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Paternò Da Wikipedia, lenciclopedia libera. bussola Disambiguazione – Se stai cercando altri significati, vedi Paternò (disambigua). Paternò comune Paternò – Stemma Paternò – Bandiera (dettagli) Panorama di Paternò Panorama di Paternò Dati amministrativi Stato Italia Italia Regione Coat of arms of Sicily.svg Sicilia Provincia Provincia di Catania-Stemma.png Catania Sindaco Mauro Mangano (PD) dal 21/05/2012 Territorio Coordinate 37°34′0″N 14°54′0″ECoordinate: 37°34′0″N 14°54′0″E (Mappa) Altitudine 225 m s.l.m. Superficie 144,04 km² Abitanti 49 616[1] (31-12-2011) Densità 344,46 ab./km² Frazioni Sferro Comuni confinanti Belpasso, Biancavilla, Catenanuova (EN), Centuripe (EN), Ragalna, Ramacca, Santa Maria di Licodia Altre informazioni Cod. postale 95047 Prefisso 095 Fuso orario UTC+1 Codice ISTAT 087033 Cod. catastale G371 Targa CT Cl. sismica zona 2 (sismicità media) Nome abitanti paternesi, patornesi, paturnisi in siciliano. Patrono santa Barbara - san Vincenzo martire (compatrono) Giorno festivo 4 dicembre Localizzazione Mappa di localizzazione: Italia Paternò Posizione del comune di Paternò nella provincia di Catania Posizione del comune di Paternò nella provincia di Catania Sito istituzionale Paternò (IPA: [ˈpaˈteːrnɔː][2], Patennò in siciliano) è un comune italiano di 49.616 abitanti[1] della provincia di Catania in Sicilia. È il terzo comune della provincia per ampiezza demografica dopo Catania e Acireale, dista 20,4 km dal capoluogo di provincia (Catania)[3] e 183,7 km dal capoluogo di regione (Palermo)[3]. Indice [nascondi] 1 Geografia fisica 1.1 Territorio 1.2 Orografia 1.3 Idrografia 1.4 Flora e fauna 1.5 Clima 2 Storia 2.1 Età antica 2.2 Età medievale 2.2.1 Dai bizantini agli arabi 2.2.2 La dominazione normanna 2.2.3 Le dominazioni sveva, angioina ed aragonese 2.2.4 Linfeudamento della città 2.3 Età moderna 2.4 Età contemporanea 2.4.1 Dal Risorgimento alla Seconda Guerra Mondiale 2.4.2 Dal secondo dopoguerra ad oggi 2.5 Titolo 2.6 Simboli 2.6.1 Lo stemma 2.6.2 Il gonfalone 2.6.3 La bandiera 2.7 Onorificenze 3 Monumenti e luoghi di interesse 3.1 Architetture civili 3.2 Architetture militari 3.3 Architetture religiose 3.3.1 Architetture religiose sconsacrate 3.4 Altro 3.5 Siti archeologici 3.6 Aree naturali 4 Società 4.1 Evoluzione demografica 4.2 Lingue e dialetti 4.3 Religione 4.4 Qualità della vita 5 Cultura 5.1 Istruzione 5.1.1 Biblioteche 5.1.2 Scuole 5.1.3 Teatri 5.1.4 Musei 5.2 Media 5.3 Cinema 5.4 Cucina 5.5 Tradizioni e folklore 5.6 Miti e leggende 5.7 Personalità legate a Paternò 5.8 Cittadini onorari 6 Geografia antropica 6.1 Urbanistica 6.2 Quartieri 6.3 Contrade 6.4 Frazioni 7 Economia 7.1 Agricoltura 7.2 Artigianato 7.3 Industria 7.4 Commercio e servizi 7.5 Turismo 8 Infrastrutture e trasporti 8.1 Strade 8.2 Ferrovie 8.3 Autolinee 9 Amministrazione 9.1 Amministrazioni precedenti 9.2 Gemellaggi 9.3 Altre informazioni amministrative 10 Sport 10.1 Impianti sportivi 10.2 Società sportive 10.3 Manifestazioni sportive 11 Galleria fotografica 12 Note 13 Bibliografia 14 Voci correlate 15 Altri progetti 16 Collegamenti esterni Geografia fisica[modifica | modifica sorgente] Territorio[modifica | modifica sorgente] Paternò è un centro urbano di medie dimensioni situato nellentroterra catanese[4] e fa parte dellarea etnea. Il territorio comunale confina nella parte occidentale con Centuripe, in provincia di Enna, e nella parte meridionale con i comuni di Castel di Judica e Ramacca, appartenenti al distretto del Calatino. Il territorio è situato alle pendici sudoccidentali dellEtna, ha unaltitudine media di 275 m s.l.m., una superficie complessiva di 144,04 km²[5] ed una popolazione che sfiora i 50 000 abitanti. Il centro storico di Paternò si presenta