Parte 2 4) Genocidio? Il numero delle loro vittime fa delle - TopicsExpress



          

Parte 2 4) Genocidio? Il numero delle loro vittime fa delle carestie sovietiche del 1931-33 un insieme di fenomeni che, nel quadro della storia europea, può essere paragonato solo ai successivi crimini nazisti. E il corso degli eventi in Ucraina e nel Caucaso settentrionale, il legame che esso ebbe tanto con l’interpretazione che Stalin diede della crisi, quanto con le politiche che da essa discesero, ripropone, in modo nuovo, la questione della loro natura: ci fu anche un genocidio ucraino? La risposta sembra essere no se pensiamo a una carestia concepita dal regime o— versione ancor più indifendibile—dalla Russia per distruggere il popolo ucraino. E resta no se si adotta una definizione restrittiva di genocidio come volontà preordinata di sterminare tutti i membri di un gruppo etnico, religioso o sociale, nel cui caso solo l’Olocausto rientrerebbe nella categoria. Anche la definizione abbastanza stretta di genocidio adottata dalle Nazioni unite nel 1948 elenca però tra i possibili atti genocidari, accanto al “killing members of the group, and causing serious bodily or mental harm to members of the group”, “deliberately inflicting on members of the group conditions of life calculated to bring about its physical destruction in whole or in part” (corsivo mio). Poco prima, Raphael Lemkin, cui dobbiamo il termine, aveva notato che “generalmente parlando, genocidio non significa necessariamente l’immediata distruzione di una nazione... Col termine si intende piuttosto un piano coordinato di più azioni teso a distruggere le fondamenta essenziali della vita di gruppi nazionali ...” 41 . In questa prospettiva, se riflettiamo sulla sostanziale differenza tra i tassi di mortalità nelle diverse repubbliche; aggiungiamo ai milioni di vittime ucraine, incluse quelle del Kuban, i milioni di ucraini russificati dopo il dicembre 1932, e le migliaia di fuggiaschi contadini che incontrarono lo stesso fato dopo essere sfuggiti ai posti di blocco della polizia ed essersi rifugiati nella Repubblica russa; teniamo conto del fatto che abbiamo perciò a che fare con la perdita del 20-25% della popolazione etnica ucraina; ricordiamo che questa perdita fu causata dalla decisione— indubbiamente un atto soggettivo—di usare la carestia in senso antiucraino sulla base della “interpretazione nazionale” della crisi sviluppata da Stalin nella seconda metà del 1932; teniamo presente che senza questa decisione le vittime sarebbero state al massimo nell’ordine delle centinaia di migliaia, vale a dire meno che nella carestia del 1921-22; e se finalmente prendiamo in considerazione la distruzione di gran parte dell’elite politica e intellettuale della repubblica, dai maestri di villaggio ai leader nazionali, allora la risposta alla domanda sul genocidio ucraino non può che essere positiva. Gli avvenimenti compresi tra la fine del 1932 e l’estate del 1933 consentono insomma alcune considerazioni conclusive: 1. Stalin e il regime da lui controllato e tenuto in soggezione—certo non la Russia o i russi, che patirono anch’essi la fame, anche se su scala minore—eseguirono coscientemente, all’interno di una offensiva tesa a piegare i contadini, una politica antiucraina diretta allo sterminio di massa e risultante in un genocidio nell’accezione appena data del termine 42 , un genocidio le cui cicatrici fisiche e psichiche sono ancor oggi visibili; 41 Yearbook of the United Nations, New York, 1948-49, p. 959; R. Lemkin, Axis Rule in Occupied Europe, Washington, DC, 1944, p. 82. Cfr J.O. Pohl, Stalin’s Genocide against ‘Repressed People’, “Journal of Genocide Research”, 2 (2000), pp. 267-93. 