RIFIUTI URBANI E RIFIUTI UMANI Ecologia della vita Nel suo ultimo - TopicsExpress



          

RIFIUTI URBANI E RIFIUTI UMANI Ecologia della vita Nel suo ultimo libro Bon pour la casse. Les déraisons de l’obsolescence programmée (Paris, Les liens qui liberent, pagine 138, euro 13) l’economista Serge Latouche lancia un inquietante allarme: è lo stesso consumismo a incrinare le basi dell’economia; il consumismo che per sopravvivere deve creare bisogni inesistenti, deve generare una spesa pubblica senza limiti e far passare «da una concezione di vita basata su sobrietà ed economia a una basata sulla soddisfazione immediata»; che deve sfruttare in crescita esponenziale ambiente e risorse fino all’esplodere delle crisi. È bene riprendere queste parole in occasione della Giornata per la vita: ci si riflette poco, ma considerare l’ecosistema come un oggetto da usare e gettare a piacere, in barba alla salvaguardia della biodiversità, e considerare la vita umana come qualcosa da “usare ” e “sfruttare ” solo quando ha certe qualità, vanno spesso di pari passo. In questo clima utilitaristico che genera attentati alla vita, si capisce che la difesa della vita deve iniziare contrastando la mentalità che respiriamo, dove il debole viene ridotto a “c o n s u m a t o re ”, come nella visione mercantile dell’economia, o a “non-persona”, come in una certa bioetica utilitarista. E la società in cui viviamo è alla base utilitarista: pronta a dare il dovuto valore a cose e persone ma solo se ne può trarre profitto o una utilità qualsiasi. La “società del rifiuto” consuma e scarta, finisce per farlo con le stesse persone e non può che diventare autodistruttiva. «La società sviluppata — scrive Latouche — si basa sulla produzione massiccia di rifiuti, ovvero su una perdita di valore e una degradazione generalizzata tanto delle mercanzie che degli uomini». Non a caso dopo aver parlato di obsolescenza delle merci, il libro parla di «obsolescenza dell’uomo», cioè di perdita di utilità e di significato della persona umana. Ridurre gli individui utilitaristicamente a consumatori è un problema addirittura per la medicina, come scriveva Wolfram Henn sul «Journal of Medical Ethics» del 2000 parlando di «consumismo nella diagnosi prenatale», o come spiega il «Journal of Intellectual Disabilities» del giugno 2012 parlando di un’illusoria utilità del mondo consumista per chi non è “normodotato”. E nella prima era in cui l’uomo produce in maniera irresponsabile ed eccessiva rifiuti, è significativo l’allarme del sociologo Zygmunt Bauman secondo cui la società consumista accanto ai rifiuti urbani produce “rifiuti umani”, entrambi assimilati da una presunta “inutilità”, la ragione d’essere dei primi essendo il venir consumati e quella dei secondi il consumare (“Consumo dunque sono”). L’arte può essere d’aiuto per meglio comprendere questo scenario; il cinema a volte ha ben dipinto l’umanità trattata come un “prodotto”: sin da Tempi Moderni di Chaplin, fino a Si può fare di Giulio Manfredonia, in cui si descrive il fiorire di una cooperativa di disabili (gli “scarti” della società) che creativamente utilizzano gli scarti della produzione industriale per creare arredamenti; o fino a Non lasciarmi di Mark Romanek, che descrive un mondo in cui vengono creati in laboratorio esseri umani come fornitori di pezzi di ricambio per persone ricche. Insomma, senza rispetto per la vita non si ama l’ambiente e il bene dell’uomo, e senza un amore che comprenda ambiente e scelte sociali a favore di chi ha bisogno, la difesa della vita resta zoppa. Invece scelta per la vita e scelta per l’uomo vanno di pari passo; non a caso laici e credenti si sono incontrati fianco a fianco in alcune lotte contro le manipolazioni genetiche o contro la brevettabilità degli esseri viventi, incontro che potrebbe continuare in tanti altri ambiti dell’alba e del tramonto della vita. Non è un incontro impossibile. Avverrà o perché le persone sono state colpite dai disastri ecologici prodotti dall’utilitarismo mercantile, o perché — in una visione più profonda — hanno recepito le parole profetiche dell’Apostolo: «ogni creazione di Dio è buona e nulla va rifiutato» (1 Timoteo, 4, 4). Ma è inevitabile che ci si incontri sulla strada del bene reale e completo dell’uomo. Carlo Bellieni 3 febbraio 2013
Posted on: Mon, 07 Oct 2013 19:56:55 +0000

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