Pordenonelegge: a scuola di democrazia Come davanti a una mensa, - TopicsExpress



          

Pordenonelegge: a scuola di democrazia Come davanti a una mensa, imbandita con piatti prelibati, appare difficile la scelta fra tanti colori e sapori, così a Pordenonelegge il lettore deve decidere quali eventi seguire: bisogna operare inevitabilmente delle esclusioni, ma quello che conta è costruire delle mappe personali all’interno dei tanti temi e seguire la rotta stabilita. Quest’anno ho assecondato il vento scandito dall’incipit del festival e dalla lectio magistralis di Sergio Romano, firma illustre del giornalismo italiano, che ci ha regalato una lezione su “ La democrazia e i suoi nemici”. E’ stato un inizio realistico e privo di speranza, perché, come un chirurgo dalla mano ferma, il professore ha scelto di affondare il bisturi nella cancrena di un mondo globalizzato in cui la fine delle ideologie sembra sfociata in un potere finanziario senza frontiere. “ Le democrazie sono infelici, insoddisfatte di se stesse, inceppate, incapaci di affrontare e risolvere i problemi”…. E non penso sia necessario ricordare le ragioni dell’infelicità italiana, dove una larga percentuale dell’elettorato oscilla fra due tentazioni: voltare le spalle alle urne o votare un movimento populista che denuncia i vizi del sistema ma non offre rimedi convincenti.” La mattinata era cominciata con ben altre speranze, con le parole di Carlo Sini, accademico dei Lincei, che aveva spiegato al folto pubblico l’importanza della Divina Commedia nella rivoluzione culturale del Medio Evo. “ La Divina Commedia è la storia di una redenzione, nella quale agiscono persone piccole e grandi, tutte uguali di fronte all’Eterno, perché tutti hanno diritto di comparire sul piano della storia universale. Così i protagonisti non sono più gli eroi del mondo pagano, ma i destinatari di una salvezza concepita per tutti”. Quell’opera, scritta nella lingua materna, cioè in volgare, rappresenta il primo esempio di cultura di massa, la prima democrazia del mondo occidentale, il poema fondante della nostra civiltà. Il viaggio di Dante agli inferi riappare nelle terzine di Tommaso Cerno, giornalista e scrittore, che mi porta fra le bolge dell’inferno contemporaneo dove il “maestro savio e gentil” non è più il poeta Virgilio, ma Giulio Andreotti e il ruolo principale è affidato a capitan Schettino.: prototipo di una classe politica egoista ma anche di tanti elettori italiani, viene condannato a un eterno naufragio, nonostante la vigile presenza di Cristoforo Colombo che cerca di infondergli il coraggio dei navigatori del passato. Non voglio accettare solo disastri e allora non mi resta che proseguire. Mi dirigo da Massimo Recalcati che presenta il suo libro “ Il complesso di Telemaco”. Telemaco è il figlio di Ulisse, partito alla ricerca del padre, ma è anche l’icona del figlio che oggi attende un nuovo incontro, sempre rinviato, in una notte dei Proci che è la nostra notte. Sta ai figli portare avanti il viaggio, diventare eredi dei padri, imparando che si è eredi se non si scade nè nella clonazione né nella rottamazione. Nel panorama della politica italiana, secondo Recalcati, servono i giovani, servono tanti Telemaco che portino una voce nuova insieme alla consapevolezza che la notte dei Proci si sconfigge con la solidarietà e non con il narcisismo.( Ogni riferimento al giovane Matteo Renzi è puramente voluto!) La commozione dello psicanalista che ricorda la svolta nella sua vita, quando una giovane insegnante, in un severo completo grigio, gli svelò un mondo nuovo, aprendo la porta della poesia, è il primo spiraglio di luce. La rotta diventa più chiara, segnata dalle parole del drammaturgo spagnolo Fernando Arrabal, che affida all’arte e alla cultura il compito di cambiare il mondo, seppure da una prospettiva particolare: dal segreto delle catacombe. Con humor e sottile ironia, guardandoci attraverso un improbabile paio di occhiali rossi con lenti a forma di cuore, ci ricorda che “ la rivista Times non ha mai inserito un filosofo, un drammaturgo, un romanziere o un poeta fra le persone più influenti del mondo”. Arrabal ha appreso il suo compito immaginifico da una suora che lo accolse bambino, insegnandogli a scrivere, a leggere, ma soprattutto ad amare. La cultura resta il vero antidoto per non smarrirsi lungo la via e allora il mio viaggio può ritenersi concluso, perché se è vero che “i barbari non sono più alla porta, ai confini, sono già entrati, sono tra noi”, è anche vero che “ la nostra civiltà non si difende rimpiangendo il buon tempo antico, bensì costruendo un futuro migliore” ( Martin Amis). Liviana Covre
Posted on: Tue, 24 Sep 2013 07:08:53 +0000

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