SISTEMA BANCARIO, FINANZA E TEORIA MONETARIA MODERNA di Riccardo - TopicsExpress



          

SISTEMA BANCARIO, FINANZA E TEORIA MONETARIA MODERNA di Riccardo Tomassetti SCRITTO DA REDAZIONE IL 14 LUGLIO 2013. PUBBLICATO IN ATTUALITÀ Sebbene il sistema bancario sia visto con estremo sospetto, soprattutto negli ultimi anni, che coincidono con l’aggravarsi della crisi, è corretto ricordare e sottolinearne la funzione economico-sociale volta ad incentivare e promuovere gli investimenti dei soggetti operanti nel settore privato. Al pari di qualsiasi altra impresa, una banca persegue la logica del profitto, ma a differenza di cittadini ed aziende, gode di particolari salvaguardie che la rendono sensibilmente meno esposta a situazioni critiche dirette verso il fallimento. Gli istituti di credito, infatti, sono soggetti alla supervisione delle autorità governative che molto spesso dimenticano di indirizzare le proprie scelte a vantaggio del “public purpose”. E’ proprio questo privilegio che, inevitabilmente, pone particolare attenzione sulla regolamentazione riguardante gli investimenti propri del sistema bancario e le forme di tutela a garanzia dei depositi. L’attuale grave situazione politico-economica evidenzia, semmai ce ne fosse bisogno, la natura pro-ciclica del settore privato ed in particolare del settore bancario. La politica dei prestiti, (i prestiti stessi rappresentano un investimento per il settore creditizio e dovrebbero essere la maggiore fonte di profitto), è strettamente legata all’alternanza delle fasi proprie del ciclo economico. Ciò significa che il “credit crunch”, ovvero la stretta, il blocco, il rallentamento nell’offerta del credito, avviene e si intensifica nelle fasi critiche come quella attuale, essendo gli istituti di credito preoccupati dalla mancanza di solvibilità dei soggetti beneficiari del prestito. Una situazione di questo tipo è certamente aggravata da una fase storica in cui i mercati finanziari padroneggiano sull’economia reale, quello che Hyman Minsky, saggiamente definiva “Money manager capitalism”, un capitalismo dominato dai gestori di fondi finanziari e caratterizzato da un’enorme fragilità. L’esigenza di profitto, venuta meno la possibilità dell’offerta creditizia, spinge gli istituti di credito a bussare, con maggiore insistenza, alle porte del sistema finanziario, esponendo tutto il sistema a rischi elevatissimi. Ci sembra di poter dire che tutto ciò renda necessaria una più rigida regolamentazione della gestione dei depositi, ovvero le passività bancarie, nonché dei mercati finanziari. Un intervento più che deciso da parte dei governi, che a ragione, viene, già da tempo, auspicato da più parti. Il lato delle passività bancarie dovrebbe essere sempre supportato e finanziato dalla banca centrale, anziché essere lasciato in balia dei mercati. Perseguire lo scopo pubblico e riportare il mondo degli investimenti nella direzione dell’economia reale sono due degli obiettivi primari della Teoria Monetaria Moderna, contrariamente a quanto afferma qualcuno. Il meccanismo della spesa in deficit, supportando in modo diretto redditi e risparmi, avrebbe un effetto positivo anche sull’espansione in leverage del credito e quindi l’incentivo agli investimenti grazie alla creazione di prestiti, che come abbiamo detto sono anch’essi investimenti di un soggetto ed in quanto tali equivalgono al risparmio di un altro soggetto. La MMT abbraccia il sistema endogeno di creazione della moneta e se consideriamo anche il credito bancario, non è corretto affermare che il denaro entri nel circuito prevalentemente perché creato dallo Stato, non c’è nulla che accomuna le teorie neocartaliste alle economie Sovietiche o Naziste. Il meccanismo di finanziamento degli investimenti è salvo, rimane in mano al sistema bancario ed il merito creditizio, ovvero la capacità di restituzione dei prestiti, è favorito da una situazione più florida dell’economia tutta. Ciò che si sostiene è semplicemente di tenere alti i deficit, da parte del governo, fino al raggiungimento della piena occupazione. La spesa dello Stato deve avere, come anche Keynes ci ha insegnato, una funzione anti ciclica, l’innalzamento dei deficit è funzionale alla situazione contingente e non si spinge oltre. Per questo motivo, il raggiungimento della piena occupazione è da ritenersi uno spartiacque o, se vogliamo, un punto di rottura tra l’aumento del deficit e il rilassamento di quest’ultimo. La disoccupazione esiste laddove il monopolista della moneta, tenendo troppo bassi i deficit, impone forti restrizioni alla necessità di pagare le tasse e al desiderio di risparmio dei privati. Non esiste un tasso di disoccupazione naturale, la mancanza di lavoro è sempre la conseguenza di una politica economica sbagliata da parte dei governi. Raggiunto il pieno impiego, o comunque un bassissimo livello di disoccupati, il ruolo dello Stato si ridimensiona fortemente avendo come obiettivo il mantenimento della situazione raggiunta.
Posted on: Sun, 18 Aug 2013 19:03:50 +0000

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