PROPOSTE PER CONSORZI DI COMUNI DAVVERO LIBERI Ben strano posto - TopicsExpress



          

PROPOSTE PER CONSORZI DI COMUNI DAVVERO LIBERI Ben strano posto la Sicilia, regione in cui da un giorno all’altro sta per essere presentata una riforma che dovrebbe essere epocale, senza che vi sia stato un serio dibattito all’interno delle forze politiche i cui gruppi parlamentari dovranno licenziare la nuova normativa. Con qualche eccezione, come il gruppo di docenti delle quattro università siciliane riunito dal Centro A. Olivetti e dall’Osservatorio Tulumello dell’ateneo palermitano, e coordinati da Andrea Piraino, neppure all’interno di quella parte consapevole della società siciliana che ha il dovere di riflettere preventivamente su una innovazione di tale portata si registrano iniziative significative. La discussione sulla riforma dell’assetto amministrativo intermedio o, se si vuole, l’abolizione delle province, perché è di questo che si sta parlando, è ormai incentrata sulla soglia minima e massima di popolazione che devono avere i liberi consorzi, su un numero che dovrebbe essere preventivamente stabilito (9? 6? 3?). O, ancora, sulla novità dei super comuni, le città metropolitane i cui confini ipotizzati si avvicinano a quelli su cui sta lavorando la Società Geografica Italiana che ha proposto una ipotesi di riordino territoriale in cui l’Italia è suddivisa in circa in 35/40 nuove regioni che sostituiscono le attuali province e gli attuali confini regionali «per diventare i centri propulsori della gestione amministrativa e dello sviluppo in un rinnovato “patto di cittadinanza”». Ma se il tema delle aree metropolitane è una questione fondamentale, le altre due sono i marker che indicano come, in realtà, la classe politica regionale non ha alcuna voglia di eliminare veramente le province, ma semplicemente di andare a un nuova assetto amministrativo intermedio in cui alcune realtà, Gela, Caltagirone, Marsala, possano finalmente conquistare il rango cui aspirano da decenni. E se la legge 9 del 1986 che avrebbe dovuto dare attuazione all’art. 15 dello Statuto ha semplicemente affermato che i liberi consorzi di comuni in esso previsti sono denominati “province regionali”, adesso il rischio è quello contrario, che la legge affermi che le attuali provincie regionali, con l’aggiunta di qualche altra, cara a qualche potente della regione, siano denominate “liberi consorzi di comuni”. La questione, a mio avviso, va affrontata partendo da un altro punto di vista: le competenze. Attualmente, le province in Sicilia – come enti locali – hanno competenza: riguardo all’edilizia per le scuole secondarie superiori, alla viabilità provinciale, a non meglio definiti “impianti di interesse sovracomunale” e hanno funzioni amministrative – assolutamente sottoutilizzate – in relazione a servizi sociali e culturali, allo sviluppo economico, all’organizzazione del territorio e alla tutela dell’ambiente. Ci sono poi altri organismi che si occupano di questioni che hanno o hanno avuto finora valenza sovracomunale: gli ATO per i rifiuti e per il servizio idrico integrato, poi gli Iacp, i distretti turistici, le camere di commercio, le Asi, le Asp, la protezione civile. Le funzioni amministrative potrebbero, più utilmente essere divise tra regione e comuni: per esempio la realizzazione di strutture socio assistenziali sovracomunali alla prima, le iniziative culturali ai comuni; la formazione professionale alla prima, il diritto allo studio (buoni scuola) ai comuni ; l’organizzazione del territorio e la tutela dell’ambiente alla prima per quanto riguarda la pianificazione, ai comuni per quanto riguarda l’attuazione e il controllo; la gestione delle riserve e la localizzazione di impianti legati al ciclo dei rifiuti alla regione, il controllo dell’inquinamento ai comuni. Allo stesso modo si potrebbe, per esempio, trasferire l’edilizia scolastica delle superiori ai comuni insieme alle strade secondarie e quelle che mettono in collegamento due comuni alla regione; chiudere gli Iacp e trasferire l’edilizia residenziale pubblica i comuni. La sanità, soprattutto in relazione alla rete ospedaliera fori dagli ambiti metropolitani, potrebbe essere ridisegnata sulla base dei reali bacini di utenza e non degli attuali confini provinciali. A questo punto rimarrebbero delle questioni, davvero poche, che devono necessariamente essere affrontate a livello sovracomunale: la gestione del ciclo dei rifiuti e del sistema idrico integrato, la gestione delle aree di sviluppo industriale, i distretti turistici. Ecco che il libero consorzio di comuni può prendere corpo ed essere davvero “libero”. Ogni comune, dentro un quadro di coordinamento e delle regole, dovrebbe potere liberamente scegliere di fare parte di un consorzio che può occuparsi del sistema dei rifiuti in maniera ottimale e di un consorzio, con soci e confini diversi, nel quale può essere meglio costruito un modello di sviluppo locale che punti sul turismo. E lo stesso varrebbe per le rimanenti competenza sovracomunali. Il modello organizzativo potrebbe essere simile a quello dei distretti socio-sanitari che mi sembrano una esperienza assai positiva con una guida politica affidata al comitato dei sindaci e un organismo tecnico formato da funzionari dei diversi comuni partecipanti. Senza costi aggiuntivi. La riforma amministrativa del 1812 che abolì i tre Valli istituendo le sette intendenze produsse effetti fino al 1926 quando vennero aggiunte le due province di Enna e Ragusa, quindi la vigenza media di una riorganizzazione del livello intermedio è di un secolo. Ecco perché su temi di questa rilevanza la fretta non è un buon consigliere e la scadenza del 31 dicembre, nata sulla base della legge-spot del 27 marzo non è una buona dead-line. Occorre una riflessione più approfondita e un coinvolgimento preventivo delle comunità locali e se per raggiungere questo obiettivo sarà necessario qualche mese in più, la posta in gioco vale una piccola proroga.
Posted on: Wed, 21 Aug 2013 11:26:11 +0000

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