Fabrizio Saccomanni, ha parlato di un processo al termine del quale «nessuno ha il controllo» della Banca dItalia. Dopo laumento di capitale a 7,5 miliardi, le banche con quote eccessive rispetto al limite del 5% avranno due anni di tempo per liberarsene. In questo lasso di tempo gli istituti non avranno il diritto di voto ma potranno comunque percepire i dividendi. È giallo, invece, sullimposta che dovrebbe essere applicate alle rivalutazioni iscritte in bilancio alle banche e che avrebbe dovuto garantire un gettito per lo Stato da circa un miliardo di euro. Dal testo è sparito il 12% scritto nelle bozze più recenti, contro il 16% ipotizzato in precedenza. Le norme prevederebbero, quindi, un tetto al possesso fissato al 5% del capitale e una lista di soggetti che possono detenere tali quote individuati in banche e assicurazioni con sede in Italia o nellUe, fondazioni bancarie, enti, istituti di previdenza e fondi pensione italiani. Infine, il decreto ribadisce che nellesercizio dei suoi poteri e nella gestione delle sue finanze, la Banca dItalia, che ha tra le altre la funzione di organismo di vigilanza sulle banche, «è indipendente». ESTERI FOGLIO di Giulio Meotti dal titolo L’accordo nucleare di Ginevra? E’ peggio di Monaco ’38 , larticolo di Daniele Raineri dal titolo Monaco non c’entra nulla e il pre-accordo conviene. Cinque buone ragioni , preceduto dal nostro commento. informazionecorretta/main.php?mediaId=115&sez=120&id=51548 Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu aveva visto giusto. L’occidente si è fatto ingannare dall’Iran e la minaccia militare americana non è mai stata credibile. Accordo peggiore non poteva essere firmato a Ginevra, dove a una rivoluzione messianica e antisemita è stato riconosciuto il diritto ad arricchire l’uranio sul proprio territorio. Ginevra ha fornito una grande legittimità all’Iran, banchiere del terrore e proliferatore atomico, che così ha spezzato l’assedio attorno al regime. “Ginevra 2013 è peggio di Monaco 1938”, ha scritto sul Wall Street Journal il premio Pulitzer Bret Stephens, in riferimento a quando le democrazie s’illusero d’aver domato senza combattere gli appetiti hitleriani. “Il vento di Monaco soffia a Ginevra”, scandiscono i ministri israeliani della Sicurezza. Ginevra ha garantito alla dittatura iraniana una sorta di “ambiguità nucleare”. L’architetto del tanto minacciato strike israeliano, Ehud Barak, lo aveva capito per tempo, imponendo alla comunità internazionale il termine “immunità”. E’ questo il risultato letale dell’accordo. Gli iraniani non violeranno l’accordo. Non subito, almeno. Gli ayatollah non dovevano ottenere la Bomba, ma un allentamento delle sanzioni. Prendere fiato. Entrare nel club delle potenze. Il risultato, un giorno, sarà una seconda Corea del nord nuclearizzata, non una seconda Libia che dieci anni fa accettò di smantellare il programma nucleare. Le sanzioni all’Iran non torneranno se ora vengono allentate, perché sono state il frutto di un decennio di lobbying presso le cancellerie occidentali, affamate di appalti con Teheran. E se cadono le sanzioni, l’Iran non abbandonerà i suoi piani diabolici. Le buone maniere per la Rivoluzione si sono sempre dimostrate un invito all’offensiva. Ginevra eccita il riarmo. L’accordo si basa su una menzogna. Il programma nucleare iraniano non è mai stato progettato per fini civili. Ai turbanti non interessa curare il cancro di una popolazione che massacrano da trent’anni. Perché il regime vuole arricchire l’uranio, produrre plutonio e impedire le ispezioni? Perché vuole la Bomba. Vuole dominare il medio oriente. Vuole liquidare Israele. Ginevra li spinge sulla strada giusta. Israele ha molte ragioni per denunciare Ginevra: lo smantellamento del bunker di Fordo non è stato soddisfatto; l’accordo non contempla il programma militare, la ricerca sul device atomico e la balistica; grazie a Ginevra, l’Iran conserva quattro mesi di tempo per completare lo sviluppo di un congegno atomico nel caso in cui lo volesse; l’accordo non smantella i progressi tecnologici che ha compiuto l’Iran negli ultimi cinque