42 Come N. Valentinov (Vol’skij) notò in un breve ma penetrante articolo, Tout est permis, “Le contrat social”, vol. X, 1966, pp. 19-28 e 77-84, Stalin e Hitler hanno fatto parte del piccolissimo gruppo di un certo, e terribile, tipo di rivoluzionari del XX secolo europeo, quelli per cui appunto tutto era possibile.13 2. Questo genocidio è stato il prodotto di una carestia all’inizio non provocata artatamente a tale scopo, ma che venne poi, una volta che essa fece la sua comparsa come frutto indesiderato delle politiche del regime, volutamente manovrata a questo fine (sembra che la proporzionalmente ancor più terribile tragedia kazacha sia stata “solo” lo sgradito risultato della denomadizzazione e dell’indifferenza bianca al fato dei nativi) 43 ; 3. Esso ebbe luogo in un contesto dominato dalla decisione di Stalin di punire con la fame, e col terrore, un certo numero di gruppi nazionali e etnico-sociali ritenuti pericolosi, o potenzialmente tali 44 . Come tutti gli indicatori quantitativi dimostrano, tanto la punizione che il terrore toccarono, per le ragioni precedentemente elencate, il loro culmine in Ucraina, dove si trasformarono in un fenomeno qualitativamente differente. 4. In questa prospettiva, le relazioni tra il Holodomor e le altre tragiche punizioni repressive del 1932-33 richiamano in qualche modo quelle già menzionate intercorse tra la repressione nazista e l’Olocausto. 5. Il Holodomor è stato però molto diverso da quest’ultimo. Esso non si propose lo sterminio dell’intera nazione ucraina, non si basò sull’uccisione diretta delle vittime, e fu motivato e costruito teoricamente e politicamente—è possibile dire “razionalmente” ? 45 —e non su basi etniche e razziali, una diversa motivazione che è almeno in parte all’origine delle prime due differenze. 6. In questa luce, l’Olocausto è eccezionale perché rappresenta la più pura, e perciò qualitativamente differente, forma di genocidio immaginabile. Esso fa parte dunque di una categoria a sé stante, ma allo stesso tempo rappresenta il vertice di una piramide a più strati, i cui gradini sono costituiti da altrettante tragedie. Quello del Holodomor si trova vicino alla sua sommità. Se fosse vera, come credo sia, questa risposta affermativa avrebbe conseguenze morali e intellettuali di grande rilevanza sulla nostra immagine, e interpretazione del XX secolo europeo. Ho 43 Che si sia trattato di genocidio è stato sostenuto anche in base ad altre argomentazioni. Kul’čyc’kyj, per esempio, ha presentato tanto la carestia pansovietica che il Holodomor come genocidi motivati ideologicamente, in quanto risultato di scelte ispirate nel 1929 dalla concezione dell’ideologia comunista allora corrente tra i dirigenti sovietici. Il fatto che dietro la “rivoluzione dall’alto” staliniana, e quindi dietro le politiche che provocarono la crisi del 1931-32, ci siano anche ideali comunisti, per quanto primitivamente concepiti, sembra incontestabile. Ed è difficile sostenere che Stalin ignorasse quali potessero essere le conseguenze di quelle politiche. Il 1921-22 lo aveva già dimostrato, e prima del 1927 Stalin stesso aveva ripetutamente accusato la proposta di Trockij di abbandonare la Nep in favore di collettivizzazione e industrializzazione accelerate (anche se mai quanto quelle poi promosse da Stalin stesso dopo il 1928) sostenendo che essa avrebbe portato a una crisi nei rapporti con le campagne, e provocato una carestia (una parola che Stalin usò). Ipotesi come quelle di Kul’čyc’kyj contengono quindi più di un nocciolo di verità, ma ritengo che Stalin, pur sapendo che l’offensiva scatenata nel 1929 avrebbe prodotto una crisi, non anticipava allora le dimensioni che questa avrebbe assunto. Di fatto, alla fine del 1930 egli era convinto che il peggio era passato, e di aver vinto la battaglia con le campagne. Ecco perché queste posizioni, pur in parte corrette e che mettono giustamente in risalto il ruolo dell’ideologia comunista e di quelle che erano vere e proprie superstizioni economiche, sono deboli se le si usa per sostenere che carestia e Holodomor furono genocidi. 44 In una lettera a chi scrive, Oleg Chlevnjuk ha giustamente osservato che molte delle politiche staliniane presentavano caratteristiche “genocidarie”. “Qualunque fosse il problema che emergeva nel paese, esso veniva affrontato con l’applicazione di violenza diretta a gruppi specifici, e ben definiti in termini socio-culturali, o nazionali, della popolazione”. Questi gruppi, e il trattamento che venne loro inflitto, dalle misure preventive alla liquidazione, variarono nel corso del tempo, in base alla situazione interna e internazionale, e alle convinzioni personali del despota. Essi inclusero i cosacchi, i contadini, la vecchia intelligencija russa e le intelligencija nazionali, “nazioni nemiche” come i polacchi e i tedeschi prima, e i ceceni e gli ebrei dopo, ecc. Il Holodomor, quindi, va posto su questo sfondo, e può essere capito solo in questo contesto. 