delimitato da nuovi quartieri, tra cui quello satellite di ampie dimensioni dellArdizzone; il colle, che gli abitanti chiamano Collina storica, essendo la parte in cui vi sono concentrati i più importanti monumenti della città, nonché il suo nucleo originale e antico, fa anchesso parte del centro storico. A seguito dellordinanza emessa dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri entrata in vigore il 20 marzo 2003, e deliberata dalla Giunta regionale siciliana il 19 dicembre, la classificazione sismica attribuita al territorio del Comune di Paternò è quella di Zona 2 (sismicità media)[6]. Orografia[modifica | modifica sorgente] Dal punto di vista geomorfologico, il territorio comunale di Paternò è suddiviso in due aree ben definite, con i terreni di origine lavica nelle contrade verso le pendici dellEtna e i terreni di origine alluvionale lungo la Valle del Simeto e la Piana di Catania[7]. La città, invece, è racchiusa in una conca delimitata dallantico vulcano preistorico che fu il luogo dove sorse il primo nucleo abitato. Ubicate nella parte nordoccidentale del territorio comunale, le Salinelle, importante sito di interesse naturalistico. Idrografia[modifica | modifica sorgente] Una buona parte de territorio paternese ricade nel bacino idrografico del fiume Simeto. Il territorio, inoltre è caratterizzato dalla presenza di numerose sorgenti idriche, in quanto si incontrano gli strati lavici permeabili con quelli argillosi impermeabili, facendo fuoriuscire le acque provenienti dal bacino idrografico dellEtna. Le sorgenti più importanti sono Monafria, Maimonide e Currone[8]. Flora e fauna[modifica | modifica sorgente] Il territorio di Paternò presenta una scarsa presenza di boschi, ma ciò è dovuto principalmente al fatto che, grazie alla fertilità dei terreni, utilizzati per le coltivazioni, soprattutto quelle agrumarie[9], si è dedicato molto spazio allattività agricola. Clima[modifica | modifica sorgente] Dal punto climatico Paternò si presenta variabile a seconda della stagione: più mite di tipo continentale nel periodo invernale[10] e più torrido in quello estivo. È classificata quale zona climatica di tipo C[11]. Storia[modifica | modifica sorgente] Le origini del toponimo Sullorigine del toponimo «Paternò» nel corso dei secoli, vari studiosi hanno formulato diverse ipotesi su quale possa essere lorigine o il significato del nome della città etnea. Tra le ipotesi, sono degne di segnalazione quelle dello storico Gaetano Savasta (in Memorie storiche della città di Paternò, 1905), e del linguista Giovanni Alessio, che nei loro studi si sono orientati verso lipotesi di unorigine bizantina del nome. In particolare lAlessio sostiene che il nome di Paternò sia legato a quello del vicino centro di Adernò, anchesso di origine bizantina, e letimologia deriverebbe dalespressione in lingua greca ep-Adernòn, che significa «verso Adernò»[12]. Il Savasta, invece, ha formulato lipotesi che il toponimo abbia origine latina e che derivi da Paetram Aitnaion, il cui significato sarebbe «Rocca degli Etnei» (riferendosi allantico toponimo di Aitna). Ipotesi questultima simile a quella formulata nel XVI secolo dallo storico Leandro Alberti, per il quale il toponimo comparve sotto i Romani. Il geografo arabo Al-Muqaddasi, nella sua descrizione della Sicilia (scritta intorno allanno 988) denomina la città come Batarnù (una probabile corruzione del termine greco ep-Adernòn) e afferma che il toponimo era preesistente alla dominazione araba. In seguito alla conquista normanna (1061) il sito verrà quindi denominato Paternionis. Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Storia di Paternò. Età antica[modifica | modifica sorgente] Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Inessa e Hybla Gereatis. La frequentazione umana del territorio è attestata a partire dal Neolitico, mentre tracce di insediamenti risalirebbero alletà del rame e del bronzo[13]. La fondazione dellodierna città di Paternò viene fatta risalire allepoca anteriore a quella greca, su un sito di origine vulcanica, che fu probabilmente abitato fin dalletà di Thapsos[14]. In origine dovette trattarsi di un villaggio dei Sicani, i quali sarebbero stati successivamente cacciati dai Siculi, che vi si insediarono intorno al IV millennio a.C., sfruttarono il tipo di superficie per cavare dalle rocce i blocchi di lava ed estrarre gli utensili da lavoro e le macine, e vi costruirono edifici sulla parte sommitale del colle vulcanico[7]. Questo nuovo centro abitato assunse il nome di Hybla (Υβλα), che per distinguerla dalle altre città con lo stesso nome, fu chiamata Hybla Gereatis (o Hybla Major). Nella stessa epoca e nella stessa area, sorse probabilmente il villaggio di Inessa (Ινεσσα). A fare menzione di queste due località, fu lo storico greco Tucidide, il quale affermò persino che i due villaggi fossero di origine sicula e li collocò nella medesima zona[15]. Lodierno abitato di Paternò fu in passato identificato con una di queste due antiche città sicane: secondo il prevosto e storico locale Gaetano Savasta[16] sarebbe stato identificabile con Inessa, mentre larcheologo Paolo Orsi ipotizzò che si trattasse di Hybla, seguendo in questo alcuni studiosi seicenteschi, Filippo Cluverio (1619), Giovan Battista Nicolosi (1670)[17], e che Inessa corrisponda allodierno centro di Santa Maria di Licodia[18]. Le fonti sono frammentarie e mancano campagne di scavo sistematiche che consentano di risolvere la questione. Eppure un altro storico locale, il religioso Frà Placido Bellia, nel suo manoscritto dal titolo Storia di Paternò, che terminò nel 1808, vi attestò che nel suo convento furono rinvenute in uno scavo di ghiaia lara di cui sopra inciso Veneri Hyblensi e una lapide con scritta Paternò Hybla Major, documenti conservati al Museo Biscari di Catania[19]. Le due città sicule caddero in mano greca attorno al 460 a.C., quando furono assaltate dai Siracusani guidati dal tiranno Gerone I. Ad Inessa si rifugiarono numerosi profughi provenienti da Katane, e fu successivamente denominata Aitna (Αίτνα)[7]. Esse furono altresì coinvolte nelle guerre tra i Siracusani e gli Ateniesi, da questi ultimi devastate, ed in seguito dai primi riconquistate nel 403 a.C., quando al potere salì Dionisio il Vecchio: ad Aitna Dionisio inviò nel 396 a.C., truppe di mercenari campani al suo soldo, i quali compirono numerose stragi di popolazione, per aver questi favorito gli Ateniesi nel 415 a.C.[20]. Aitna e Hybla, assieme alle altre città della Sicilia orientale, furono successivamente liberate nel 339 a.C. dai Corinzi guidati dal generale Timoleonte, che eliminarono i campani. Tracce dellepoca greca a Paternò sono testimoniate da dei manufatti rinvenuti sulla rupe basaltica nel 1909, detti gli argenti di Paternò, che oggi si trovano al Pergamonmuseum di Berlino[21]. I due centri caddero in mano ai Romani intorno al 243 a.C., e fu linizio di una dominazione caratterizzata dallo sfruttamento delle loro risorse, dalla schiavizzazione degli abitanti e dalla fiscalità oppressiva: Aitna e Hybla, infatti, furono inserite nellelenco delle città decumane della Sicilia[22]. Allepoca romana risalgono resti di strutture quali lacquedotto[23] e il Ponte di Pietralunga. Età medievale[modifica | modifica sorgente] Dai bizantini agli arabi[modifica | modifica sorgente] Con la caduta dellImpero romano doccidente, si persero le tracce delle due antiche città di Aitna e Hybla: secondo il geografo Strabone i due villaggi siculi scomparvero attorno al II secolo a.C.