Ricevo e pubblico perchè condivido lanalisi: Nonostante il - TopicsExpress



          

Ricevo e pubblico perchè condivido lanalisi: Nonostante il tanto parlare da parte di tutti - mass media, istituzioni, forze politihe e sociali - quanto avvenuto e sta avvenendo nella “terra dei fuochi” e più complessivamente in Campania sui rifiuti tossici e nocivi, ha oggi solo ed esclusivamente due contrapposte certezze: la dimensione di una epocale catastrofe e la nascita di un incommensurabile movimento di denuncia e di proposta, capace di coniugare attentantamente associazioni, gruppi, comitati, collettivi, forze sociali e mobilitare centomila e più persone per la riqualificazione e la rinascita delle terre avvelenate. E’ questo un fatto straordinario - per chi ha vissuto entrambi gli avvenimenti - della stessa valenza della manifestazione nazionale a Roma per il no al nucleare ai referendum del 1987, dopo la catastrofe di chernobyl; un fatto straordinario, inimmaginabile fino a qualche anno fa, di una crescita immensa, della sensibilità e della coscienza di tantissime persone, giovani e non, per le grandi questioni non solo della salute, che è stato il punto di partenza, ma del valore della terra, dell’ambiente, della Natura. Contrapposto a tale realtà, tuttora il vuoto sia sul percorso per conoscere realmente fino in fondo quanto avvenuto, la dimensione della catastrofe, le responsabilità immani di tanti soggetti, istituzionali, politici, economici e sociali e sia sul percorso per attivare soluzioni e risorse. E’ incredibile, ma ancora oggi la comunicazione sul passato e sulla situazione attuale è gestita direttamente da chi è stato tra i principali - assolutamente non solo come cercherò successivamente di evidenziare - responsabili della catastrofe; le istituzioni restano totalmente al rimorchio di quello che il pentito, divenuto vera, ricercata star dei mass media, racconta. E naturalmente il racconto, denso certo di fatti realmente avvenuti, non è neutrale, senza cioè interessi e scopi. Avviene ciò per incapacità o per scelta “strategica”, o per l’una e l’altra ragione, è tutto da capire. Certo il pentito è oggi fondamentale per contribuire a conoscere i luoghi e la natura e la entità delle sepolture dei veleni, gli intrecci e la ragnatela della corruzione, ma non è certo necessario oggi, come non lo era ieri, per scoprire e arrestare da lungo tempo il percorso malavitoso che ha portato alla attuale catastrofe. Naturalmente altri fatti possono esservi e sfuggire da questo mio contributo, ma partiamo da incontestabili certezze; e partiamo perciò dai fatti del 1993. In tale anno la regione Campania approvò la legge regionale n. 10 (BURC - 3 Marzo 1993) “Norme e procedure per lo smaltimento dei rifiuti in Campania”. Il contenuto e l’approvazione di tale legge costituirono l’eccezionale risultato sia delle incalzanti iniziative delle associazioni ecologiste, Lega per l’Ambiente e la nascente VAS in primo luogo, sia delle durissime interrogazioni e degli interventi miei (quale Consigliere Regionale Verdarcobaleno), ma assolutamente non solo, in Consiglio regionale, conseguenti alla vera esplosione sui mass media di Campania “pattumiera d’Italia” e alle iniziative della Magistratura. La legge, per l’anno in cui fu fatta, era certamente la più avanzata in Italia e in Europa, fondata sulla filosofia del “recupero” del > e del > quale > fino all’obbiettivo già nel 1995 del 50%, dettava le regole per bloccare i carichi di veleni provenienti da altre regioni, dava direttive per la progressiva riduzione e il miglioramento della qualità dei rifiuti speciali e/ o tossici e nocivi interni alla regione oltre che per la loro denuncia e conoscenza, e imponeva i controlli, il censimento e la bonifica delle aree avvelenate, proprio come oggi lo fa FiumeinPiena. Cioè, detto terra-terra, se essa fosse stata attuata, la immane attuale catastrofica situazione non si sarebbe verificata perché nulla più si sarebbe potuto illegalmente sversare e perché il precedente sarebbe stato bonificato; contestualmente una montagna di rifiuti alta come il Vesuvio - calcoli reali- non sarebbe andata a discarica o bruciata e tutta la emergenza rifiuti, che tanto male ha fatto a Napoli e alla Campania, non si sarebbe verificata. Dal 1993 in poi la lettura e la ricerca della verità della tragedia dei rifiuti in Campania non possono non partire che da questo fondamentale dato: perché la legge 10 non fu attuata, quali forze si mobilitarono