45 Si potrebbe sostenere che i genocidi motivati razzialmente, o in base a delle teorie del complotto secondo cui il futuro di una nazione o di una “razza” richiede lo sterminio di un altro popolo, sono altrettanto “razionali”. Dopo tutto, la decisione di sterminare deriva da quello che potrebbe passare per ragionamento. Credo però che vi sia qui una differenza importante, almeno nel tipo di razionalità cui facciamo riferimento. Quella di Stalin era abbastanza sofisticata, e implicava l’uso di elaborate teorie sul processo di costruzione nazionale e statale, sul comportamento contadino, le possibilità di influenzare la realtà ecc., che affondavano naturalmente le loro radici nel marxismo.14 cercato altrove di indicare alcune di queste conseguenze dopo aver discusso i problemi legati all’impatto a medio e lungo termine della “Grande carestia” sulla storia sovietica 46 . Vorrei ora richiamarne solo tre. In che modo la coscienza delle modalità, dell’entità e delle responsabilità della carestia influenza il giudizio che siamo chiamati a dare, come esseri umani prima ancora che come storici, del sistema sovietico e della prima generazione dei suoi dirigenti, un gruppo in cui vanno inclusi i funzionari che eseguirono le loro decisioni, senza per questo dimenticare i tanti che coraggiosamente rifiutarono di applicare, e persino boicottarono, le politiche dello stato, e furono per questo duramente puniti ? Alla luce del 1932-33, quel sistema non ci appare forse, almeno per una fase importante della sua vita, molto più come uno stato violento e primitivo, guidato da un despota malvagio, che come un “totalitarismo” modernizzante, teso in nome dell’ideologia a conquistare e rifondere le coscienze dei suoi soggetti ? E’ possibile sostenere che, se alle radici del sistema sovietico, così come esso fu rimodellato da Stalin, vi è un crimine di tale entità, allora in qualche modo il suo collasso è legato a questo peccato originale, coperto per decenni dalla menzogna proprio perché inconfessabile ? Da questo punto di vista, la “Grande carestia” assume le forme di un ostacolo formidabile alla sopravvivenza, attraverso il rinnovamento, di un sistema che non poteva dire la verità sul suo passato, e fu spazzato via anche dall’emergere di questa verità, spesso grazie a uomini che volevano riformarlo, e renderlo più umano, e cominciarono a farlo anche cercando di fare i conti col passato, solo per scoprire che erano conti che non potevano essere chiusi 47 . Si solleva così implicitamente la questione, di estremo interesse, dell’evoluzione dei “totalitarismi”, una categoria che non amo anche perché rende difficile dar conto di questa evoluzione, che nel caso sovietico è indiscutibile (basta a questo proposito paragonare Stalin non a Gorbačev, ma anche a Chruščev o a Brežnev). Secondo Burckhardt “anche uno stato fondato all’inizio solo sulle maledizioni degli oppressi, è costretto col tempo ad evolvere una specie di diritto, e di vita civile, perché le persone giuste e civili sanno impadronirsene a poco a poco... e perché [lo stato può] provare la sua vitalità solo trasformando in forza la violenza” 48 . Può essere che, se la pace prevale per un periodo di tempo abbastanza lungo, almeno il progredire, se non il trionfo di questa evoluzione sia davvero possibile, persino quando la storia del sistema che evolve è marchiata da un genocidio ? Se ciò fosse vero, la storia sovietica non sarebbe solo quella straordinaria parabola morale che essa è, ma anche un annuncio di speranza in termini molto più generali. 46 A. Graziosi, The Great Famine of 1932-33: Consequences and Implications, in corso di stampa in “Harvard Ukrainian Studies”. 47 Naturalmente, non sostengo che questa sia stata la ragione del collasso sovietico. Epperò l’irredimibile natura del suo passato di certo complicò la vita a un sistema che stava lentamente soffocando sotto il peso delle sue contraddizioni demografiche, economiche e nazionali, e che fu alla fine ucciso dal tentativo di trovarg
Posted on: Sun, 18 Aug 2013 12:17:17 +0000

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