[24]. Tra il IV e il V secolo d.C., la Sicilia passò sotto il dominio bizantino, e, secondo alcuni studiosi (Savasta ed altri), fu in quel periodo che nacque il nuovo toponimo di Paternò, anche se, in effetti, quello bizantino fu un periodo di declino politico ed economico che causò lo spopolamento del territorio, anche a causa delle continue scorrerie e attacchi di popolazioni barbariche e di saraceni. Dellepoca bizantina si hanno scarse notizie nelle fonti storiche, gran parte delle quali riportano scarne informazioni in merito allintenso processo di cristianizzazione che portò alla diffusione dello stile di vita monastico e alla costruzione di eremi, tra i quali, quello importantissimo di San Vito (dal VI secolo). Occupata dagli Arabi verso il 901, il borgo fu chiamato Batarnù[25] - che fu probabilmente unarabizzazione del termine greco ep-Adernòn - e amministrativamente fu integrata nel Val Demone. Grazie alla fertilità dei luoghi si assistette ad una costante ripresa delle attività agricole e pastorizie in tutto il territorio. La dominazione normanna[modifica | modifica sorgente] Ruggero dAltavilla Paternò fu uno dei primi centri dellisola liberati dalla dominazione araba ad opera dei Normanni, che vi giunsero nel 1061, ed il sito venne denominato Paternionis: iniziò un periodo di grande splendore civico ed economico. Il principale artefice dellimpresa, fu il condottiero normanno Ruggero dAltavilla, che dopo aver liberato Messina e gli altri borghi del Val Demone dal dominio musulmano, giunse con le sue truppe a Paternò. Blasone degli Altavilla Poiché Paternò fu uno dei centri meno islamizzati dal punto di vista etnico, e che la maggioranza della popolazione era di etnia greca, Ruggero vi fece costruire un castello nel 1072 come fortezza per attaccare Catania e le altre zone a maggioranza arabe[26][27]. La città divenne Contea, che lAltavilla diede in dote al genero Ugo di Jersey, ed il suo vastissimo territorio includeva diversi monasteri, specialmente benedettini: veri e propri feudi che amministravano le ricche risorse agricole del contado. Infatti, per la feracità dei suoi terreni e la ricchezza di fonti idriche, che rendono il suo territorio adatto alle colture, nel medioevo Paternò ricevette lappellativo di Civitas Paternio Fertilissima[28], o più semplicemente Civitas Fertilissima, ovvero città molto fertile. Il doppio matrimonio del 1089 tra il Conte Ruggero e Adelaide del Vasto e quello del fratello di costei, Enrico, con la figlia di primo letto del conte normanno, Flandina, stabilì unalleanza politica e militare tra gli Altavilla e gli Aleramici. A seguito di questultimo evento, la contea paternese passò di ai Del Vasto, dapprima con il già citato Enrico, a cui succedette nel 1137 il figlio Simone, ed infine nel 1143 il figlio di questultimo Manfredo, che fu lultimo conte aleramico di Paternò poiché non ebbe eredi legittimi[29]. Va inoltre segnalato che Flandinia aveva sposato in prime nozze Ugone di Circea da cui era rimasta vedova in età molto giovane e dal quale aveva avuto una figlia, Maria, che era Contessa di Paternò. Costei si ritiene abbia sposato Costantino I, Conte di Buccheri e figlio di Roberto dEmbrun, della Casa Sovrana di Barcellona e di Provenza, sceso in Sicilia al seguito del Gran Conte Ruggero. Costui, come si sa, è il capostipite della Casa siciliana dei Paternò[30], e si ritiene che la Casa Paternò di Sicilia abbia cambiato il suo cognome Barcellona in quello di Paternò, proprio perché Costantino I avrebbe sposato questa importante esponente della Casa Reale Normanna di cui ne avrebbe cognomizzato il titolo. Le dominazioni sveva, angioina ed aragonese[modifica | modifica sorgente] Suddivisione in quartieri etnici del colle di Paternò in epoca medievale Federico II di Svevia A seguito del matrimonio avvenuto nel 1186 tra la figlia del