e quali alleanze si formarono contro di essa? Ed è veramente semplicistico e superficiale, ma soprattuto estremamente funzionale a mascherare enormi responsabilità, identificare nella “camorra” il solo, principale, nefasto soggetto responsabile. Sin da quando ho capito - con il commissariamento della Regione da parte del Governo Centrale per gli RSU ed assimilati, nonostante le più dure proteste possibili in Consiglio Regionale e lettere al Presidente del Consiglio in cui si esponeva il presagio di tutto quanto poi tragicalmente verificatosi - che la legge 10 non sarebbe stata mai e poi mai applicata per le fondamentali conseguenze che vi sarebbero state, ho sempre avuto una mia teoria: la esistenza di un “patto” (concordato o sotteso naturalmente è difficile a dirsi) ed una conseguente “mobilitazione” di carattere nazionale, oltre che naturalmente regionale, politica, economica, ed anche sociale contro l’attuazione della legge perché il sistema dello smaltimento illecito dei rifiuti tossici e nocivi era “necessario” e “funzionale” e perciò non solo accetto ma gradito e ritenuto essenziale da importante parte del sistema produttivo italiano, principalmente del Centro- Nord, che sarebbe andato in enormi difficoltà se esso fosse sparito. Questa mia teoria trova totale riscontro nella desecretazione oggi delle audizioni e delle inchieste parlamentari degli anni successivi; perché non solo le drammatiche cose che emergevano furono tenute nascoste ma soprattutto perché non si è mai intervenuto per rimuoverle? La sola plausibile risposta sembra essere solo nella mia predetta teoria. E ancora oggi non si intende far venire fuori la verità; le stesse inchieste, prendiamo quelle delle Jene, si beano, direbbe Totò, nella descrizione del pentito che descrive i luoghi e genericamente i contenuti dei misfatti, ma si continua a presentare il tutto come se i micidiali rifiuti fossero stati prodotti dalla camorra e che fosse stata conseguentemente una sua necessità, quella di liberarsene! Con tale impostazione si elude il cuore vero della questione e cioé la natura sistemica del processo malavitoso che ha acompagnato lo smaltimento, che parte dalla volontà di titolari di aziende o loro rappresentanti di liberarsi illegalmente dei rifiuti, nonostante l’estrema loro periolosità, di chiamare, conoscendone bene la identità, la disponibilità e la organizzazione, la camorra per fare ciò, pattuendo prezzi e modalità, passando per la organizzazione logistica e territoriale del sistema di trasporto, di falsificazione della documentazione di accompagnamento, di acquisizione della disponibilità concordata o minacciata dei proprietari o usufruttuari dei suoli della sepoltura, per arrivare alla garanzia della sicurezza e della protezione politico-istituzionale a tutto il sistema di smaltimento in ogni sua fase. Tre sono cioè le potentissime forze (naturalmente assolutamente non generalizzabili) che hanno generato, con pari responsabilità, la catastrofe: il sistema politico-istituzionale (la parte degradata dello Stato) , la criminalità organizzata, il mondo della impresa. Se cioè l’organizzazione malavitosa dello smaltimento è stato il braccio operativo, il mandante è stato certamente quella parte degenerata del mondo della impresa che anziché attivare processi di risanamento dei cicli produttivi e percorsi chiari per i suoi rifiuti ha scelto la via della illegalità e dell’aggressione violenta alla salute e all’ambiente. Ed è chiaro che ciò è avvenuto nella piena consapevolezza delle potenziali catastrofiche conseguenze: se ci si libera tramite la malavita organizzata di fusti di diossina, di scorie nucleari, di mantelli di asbesto, di fanghi e ceneri pesanti, di infiniti altri micidiali prodotti, si sa bene che la soluzione finale per il loro smaltimento è il sotterramento con le conseguenze tragiche, purtroppo verificatesi. Siamo davanti a criminali della stessa entità, forse sul piano morale anora di più, della criminalità organizzata che vanno individuati e processati. E ciò è ancora possibile sia dalla identificazione del materiale dissotterrato per arrivare alla fonte sia chiedendo a chi racconta tanti fatti di dire la provenienza dei rifiuti ed il circuito delle loro relazioni con la ommittenza; profondamente immorale, un ulteriore violenza alle tante vittime della catastrofe, sarebbe rinunciare alla ricerca di tali verità. L’accertamento e la individuazione dei mandanti hanno anche una importante ricaduta positiva