Rifiuti di San Marino nelle Marche: la pochezza della politica - TopicsExpress



          

Rifiuti di San Marino nelle Marche: la pochezza della politica locale. Come già sapete, care amiche e cari amici del Lab, la Giunta regionale e il Governo di San Marino hanno siglato un accordo per lo smaltimento ed il recupero nelle Marche di rifiuti speciali prodotti nella piccola Repubblica, che nei giorni scorsi è stato ratificato dall’Assemblea legislativa marchigiana. Un accordo che ha scatenato le proteste dell’opposizione, ma che ha messo in imbarazzo anche la maggioranza, soprattutto per il metodo seguito dalla Giunta, che non ha coinvolto preventivamente né le Province, dunque i territori, a partire da quella di Pesaro e Urbino che sarà destinata ad “accogliere” la maggior parte dei rifiuti sammarinesi, né Marche multiservizi. A seguito di questa intesa, sarà consentita per i prossimi cinque anni – cito testualmente l’accordo - «l’importazione e lo smaltimento o il recupero nel territorio della Regione Marche di rifiuti speciali non pericolosi e di rifiuti speciali pericolosi, soggetti a proceduta di notifica a norma a norma del Regolamento (CE) 1013/06, prodotti nel territorio della Repubblica di San Marino, per un quantitativo massimo annuo di: - 3.100 tonnellate per i rifiuti soggetti a smaltimento di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettera a) del Regolamento (CE) 1013/06; - 5.000 tonnellate per i rifiuti soggetti a recupero compresi negli Allegati richiamati all’articolo 3, paragrafo 1, lettera b) del Regolamento (CE) 1013/06». Avete capito bene, care amiche e cari amici del Lab, potranno confluire nelle Marche, e preferibilmente – per non dire esclusivamente -, nelle tre discariche pesaresi di Cà Lucio a Urbino, Cà asprete a Tavullia e Monteschiantello a Fano, per evidenti ragioni geografiche, tutti i rifiuti, anche quelli pericolosi, a eccezione di quelli «contenenti PCB (policlorodifenili, policlorotrifenili, monometiltetracloro, difenilmetano, monometildiclorodifenilmetano, monometildibromodifenil-metano nonché ogni miscela che presenti una concentrazione complessiva di qualsiasi delle suddette sostante superiore allo 0,005% in peso e dei rifiuti radioattivi)». Dalla Regione minimizzano. «Il quantitativo dei rifiuti oggetto dell’accordo, a fronte del 1,6 milioni di rifiuti speciali prodotti e delle circa 700 mila tonnellate importate, è insignificante sul quantitativo complessivo di rifiuti speciali prodotti o trattati nelle Marche, è pressoché irrilevante. Gli altri rifiuti (5.000 t.) vanno invece a recupero e non sono fra quelli soggetti, proprio per la finalità del trattamento, a notifica», rassicurano l’assessore all’Ambiente, Sandro Donati, e il dirigente Piergiorgio Carrescia. Inoltre, aggiungono, «questo quantitativo dei rifiuti è compatibile con le capacità di recupero e smaltimento del sistema impiantistico regionale, considerando anche il fatto che la situazione economica e il calo della produzione industriale e dei consumi sta determinando una contrazione dei rifiuti speciali prodotti nel nostro territorio». E comunque questa importazione non rappresenta una novità assoluta, perché in questi anni in cui, «in mancanza di un’intesa tra Marche e san Marino i rifiuti del Titano venivano portati per lo stoccaggio agli impianti delle ditte emiliano-romagnole», talvolta essi venivano rigirati da queste «alle ditte delle Marche per lo smaltimento vero e proprio». I rifiuti sammarinesi da smaltire «sono per lo più rifiuti speciali non pericolosi di natura liquida che vanno conferiti in impianti di trattamento chimico-fisico», conclude Donadi. Va tutto bene. Va bene che i rifiuti siano pochi. Va bene che i rifiuti pericolosi rappresentino una minima parte dei già pochi rifiuti. Però, intanto, arriveranno. Altrimenti non si sarebbe avvertita l’esigenza di puntualizzare che «i rifiuti speciali e i rifiuti pericolosi importati dalla Repubblica di San Marino devono essere sottoposti ad attività di smaltimento o recupero in impianti autorizzati ai sensi della normativa vigente della Repubblica Italiana e della Regione Marche». Già. Arriveranno «rifiuti» e di «rifiuti speciali», ma quali? Non è dato sapersi. Perché questo accordo altro non è che un concentrato di fumosità e approssimazioni. Così come non è dato conoscere le risposte a quesiti che qualsiasi persona di buon senso si porrebbe. Per esempio: A) le 8.100 tonnellate rappresentano un quantitativo massimo inderogabile oppure possono aumentare? B) È previsto un obbligo di rendicontazione annuale da parte di San Marino nei confronti della Regione sui quantitativi di rifiuti effettivamente esportati? C) L’accordo potrà essere modificato su richiesta di una delle due parti? E infine, D) come le Province