re Ruggero II di Sicilia, la principessa Costanza dAltavilla e limperatore Enrico VI, la contea passò sotto la dominazione sveva nel 1194, quando il sovrano germanico la concedette al normanno Bartolomeo de Luci[31]. Da quellunione, tra Enrico VI e la normanna Costanza, nacque il futuro imperatore Federico II, il quale affidò la città al controllo di Beatrice Lanza. Nel 1256 il re Manfredi di Sicilia concedette la signoria sulla città allaleramico Galvano Lancia, suo zio, al quale spettava il suo possesso per diritto materno[32]. Estintasi la dinastia sveva, con la morte di Manfredi e lo sterminio per ordine di Carlo I dAngiò nel 1268 di tutti i membri maschi della casa ed anche dello stesso Lancia ad essi fedele, Paternò, la cui signoria passò a Manfredi II Maletta, fu occupata dagli Angioini a seguito del tradimento compiuto dal Maletto nei confronti dei reali svevi, il quale offrì la città agli invasori[33][34]. Dopo la cacciata degli Angioini dallisola (1299), subentrarono gli Aragonesi. In epoca aragonese, nel 1302, Paternò fu inserita nella cosiddetta Camera Reginale che venne costituita da Federico III dAragona come dono di nozze alla consorte Eleonora dAngiò[35], poi ereditata dalle Regine che si susseguirono, sino alla sua abolizione. Nel 1348 la signoria di Paternò passò a Blasco Alagona, che governò la città sostenuto dal popolo nella sua lotta contro i Palizzi e i Chiaramonte. Alla morte di Blasco, la guida del governo della città fu assunta dal figlio Artale, che dimorò nel Castello. Passata al Regio Demanio nel 1396, il re Martino la assegnò nel 1403 alla sua seconda moglie, la regina Bianca di Navarra[36], che due anni più tardi codificò un sistema di norme civili denominato Consuetudini di Paternò. Linfeudamento della città[modifica | modifica sorgente] Il periodo di magnificenza di Paternò durò fino al XV secolo: nel 1431 il re Alfonso I dAragona vendette la città a Niccolò Speciale, poi ritornata alcuni anni più tardi al Regio Demanio e, infine, venduta definitivamente nel 1456[37] a Guglielmo Raimondo Moncada. Età moderna[modifica | modifica sorgente] Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Principato di Paternò. Stemma dei Moncada di Paternò Ritratto di Francesco I Moncada, primo principe di Paternò Con i Moncada la città venne infeudata e, seppur inizialmente furono buoni amministratori, ne causarono un lento ma inarrestabile declino. Poco più di un secolo dopo, da semplice feudo, Paternò divenne principato nel 1565 su investitura di Filippo II di Spagna, che nominò primo principe di Paternò, il conte Francesco I Moncada[38]. Lelevazione a rango di stato principesco, che diede quindi maggior prestigio e importanza alla città e agli stessi Moncada, favorì lafflusso di numerose famiglie nobili e borghesi provenienti dalle altre zone della Sicilia e dalla Spagna[39]. Di questo periodo è di notevole interesse storico unantica mappa prospettica di Paternò: un disegno ad inchiostro del Seicento scoperto recentemente, che inquadra la Collina e la città sottostante, coi suoi monumenti principali e con scene di vita quotidiana e di giustizia. In quel periodo Paternò, mutò quindi a livello urbanistico, e dopo il terremoto del 1693, la collina perse sempre più il suo ruolo di cuore della città in favore della parte bassa, in forte espansione demografica ed economica. Numerosi furono gli edifici religiosi eretti in città ad opera delle molte confraternite che vi operarono, in particolare nella parte bassa. Il dominio dei Moncada sul comune etneo si concluse nel 1812, anno di promulgazione della Costituzione siciliana, che assieme ad unuguaglianza in campo giuridico, allabolizione della tortura e del maggiorascato, prevedeva la cessazione dei diritti feudali. Età contemporanea[modifica | modifica