Renzi “Vanity Fair”: perché il Lab non di sinistra che - TopicsExpress



          

Renzi “Vanity Fair”: perché il Lab non di sinistra che condivide la “sinistra” secondo Matteo non può più sostenere il tronista Matteo. Ho letto con attenzione la lunga intervista del divo Matteo a “Vanity Fair”, che oggi pomeriggio vi trascriverò integralmente. Voi non ci crederete, ma leggendola potrete trovare ben tre autorità: il sindaco di Firenze, il Presidente della Repubblica e il Papa. Proprio così, care amiche e cari amici del Lab. Ma non nel senso che potete immaginare: e cioè un Matteo Renzi che esalta le figure di Giorgio Napolitano e Papa Francesco. Magari fosse così. In questa intervista possiamo “godere” di un Dio della politica uno e trino, Padre, Figlio e Spirito Santo. Cioè possiamo “goderci” lo spettacolo di un divo Matteo che si autocelebra come sindaco di Firenze, lancia appelli alla Nazione in salsa presidenziale e diffonde la catechesi in stile francescano. “Godere”. Potremmo godere di questi effetti se effettivamente il divo Matteo avesse la caratura di Giorgio Napolitano o di Papa Francesco. Potremmo goderne anche se il divo fosse in corsa per il Quirinale o per il Soglio che fu di Pietro. La realtà, tuttavia, è ben diversa: Renzi sta disputando una gara per entrare in via Sant’Andrea delle Fratte, n. 16, a Roma. Anche se ha già annunciato che lì, nella sede romana del Pd, metterà raramente piede. Comunque, piede o non piede, Renzi è un amministratore locale che si appresta a diventare segretario di un partito. Dunque, il suo pane quotidiano non possono essere né i messaggi presidenziali alla nazione, né le encicliche papali. Ma più umilmente, dovrebbe essere un programma politico. Un programma che possibilmente contempli le medicine da somministrare al paziente Pd e al paziente Italia. E non una semplice copertina, composta di slogan e frasi fatte, che si limiti a elencare i malanni, che già tutti conosciamo. Ma questo programma dovrebbe anche essere di sinistra. E non un (non) programma arcobaleno. O se preferite quattro stagioni. Ovvero non un (non) programma che pretenda di soddisfare tutti i palati. Perché, non dimentichiamolo, Renzi non sta concorrendo per la premiership del Paese, ma per la segreteria di un partito che, fino a prova contraria, almeno fino allotto dicembre, cerca di essere di sinistra. E comunque mai di destra. Già, fino allotto dicembre. Ma dal nove dicembre come sarà il Pd targato Renzi? Sarà un partito destrutturato, ma soprattutto snaturato. Sarà un centro di prima accoglienza per leghisti, berlusconiani, moderati, centristi, cattolici, laici. O se preferite, la casa più amata dagli italiani di destra, centro e (forse) sinistra. Questa è l’operazione tanto ambiziosa quanto ardita che Renzi sta cercando di portare in porto. Dal 9 dicembre il Pd targato Renzi sarà un partito snaturato di sinistra. Sì, ma di “sinistra” come la intende Renzi. Che è la stessa idea di “sinistra” che hanno tutti coloro che di sinistra non sono mai stati, tutti coloro che non sono mai cresciuti in una cultura di sinistra, come il sottoscritto. Ma che non possono certamente condividere gli iscritti, i simpatizzanti e gli elettori del Pd che di sinistra sono sempre stati, e che per questo motivo dovrebbero essere seriamente preoccupati. Nellintervista a “Vanity Fair”m Renzi dice chiaramente che cosa significhi per lui essere di sinistra oggi. Anzitutto significa abbassare le tasse. In America essere di sinistra significa alzare le tasse? Non importa, ribatte il sindaco: «In Italia essere di sinistra vuol dire abbassarle». Wow. E ancora: «Per me la sinistra è l’ambiente».Meraviglioso. «La sinistra è un giardino per le mamme. È un ambiente a misura d’uomo». Magnifico. «La sinistra è l’investimento in cultura, sono gli asili nido. Sinistra vuol dire dimezzare il numero dei politici per raddoppiare il numero delle biblioteche e degli asili nido». Splendido. «Sinistra è l’innovazione tecnologica, è la digitalizzazione, è il cambiamento». Fantastico. Ma essere di sinistra per Renzi significa anche accusare la sinistra tradizionale di avere la puzza sotto il naso. «La sinistra ha avuto la puzza sotto il naso, ha pensato di essere superiore, e quindi di non aver bisogno di andarsi a riprendere voto per voto, casa per casa». Quante volte l’ho ripetuto in questi ultimi mesi? Significa pure ammettere che «la sinistra ha contestato Berlusconi più come persona che non come politico. Capisco che venga naturale contestare la persona. Però la verità che bisognerebbe dire è che Berlusconi ha cambiato l’Italia molto di più con le sue Tv che con le sue leggi». Altra musica per le mie orecchie. Quante volte ho ripetuto