anni, e le centrifughe, che erano qualche migliaio quando si insediava Barack Obama, sono salite a 18 mila e non saranno smantellate. Vero, l’Iran ha accettato di non arricchire l’uranio oltre il cinque per cento, ma Teheran manterrà la capacità di produrre combustibile di livello superiore se solo lo desidera. L’Iran ha già otto tonnellate di uranio arricchito, abbastanza per cinque bombe come Hiroshima. E potrà farlo clandestinamente: nell’accordo non è previsto il monitoraggio dei siti clandestini dove Cia e Israele sospettano che l’Iran stia conducendo i test. Non è previsto lo smantellamento del reattore di Arak, impianto che ha l’unico scopo di produrre un’arma atomica. Dopo la Seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti hanno creato un sistema globale di sicurezza. Obama lo sta archiviando. A Ginevra gli Stati Uniti hanno preferito una soluzione a breve termine che a lungo termine diventerà un pericolo alla pace mondiale. Intanto, sul volto di Netanyahu c’è tutto il senso di abbandono da parte del suo alleato. Israele, isolata e sorvegliata a vista nel feroce Levante, fa la voce grossa, ma dopo Ginevra è moralmente sullo stesso piano di chi vuole estinguerla. Un giornalista a Ginevra ha chiesto allo spokesman di Lady Ashton di commentare l’ayatollah Khamenei, secondo cui gli israeliani sono “cani rabbiosi e illegittimi” da sterminare. Stizzito, il giovane ha detto di non averne intenzione. Silenzio da parte del dipartimento di stato. Tira una brutta aria in occidente. Daniele Raineri - Monaco non c’entra nulla e il pre-accordo conviene. Cinque buone ragioni Daniele Raineri non condivide il paragone tra Monaco 1938 e GInevra 2013 e spiega il suo punto di vista con cinque motivazioni. Quella più convincente è senza dubbio la numero quattro, che contiene le dichiarazioni di Amos Yadlin, ex capo dellintelligence militare israeliana, il quale non usa toni allarmistici per descrivere laccordo con lIran nucleare. Tutte e cinque le motivazioni espresse da Raineri, però, si basano sul fatto di prendere sul serio lIran e dare per scontato che abbia buone intenzioni. Si può essere così ottimisti con uno Stato governato da ayatollah che descrivono Israele come cancro da estirpare ? Ecco il pezzo: Punto primo, il paragone storico con Monaco 1938 è il grido d’allarme più abusato del repertorio ma non ci aiuta a capire nemmeno un grammo in più di cosa sta succedendo davvero. Stiamo parlando di Israele, che è uno stato sovrano e anche la potenza militare più avanzata di tutto il medio oriente, e stiamo parlando di armi atomiche, di Repubblica islamica iraniana e di sanzioni internazionali che colpiscono soprattutto il mercato del greggio. Queste cose nel 1938 non esistevano e oggi si dovrebbe poterne parlare senza per forza essere costretti a passare di nuovo dai Sudeti. Se poi andiamo a vedere nello specifico, l’accordo di Monaco fu firmato dalle grandi potenze il 30 settembre e il giorno dopo le truppe naziste entrarono marciando in Cecoslovacchia provocando la fuga di almeno centomila persone – tra loro molti ebrei e oppositori politici degli hitleriani. Il pre-accordo di Ginevra è stato raggiunto domenica scorsa e l’effetto è questo: da gennaio ci saranno ottomila centrifughe in funzione in Iran invece che diciannovemila. Si vede la differenza tra i due? Punto secondo, questo non è l’accordo con l’Iran. E’ un pre-accordo. Nulla è stato deciso. Si è trattato di un patto preliminare tra le potenze mondiali e l’Iran per rallentare il programma atomico da una parte e alleggerire di poco le sanzioni dall’altra e andare in questo modo ai negoziati reali che cominceranno fra sei mesi. Le decisioni che contano saranno prese allora. Qual era l’alternativa a questo pre-accordo di Ginevra? Erano due: non fare ancora nulla oppure fare la guerra. Se la guerra fosse stata un’opzione in grado di offrire esiti più certi di questo pre-accordo ginevrino sarebbe stata già consumata. Per uguagliare il tanto disprezzato pre-accordo con Teheran, un attacco con le bombe dovrebbe riuscire a bloccare l’arricchimento di tutto l’uranio iraniano