sorgente] Giuseppe Garibaldi Uno scorcio della via Vittorio Emanuele nella zona delle Palme, alla fine del XIX secolo Piazza Indipendenza in una foto risalente alla fine dellOttocento Dal Risorgimento alla Seconda Guerra Mondiale[modifica | modifica sorgente] Nel corso della prima metà del XIX secolo, la popolazione paternese partecipò attivamente ai moti del 1820, 1837 e del 1848, scoppiati nella Sicilia borbonica. Il 17 maggio 1860 nella città etnea scoppiò unaltra insurrezione antiborbonica, che vide linnalzarsi del Tricolore. A Paternò i volontari di Giuseppe Garibaldi sconfissero un reparto dellesercito borbonico guidato dal colonnello Mella, e questa impresa consentì successivamente ai garibaldini di conquistare Catania[40]. Lo stesso Generale nel 1864 recò visita alla città, che lo accolse festante. Uno dei problemi principali della città tra fine Ottocento e inizio Novecento, fu quello di avere una vasta porzione di territorio infestata dalla malaria, per la vicina presenza del fiume Simeto[41]. Il problema venne gradualmente risolto con le prime bonifiche delle zone paludose nella Piana di Catania, avviate il secolo precedente ed attuate nel corso dei decenni successivi. La superficie agraria e forestale del paese poté quindi espandersi, e si arricchì così di agrumeti, fattore questultimo che attrasse le migrazioni di braccianti agricoli (detti «agrumari») provenienti dai comuni confinanti della stessa provincia e dai comuni rurali delle province di Enna e di Messina[42]. Il XX secolo a Paternò fu caratterizzato da momenti di alti e bassi dal punto di vista economico. Durante il Fascismo - tranne che nel periodo della Grande crisi - conobbe però un incremento della sua produzione agrumicola, in particolare a seguito delle politiche economiche autarchiche attuate dal regime di Benito Mussolini dopo le sanzioni del 1936, che favorirono la commercializzazione delle produzioni agricole locali, proteggendole dalla concorrenza straniera[43]. Nelle due guerre mondiali, il centro etneo pagò un grosso tributo a livello di vite umane. Se nella prima guerra mondiale furono circa 600 i giovani paternesi mandati sul fronte che persero la vita[44], fu soprattutto nel secondo evento bellico che si manifestarono gli eventi più disastrosi. Il pomeriggio del 14 luglio 1943, un pesante bombardamento compiuto dallaviazione anglo-americana distrusse l80% dellabitato e causò 2.320 feriti[45]. Ben più grave fu il bilancio dei morti sotto le macerie che fu di oltre 4.000 vittime[46]. I bombardamenti durarono fino al 3 agosto, con la ritirata dei militari tedeschi presenti nella zona, e la successiva occupazione della città da parte delle forze dellesercito inglese. Tuttavia non è comunque certo il reale numero dei morti civili durante il secondo conflitto mondiale a Paternò. Su questo dato si è soffermato il giornalista paternese Ezio Costanzo, storico contemporaneo, secondo il quale la cifra dei caduti sotto i bombardamenti indicata dalla storiografia ufficiale sarebbe eccessiva per quelle che erano allepoca le caratteristiche demografiche del paese e per le documentazioni sulla conta dei decessi fornite dal Comune al termine del conflitto. Costanzo ritiene infatti che i morti civili complessivi per cause belliche nella città etnea in realtà non furono oltre le 500 unità[47]. Dal secondo dopoguerra ad oggi[modifica | modifica sorgente] La ricostruzione post-bellica a Paternò fu inizialmente molto lenta. Tuttavia lo sviluppo urbanistico della città ha avuto una grande accelerazione negli anni sessanta-settanta del secolo scorso, periodo in cui la geografia urbana e stradale della città si è meglio definita secondo gli standard moderni e meglio adattata alle esigenze delle nuove classi emergenti della borghesia medio-alta, con la