questo concetto in questi ultimi anni? E per lo stesso motivo quante volte ho criticato aspramente Bersani e i bersaniani? Ma essere di “sinistra” significa anche attaccare i sindacati, dicendo: «Che senso ha avere tre sindacati più tutti quelli autonomi?». Se ci pensiamo bene, però, amiche e amici del Lab, questi concetti sui quali io mi sono sempre battuto sono anche gli stessi che, fino allo scorso febbraio, erano aspramente osteggiati dai sostenitori di Bersani. Anche da coloro che ora amano Renzi. È evidente, quindi, che la sinistra proposta da Renzi, che io sostengo apertamente, non è la sinistra autentica. È uno specchio per le allodole. Dove le allodole, in questo caso, sarebbero proprio gli elettori della sinistra autentica. Quindi, la sinistra che Renzi propone, è la sinistra che piace a chi di sinistra non è mai stato. Come, appunto, il sottoscritto. Inutile negarlo. Inutile far finta che non sia così, prendendo in giro chi veramente di sinistra è. Per quale motivo, allora, io che ho sempre sostenuto Renzi sin dai suoi esordi, non continuo ad appoggiarlo anche adesso, a maggior ragione che continua a proporre concetti di “sinistra” non di sinistra? Per lo stesso motivo per cui non ho mai potuto sostenere Berlusconi, anche se condividevo diverse idee del programma di centrosinistra, così come altre del programma di centrosinistra. Vale a dire l’eccessivo populismo, l’eccessiva demagogia e l’eccessivo semplicismo con cui l’ex premier ha sempre affrontato i problemi dell’Italia. Oltre che l’ostinata tendenza a trasformare la politica in un puzzle di frasi fatte e slogan mediatici, sempre accompagnati dai riferimenti alla sua precedente esperienza imprenditoriale. Ebbene, amiche e amici del Lab, il protagonista dellintervista a “Vanity Fair” si scrive Renzi, ma si legge Berlusconi. Mi spiego. Il sindaco di Firenze esordisce con uno slogan: L’Italia è in difficoltà, ma ce la farà perché è la manifattura d’Europa. Basta alzare l’asticella dell’ambizione collettiva e diventare capaci di risolvere i nostri problemi: burocrazia, tasse, evasione fiscale, giustizia”. Un passo del Vangelo secondo Matteo di una pochezza disarmante di fronte al quale chiunque, di sinistra o di destra non importa, dotato di un pizzico di buon senso non può che fare questa considerazione: “Ha scoperto l’acqua calda, Renzi. Non ci voleva lui per dirci che se diventiamo capaci di risolvere i nostri problemi, l’Italia tornerà a camminare. Tutti lo sappiamo. Il problema vero è come riuscirvi. Questa è la più grande difficoltà”. Ebbene, io che ho fatto questo ragionamento, mi sono sentito un emerito coglione dopo aver letto la prosecuzione di questo passo del Vangelo: «Il guaio è che abbiamo un’ambizione molto bassa e l’incapacità di risolvere i nostri problemi: burocrazia, tasse, evasione fiscale, giustizia. Basterebbe così poco per rimettere in moto il Paese». In poche parole, quello che per me è estremamente complicato, cioè risolvere i problemi cronici dellItalia, per Renzi è una cazzata. Lo so, penserete che io lo stia sfottendo. Ahimè, non è così. Renzi ha proprio dichiarato questo. Tanto che al giornalista che, facendo notare come di questi problemi si parla sin da quando era bambino, gli domanda: “Pensa davvero che basti poco per cambiare?”, Renzi ribatte: «Assolutamente sì». E rilancia: «Io non dico che debba cambiare tutto: io dico che dobbiamo cambiare tutti. A partire dai politici». Ebbene, io quanto ho letto queste sue affermazioni ho visto in lui Berlusconi. Ho visto in queste parole l’eccessiva sicurezza del Cavaliere nelle proprie forze e il suo straordinario potere di convincerci che potesse essere nero anche ciò che in realtà era in tutta evidenza bianco. In questo «basta così poco» di Renzi, cioè, ho rivisto il Berlusconi del 1994, quando ci illudeva che il compimento della grande rivoluzione liberale che stava promettendo fosse un giochetto da ragazzi. E ho rivisto il Berlusconi degli anni successivi quando, nonostante la prima esperienza di governo fallimentare, continuava a prometterci la stessa rivoluzione dicendo che sarebbe bastato poco per realizzarla: conquistare la maggioranza del 50 per cento più uno in Parlamento. Tutti abbiamo visto come è andata a finire. Preso atto che per Renzi guarire il paziente Italia è molto semplice, quali sono le cure che intende somministrare agli italiani per accrescere l’ambizione collettiva e trasformare in capacità la cronica incapacità di risolvere i problemi? Non pervenute. Nel senso che il sindaco di Firenze, più che medicine, anche in questa intervista continua a ripetere slogan tesi a compiacere la destra, la sinistra e tutti gli italiani incazzati. In poche parole