dovranno favorire le procedure operative per lo smaltimento? Qualcuno di voi penserà che si tratti di dettagli insignificanti. Può essere. Ognuno è libero di credere ciò che vuole. Però resta un fatto che non si può ignorare: l’accordo che la Regione Emilia Romagna ha siglato con San Marino il 14 novembre 2011, in base al quale ogni anno (principalmente) le province di Rimini e Forlì-Cesena accolgono 22.100 tonnellate di rifiuti da smaltire e 5.000 tonnellate di rifiuti da destinare al recupero, fornisce risposte precise a ognuno di questi interrogativi. Oltre a indicare nel dettaglio le tipologie di rifiuti, pericolosi e non pericolosi, prodotte sul Titano e destinate all’esportazione, espresse secondo la tradizionale classificazione europea in codici contenuti nel Catalogo Europeo dei Rifiuti (CER). Vediamole, nell’ordine indicato prima. A) «Il presente Accordo potrà essere modificato consensualmente mediante un Protocollo aggiuntivo all’Accordo, soggetto da parte italiana alle stesse procedure di informazione e valutazione delle competenti Amministrazioni centrali di cui all’art. 6, comma 3 della legge n. 131/2003. Le modifiche così concordate entreranno in vigore con le stesse procedure previste dall’Accordo per la sua entrata in vigore» (art. 7). B) «La Repubblica di San Marino si impegna altresì a fornire, alla Regione Emilia Romagna, una relazione annuale che evidenzi i quantitativi di rifiuti esportati nel territorio regionale, contenente le informazioni necessarie alle Autorità di destinazione regionali ai fini della comunicazione di cui all’art. 13 paragrafo 3 della Convenzione di Basilea, insieme alle nuove modalità gestionali adottate in applicazione delle normative assunte in applicazione anche del comma del presente articolo» (art. 2). Una precisazione: quell’«altresì» si giustifica con il fatto che San Marino si è preso con l’Emilia Romagna anche l’impegno di «attivare azioni di coordinamento, in caso di particolari tipologie di rifiuti, legate al diffuso consumo, che possano renderne più efficace e sicuro il recupero, quali l’attivazione di un centro di raccolta e pretrattamento, situato sul proprio territorio» e quello di «modificare la propria normativa in materia di gestione rifiuti» in modo da garantire una maggiore trasparenza. Continuiamo con le risposte. C) «Le parti concordano che possono essere apportate modifiche ai quantitativi annui di rifiuti, (…), nel limite massimo del 20% e tenuto conto della disponibilità degli impianti di smaltimento presenti sul territorio della RER» (art. 4, par. 2); «I quantitativi annui di rifiuti possono essere modificati su richiesta formale della RSM, predisposta dall’Autorità garante degli aspetti contabili e gestionali (…) alla Giunta regionale che si esprime nel merito» (art. 4, par. 3); «Le modifiche inerenti ai soli quantitativi di rifiuti destinati a recupero non costituiscono variazione delle finalità stabilite dal presente accordo e pertanto potranno avvenire previa richiesta formale da parte della Segreteria di Stato per il Territorio e l’Ambiente della RSM alla Giunta regionale che si esprime nel merito» (art. 5). D) «Le Province di Forlì-Cesena e di Rimini (quelle dove vengono smaltiti i rifiuti sammarinesi, ndr), fermo restando le disposizioni del Titolo II del Regolamento CE n. 1013/2006, stipuleranno specifiche intese finalizzate a concordare tutti i necessari aspetti operativi preliminari allo smaltimento dei rifiuti urbani prodotti nel territorio della Repubblica di San Marino e destinate ai rispettivi impianti provinciali» (art. 8, par. 2). Insomma, amiche e amici del Lab, da un punto di vista formale l’intesa che la Giunta regionale ha raggiunto con San Marino e l’Assemblea legislativa ratificato, richiama più l’accordo tra una pro loco di campagna e un’orchestra che deve suonare alla sagra della porchetta – lo dico con il massimo rispetto per le pro loco, le orchestre e le sagre – che un accordo tra una Regione e uno Stato estero. Un’intesa che avvantaggia in tutto e per tutto San Marino. Che un domani potrebbe tranquillamente decidere unilateralmente di trasferire più rifiuti del previsto, senza dover chiedere alcuna autorizzazione alla Giunta regionale, visto che non c’è alcuna norma che lo impone. A questo punto viene da chiedersi: come mai i politici locali, soprattutto quelli d’opposizione, anziché urlare, in maniera peraltro piuttosto scontata, sull’inopportunità del trasferimento dei rifiuti, non hanno puntato il dito contro la grave approssimazione formale dell’accordo? Forse perché non conoscevano quello siglato dall’Emilia Romagna? La politica, ahimè, è anche conoscenza. Non solo propaganda e retorica.
Posted on: Wed, 24 Jul 2013 15:30:56 +0000

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