creazione di nuovi quartieri. Fino agli anni ottanta, la città è cresciuta notevolmente e spesso, in maniera disordinata, con numerosi casi di edilizia abusiva[48] che hanno deturpato il tessuto urbano. Lungo la direttrice nord, invece, dove lespansione si è svolta secondo il piano regolatore generale, si è sviluppato il quartiere Ardizzone (dal nome del feudo che comprendeva questi terreni), che presenta unelevata dotazione di servizi e, soprattutto, di verde pubblico[49]. Gli ultimi anni novanta hanno visto lo sviluppo delle più lontane periferie e la riqualificazione di alcune parti della zona centrale dellabitato, determinando uno spopolamento del centro storico passato dai 30.000 residenti del 1950 ai 18.000 del 1995[50]. Nel 2005 Paternò è andata alla ribalta delle cronache per la questione relativa alla realizzazione di un impianto per lo smaltimento dei rifiuti in contrada Cannicciola. La Regione sotto la presidenza di Salvatore Cuffaro e con il pieno placet dellamministrazione comunale, aveva inserito il sito di Paternò (nei pressi del Simeto e di unarea archeologica) tra quelli che avrebbero dovuto ospitare i quattro termovalorizzatori nel territorio siciliano[51]. A seguito di intense e continue manifestazioni da parte dei cittadini, per la stragrande maggioranza contrari alla realizzazione dellimpianto[51], tre anni più tardi, il governo regionale presieduto da Raffaele Lombardo, ha rimosso Paternò da quella lista[52], scongiurando il pericolo di un possibile inquinamento ambientale che avrebbe potuto recare danni alla salute della popolazione. Sul caso della costruzione del termovalorizzatore a Paternò, lo stesso Lombardo in una relazione tenuta poco dopo allAssemblea Regionale Siciliana fa chiari riferimenti a determinate personalità, ed afferma che limpianto, una volta realizzato, sarebbe stato gestito dalla società Altecoen che faceva capo al boss catanese Nitto Santapaola[53]. Titolo[modifica | modifica sorgente] Titolo di Città - nastrino per uniforme ordinaria Titolo di Città Paternò con D.P.R. del 9 febbraio 1983 ha ricevuto il Titolo di Città. Secondo alcuni documenti storici, però, il comune etneo ebbe lappelativo di «Città», già diversi secoli prima. In un diploma del 1473 dellarciprete Antonio De Rocco, Paternò è a quel tempo città, titolo che solitamente spettava alle sedi arcivescovili[54]. Fu altresì dichiarata «Città», il 22 luglio 1753[55]. Simboli[modifica | modifica sorgente] Lo stemma[modifica | modifica sorgente] Stemma di Paternò Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Stemma di Paternò. Lo stemma riconosciuto con D.P.R. del 10 giugno 1951 ha la seguente blasonatura: « Di azzurro alla torre al naturale, merlata alla ghibellina, aperta e finestrata del campo, fondata sulla campagna di verde, sostenuta da due ceraste dragonali, controrampanti doro. Ornamenti esteriori del Comune. » Il gonfalone[modifica | modifica sorgente] Gonfalone civico Il gonfalone civico è stato concesso con D.P.R. del 1º luglio 1952, esso ha la seguente descrizione: {{Citazione: drappo di colore azzurro riccamente ornato di ricami doro e caricato dello stemma comunale con liscrizione centrata in oro: Comune di Paternò. Le parti di metallo ed i cordoni sono dorati. Lasta verticale è ricoperta di velluto azzurro con bullette dorate poste a spirale. Nella freccia è rappresentato lo stemma del Comune e sul gambo inciso il nome. Cravatta e nastri tricolorati dai colori nazionali frangiati doro}} La bandiera[modifica | modifica sorgente] La bandiera cittadina è costituita da un drappo formato da due bande verticali di eguali dimensioni di colore rosso e azzurro, col rosso dalla parte dellasta. Onorificenze[modifica | modifica sorgente] Medaglia doro al valor civile - nastrino per uniforme ordinaria Medaglia