non dà ai pazienti una medicina, ma semplicemente si limita a dire ciò che a loro fa piacere sentirsi dire. Quindi: «A dieta la politica, poi la burocrazia». Vale a dire: l’abolizione delle province, del Senato e della metà delle poltrone nei consigli regionali, nelle giunte, nelle aziende partecipate; la riduzione del potere delle forti categorie di settore («le corporazioni sono forti se la politica è debole»); la riduzione, come accennato in precedenza, delle tasse e del numero dei sindacati, oltre che una maggiore trasparenza dei loro bilanci e un maggior potere agli iscritti; la riduzione delle tasse; l’eliminazione degli intrecci tra giornali, banche e imprese («Se fai l’editore fai l’editore, se fai la banca fai la banca»); la riforma radicale del mercato del lavoro sullesempio tedesco («La Germania è un modello»); la semplificazione del mercato del lavoro («Non solo abbiamo tre sindacati confederali e decine di sindacati autonomi: abbiamo 2.146 articoli di diritto del lavoro»). Sempre le persone dotate di un minimo di buonsenso, mi farebbero dotare che, da quello che ho scritto, almeno due cure, Renzi, le ha somministrate. Vero: la scopiazzatura del modello tedesco per quanto riguarda il mercato del lavoro e la sua semplificazione attraverso «50, 60, 70 articoli scritti con chiarezza in italiano e in inglese». Un po’ poco. Molto poco, direi. Per esempio, sentite come risponde alla domanda Che cosè oggi una posizione di sinistra sullimmigrazione?. «Trovo ridicola l’idea della Lega, e anche di Berlusconi, di giocare sulla paura. Della tragedia di Lampedusa mi restano in mente i morti numero 288 e 289, una mamma trovata con il neonato che aveva appena fatto, c’era ancora il cordone ombelicale, ha partorito negli ultimi minuti della sua vita. Una donna così, che rischia la vita con il suo bambino, secondo loro non viene in Italia perché c’è la Bossi-Fini? Ma che vergogna». In altri termini, ha risposto senza dire nulla. Criticando la Bossi-Fini, ma guardandosi bene dal dire che cosa deve proporre la sinistra sul fronte immigrazione. Dunque, anche sotto il profilo delle cure, Renzi è identico al Cavaliere. E, attenzione, lo è non soltanto perché rievoca il suo celeberrimo “Ghe pensi mi”. Lo è anche per il fatto che non perde occasione per autocelebrarsi come amministratore locale. Renzi parla di corporazioni o di riduzioni dei costi della politica? Bene, ogni volta ci propone il messaggio rassicurante. “Fidatevi di quello che vi dico sulla base di quanto sono riuscito a fare a Firenze”. Che è lo stesso messaggio che ci ha proposto Berlusconi in questi ventanni, quando ci diceva di fidarsi di lui, sulla base della sua esperienza vincente di imprenditore. I più maliziosi possono replicare: “Beh, ma l’esperienza di imprenditore non c’entra nulla con quella di sindaco”. Verissimo. Ma è altrettanto innegabile che essere un buon sindaco non è condizione sufficiente per rivelarsi un buon segretario di partito e un buon premier. L’esperienza da amministratore rappresenta senza ombra di dubbio un vantaggio rispetto a chi proviene da altri mondi, ma certamente non può rappresentare una garanzia di fiducia e successo. Esattamente come per l’imprenditore o qualunque altra figura non politica. Ecco, amiche e amici del Lab, questi sono i motivi per cui non posso continuare a sostenere Matteo Renzi. Nonostante condivida quanto propone. Nonostante proponga una “sinistra” non di sinistra nella quale io, non di sinistra, mi riconosco appieno. In realtà, cè un altro motivo per cui non riesco più a digerire il sindaco, anche se minoritario rispetto a quanto sinora espresso: il suo continuo atteggiarsi. Basta guardare le foto che accompagnano l’intervista. Non ho mai sopportato, e chi mi conosce lo sa, le persone che si atteggiano da “fighe”. Non riesco a sopportare le persone atteggiate che possiamo incontrare ogni giorno per strada, figurarsi se posso mai sopportare i fighi della politica, a maggior ragione se in lizza per guidare il mio Paese. Giammai. Per questo, le foto che ritraggono un Renzi oltremodo atteggiato mi hanno suscitato un solo sentimento: SCHIFO. Ma anche una profonda tristezza. Trovo, infatti, davvero desolante che un politico con sogni da statista, pur di conquistare le attenzioni degli italiani, anche di quelli lontani dalla politica, accetti di farsi riprendere in simili atteggiamenti. Neanche i veri modelli e i veri attori, quando intervistati, osano tanto. Anzi, la maggior parte si mostra nella massima semplicità. A meno che non si tratti di tronisti. Sempre assetati di gloria. Proprio come il divo Matteo.
Posted on: Thu, 21 Nov 2013 15:38:56 +0000

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