oltre la soglia del 5 per cento, dovrebbe eliminare tutte le scorte di uranio già arricchito al 20 per cento (destinate ora a essere convertite o diluite) e dovrebbe sospendere i lavori di costruzione del reattore ad acqua pesante di Arak, e in più ottenere anche ispezioni quotidiane ai siti iraniani e negoziati fra sei mesi. Punto terzo, Mark Fitzpatrick, dell’International Institute for Strategic Studies, scrive che il tempo di break-out dell’Iran, ovvero il tempo che lo separa dalla produzione di una bomba atomica, domenica scorsa è stato raddoppiato. Le sanzioni internazionali costano all’Iran cento miliardi di dollari ogni anno, questo alleggerimento concesso a Ginevra vale sette miliardi. Il doppio contro il sette per cento. Punto quarto, si nota la differenza tra i pundit, che sono gli opinionisti sui giornali, e i capi militari di Israele, che sono gli specialisti tenuti per mestiere a conoscere più cose di chiunque altro al mondo sul rischio di un attacco atomico dell’Iran contro Israele. Quindi, se Bret Stephens scrive sul Wall Street Journal che l’accordo “è peggio di Monaco 1938” e Charles Krauthammer sul Washington Post che è “il peggiore accordo da Monaco 1938” (appena meno drastico), su Channel 2 della tv israeliana si vede Amos Yadlin, ex direttore dell’intelligence militare di Israele, dire beffardo il giorno dopo: “Dalle reazioni dei nostri politici di questa mattina veniva da pensare che l’Iran avesse ottenuto il permesso di costruire una bomba atomica”. Yadlin sostiene che l’Iran non violerà il pre-accordo: “Non lo hanno firmato per romperlo. Gli iraniani sono venuti a Ginevra per farsi alleggerire le sanzioni. Capiscono che si tratta di un test. Sarebbe illogico violarlo nei prossimi sei mesi, sarebbe più logico se provassero a eluderlo in seguito”. Per Yadlin “l’accordo con l’Iran ottenuto dal secondo round è molto meglio di quello fallito due settimane prima a Ginevra”. Bret Stephens vinse un premio Pulitzer, ma non c’è ragione per dubitare della competenza del generale Yadlin. Punto quinto, arriva la notizia che Israele farà una grande esercitazione militare con l’America a maggio, proprio fra sei mesi, come monito all’Iran. Che è quello che fareste anche voi con il governo che vi ha venduto a Teheran con un accordo peggiore di Monaco 1938. CULTURA LIBRI-Gennaro Sangiuliano-Vittorio Feltri – Gennaro Sangiuliano, “Una Repubblica senza Patria”, Mondadori pp. 300 € 19. “Una Repubblica senza Patria” è il racconto di alcuni momenti della vicenda italiana, che si snodano dal 1943 ad oggi, che Vittorio Feltri e Gennaro Sangiuliano hanno ritenuto cruciali per la formazione di una nazione che certamente è un’entità amministrativa e statuale ma stenta, ancora, ad essere Patria, momento identitario dei suoi cittadini. Con il tono e il ritmo del cronista gli autori ripercorrono, ciascuno secondo un proprio disegno, le vicende fondamentali dal dopoguerra, riscrivendo e riordinando, delineando un disegno quasi drammatico: quello di una Repubblica senza patria. Che è come dire uno Stato senza nazione, fatto di cittadini che si riconoscono solo nel proprio gruppo, partito, chiesa, squadra sportiva. Le due parti in cui si compone questo libro esplorano la complicata realtà degli italiani. La storia italiana di Feltri e Sangiuliano è scandita dall’8 settembre del 1943, da un lungo dopoguerra, segnato dalla Guerra Fredda, dalla nascita della Repubblica, dal suo assetto costituzionale, dalla ricostruzione, dal miracolo economico italiano, dal Sessantotto, dal terrorismo, fino a vicende più recenti. Un intreccio di storia politica, economica e sociale, dove spesso tutto si muove su un doppio binario, uno evidente l’altro carsico. «La divisione in ducati, signorie , contee e parrocchie ci ha lasciato dent ro l’animo del suddito . E un suddito non avrà mai come scopo il bene della comunità, baderà soltanto a salvar si dal le intrusioni del principe prepotente.» AFORISMIASSIOMI E poi si ride e si piange sempre con gli stessi occhi.
Posted on: Sat, 30 Nov 2013 17:28:13 +0000

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