doro al valor civile «Sottoposta a continui violentissimi e indiscriminati bombardamenti, terrestri ed aerei, che causavano la perdita di oltre quattromila cittadini e la distruzione di gran parte delle abitazioni, dava costante esempio di stoico coraggio e di nobile dedizione alla Patria. La popolazione tutta, con fierissimo contegno, resistette impavida, nonostante le più dure sofferenze, offrendo, pur negli orrori e dei disastri della guerra, la più ammirevole manifestazione di elevate virtù civiche e di generoso spirito di solidarietà. Paternò, 14 luglio-3 agosto 1943.» — Roma, 19 settembre 1972[56] Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Città decorate al valor civile. Monumenti e luoghi di interesse[modifica | modifica sorgente] Architetture civili[modifica | modifica sorgente] Ingresso e balcone principale di Palazzo Alessi, sede istituzionale del Comune di Paternò Palazzo Alessi Edificio sorto nel 1787 nel quartiere San Biagio, fu residenza della borghese famiglia Alessi. Divenuta un secolo più tardi, sede del municipio, fu in stato di abbandono per decenni. Recuperato di recente, oggi il palazzo ospita nuovamente la sede istituzionale e di rappresentanza del comune etneo.Il palazzo è caratterizzato da una lunga facciata dove fanno mostra diversi portali e balconi in pietra lavica lavorata.Molto interessante linterno con vasti salini dai soffitti dipinti,e un grande cortile che da sul retro,molto suggestivo. Palazzo Moncada Dimora patrizia, fu costruita nel 1627 ed appartenne alla potente famiglia siciliana di origine catalana che per oltre quattro secoli fu la feudataria della città.Sorge ai piedi della collina storica,addossato alla porta del borgo.La grande facciata in parte smembrata è arricchita da balconi e portali in pietra lavica e ringhiere in ferro battuto.Linterno è ricco di affreschi e stucchi settecenteschi. Portale Las Casas Un portale ubicato nel quartiere Falconieri, è ciò che rimane dellantico e seicentesco Palazzo Las Casas, che fu residenza della nobile famiglia paternese di origine spagnola, andato in rovina. Il Portale Las Casas mostra elementi architettonici interessanti, in particolare il mascherone che lo sormonta. Architetture militari[modifica | modifica sorgente] Il Castello Normanno Castello Normanno Monumento simbolo della città, venne fatto erigere nel 1072 dal Gran Conte Ruggero. In forma parallelepipeda, si presenta simile ai donjon francesi ed ai castelli inglesi fortificati nello stesso periodo[57], e in seguito fu più volte rimaneggiato, in particolare nei primi anni del XIV secolo. Subì opere di restauro nel 1900 e nel 1958, e con le sue dimensioni (24 x 18 x 34 m) è il più grande maschio edificato in Sicilia durante lepoca normanna[58]. Gli interni si trovano ancora oggi in buono stato di conservazione e al piano terra si conserva un cappella affrescata. Al primo piano si trova la sala darmi, illuminata da quattro bifore e al secondo piano una raffinata galleria illuminata da altre due bifore. Attraverso le scale intagliate nelle mura arriva fino alla terrazza superiore, da cui il panorama si estende sullEtna, sulla piana di Catania e sulla valle del Simeto. Porte di Paternò Al periodo normanno, risalgono le mura cittadine, che erano dotate di nove porte, di cui se ne conservano tre: la porta del Borgo, la porta Lentini o del Pertuso e la porta della Ballottola. Torre dei Falconieri Costruita in età medievale, la Torre dei Falconieri fu probabilmente un avamposto di guerra utilizzato dai falconieri, ai quali deve la sua denominazione. Dal XVII secolo funge da torre campanaria della Chiesa della Madonna dellItria. Architetture religiose[modifica | modifica sorgente]
Posted on: Sat, 30 Nov 2013 18:55:33 +0000

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