sul bilancio dello Stato: ragioniamo con i numeri. Il rapporto ecomafia di Legambiente parla ancora nel 2013 di un giro d’affari di 16 miliardi e mezzo di euro all’anno; poiché lo smaltimento illegale malavitoso costa, seondo le dichiarazioni dei pentiti, un decimo di quello fatto secondo legge, che farebbe parte della normale denuncia delle aziende, possiamo dire che ogni anno vi è stata una evasione fiscale di 150 – 160 miliardi di euro, che sommate negli anni costituiscono cifre astronomiche sia per il PIL sia per le entrate dello Stato. Le considerazioni precedenti sono naturalmente mirate ad un contributo non solo per la ricostruzione, sotto ogni aspetto, della verità di quanto avvenuto, pure estremamente necessaria, ma direi principalmente, per l’attivazione del migliore percorso possibile per il recupero e la riqualificazione ambientale, civile e produttiva delle aree violentate. La mancata attuazione del dettato della legge regionale 10 -a partire dai controlli, dal censimento e dalla bonifica delle aree compromesse - come incomprensibili iniziative o tenebrosi vuoti del Governo e delle istituzioni nazionali, - a partire dal Commissariamento della regione, la secretazione di atti gravissimi di pubblico interesse e soprattutto i mancati conseguenti interventi, l’assenza o anche la compromissione di fondamentali strutture nazionali, prefetture, polizia, carabinieri, finanza…, - richiamano non solo responsabilità gravissime ed imperdonabili dei governi regionali e nazionali, e di tante amministrazioni locali, che si sono succedute in questi anni, ma impongono alle Istituzioni regionali e locali e allo Stato l’obbligo di attivare il massimo impegno e tutte le risorse necessarie per la Bonifica (nel suo signifiato etimologico-complessivo) delle aree compromesse; il “patto nazionale” del mantenimento del sistema illegale dello smaltimento, esplicita oltre ogni evidenza, non solo che la Bonifica del Territorio, avvelenato dalla intera Italia, è grande, primaria questione nazionale, ma che essa va fatta rovesciando totalmente la filosofia e le cause che hanno portato all’attuale catastrofe: - alla inesistenza dei controlli va contrapposto - sin da subito perché nessuno garantisce sulla inesistenza di traffici illeciti oggi mentre scorre il FiumeinPiena - sull’intero territorio regionale, perché ogni sua parte è a rischio, un sistema organico e coordinato di tutte le Forze dell’Ordine che hanno potere di intervento; - all’oscuramento sullo stato reale del territorio e del sottosuolo va contrapposto per la intera regione -perché nessuna area è certa di non essere stata avvelenata - un accertamento certo, garantito e controllato ed un conseguente capillare quadro regionale della condizione ambientale, e della recuperabilità o meno delle aree ompromesse; e quanto urgente sia tale quadro lo dice la gravissima crisi del settore agroalimentare ; - ai Commissariamenti e alla Centralizzazione, vanno contrapposti gli interessi generali, le scelte dei Cittadini e delle Comunità locali; - alla secretazione vanno contrapposta la trasparenza , la partecipazione, il coinvolgimento, il consenso; - allo sperpero di fiumi di danaro pubblico vanno contrapposte la qualità e la correttezza della spesa ed il grande positivo lavoro che ne consegue; - alla visione del territorio come fonte illimitata di sfruttamento e di affari va contrapposta la sua limitatezza e preziosità per la Società e per la Biodiversità . Di tali Pensieri e Sostanza ha vissuto intensamente la manifestazione del 16 novembre con la Piattaforma di FiumeinPiena; splende così il nuovo Sole: rispetto alla totale sconfitta del 1993, oggi tali contenuti e gli immensi suoi valori, come ho già detto all’inizio, ma è bello ripeterlo, sono penetrati nel profondo della coscienza, del pensare, del sentire e dell’agire di una moltitudine infinita di Persone, giovani ma non solo, di collettivi e movimenti, di organizzazioni e forze e riferimenti sociali, laici e cattolici: un FiumeinPiena, da arricchire sempre di più nella parteipazione, nei contenuti, nelle lotte, e da tutelare come un nostro prezioso Bene Comune, dalla Forza e dalla Valenza di far rinascere la Campania da pattumiera d’Italia all’attributo Felix , che la generosa, meravigliosa Natura le aveva dato. 25 Novembre 2013 Antonio D’Acunto Presidente Rete Campana Civiltà del Sole e della Biodiversità
Posted on: Mon, 25 Nov 2013 12:17:38 +0000

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