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STATO/MAFIA ----------> ci avviciniamo sempre di più alla verità __________________________________ "KILLER DI STATO A CAPACI" Indagati 2 estremisti neri di Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza - Palermo 8 ottobre 2013 (IL FATTO QUOTIDIANO) LA PROCURA DI CALTANISSETTA ACCUSA L’EX POLIZIOTTO, GIOVANNI AIELLO E “LA SEGRETARIA ANTONELLA”, FORSE ADDESTRATA DA GLADIO IN SARDEGNA Lui è un dirigente di polizia in pensione con il volto deturpato da un colpo d’arma da fuoco, e per questo soprannominato “il bruciato” o “faccia di mostro”. Lei è una donna addestrata, forse, nei campi paramilitari sardi utilizzati da Gladio. Entrambi sarebbero vicini ad ambienti dell’eversione nera. Il primo, Giovanni Aiello, è formalmente indagato per strage; la seconda, “la segretaria Antonella”, è in corso di identificazione da parte della Procura di Caltanissetta che ha riaperto il fascicolo della strage di Capaci, puntando, per la prima volta, verso responsabilità oltre Cosa Nostra. E AGLI ATTI è finita una nuova rivelazione del pentito Gioacchino La Barbera, il “picciotto” di Altofonte che partecipò alle fasi operative della strage: durante un colloquio investigativo con il sostituto della Dna Gianfranco Donadio, ha detto che nelle riunioni preparatorie c’era un “uomo sconosciuto”, che “parlava a bassa voce”. Per la prima volta, dunque, sulla scia dell’indagine “parallela” svolta nei mesi passati da Donadio, la Procura di Caltanissetta alza il livello delle indagini su Capaci dalla semplice manovalanza mafiosa e ipotizza un ruolo dei SERVIZI SEGRETI nell’attentato contro il giudice Falcone e la sua scorta, seguendo (con le cautele del caso, ma anche con l’avvio delle deleghe di indagine) quel filo che legherebbe mafia, servizi ed eversione nera, e che Donadio nei mesi passati ha messo al centro del suo lavoro investigativo volto a confermare – come lui stesso ha riferito al capo della Dna Franco Roberti – “la presenza di elementi appartenenti ai servizi segreti, in particolare legati all’eversione di destra, in molte parti degli accertamenti” sullo stragismo. Oggi il procuratore di Caltanissetta Sergio Lari, affiancato dall’aggiunto Nico Gozzo e dai pm Gabriele Paci e Stefano Luciani è a caccia di riscontri sul ruolo di “faccia di mostro” e della misteriosa “Gladiatrice”, verificando una pista che si avvale già delle dichiarazioni di due collaboratori provenienti da Catania e dalla Calabria. Il primo è Giuseppe Maria Di Giacomo, ex killer della cosca dei Laudani, intesi “Mussu ri Ficurinnia” che sostiene di aver saputo che “il mostro ha ucciso Falcone”. Nei suoi verbali, oggi all’esame della procura etnea, indica l’ex poliziotto Aiello come coautore di una serie di omicidi, commessi da un gruppo di fuoco occulto, legato proprio al clan Laudani, “in virtù di una comune matrice ideologica fascista” che i boss catanesi condividevano con le “organizzazioni per le quali operava il mostro”. L’altro pentito è Nino Lo Giudice, detto “il nano”, ex uomo d’onore di una cosca calabrese, che in un’altalena di rivelazioni e smentite, ha parlato “di un certo Aiello e una certa Antonella”, sostenendo che tutti e due facevano parte dei servizi deviati dello Stato, e spiegando che la donna era stata ad Alghero in una base militare “dove la fecero addestrare per commettere attentati e omicidi”. Ma da dove spunta l’enigmatico Aiello? L’EX POLIZIOTTO in pensione non è una nuova conoscenza per la Procura di Caltanissetta che lo aveva iscritto nel registro degli indagati già una prima volta nel 2010 per concorso esterno in associazione mafiosa, per poi chiedere la sua archiviazione, giunta nel dicembre 2012. L’ombra di un personaggio con il volto sfigurato si allunga, infatti, da molti anni sui misteri di Palermo. Di “faccia di mostro”, aveva già parlato anche il pentito Luigi Ilardo, definendolo “un killer di Stato”, poco prima di essere ucciso nel ‘96. Lo stesso Ilardo che, senza essere creduto, aveva collegato le stragi siciliane del ‘92 alla strategia della tensione, facendo riferimento ad ambienti para-istituzionali che avrebbero utilizzato Cosa Nostra per attuare il piano stragista. Ma nelle nuove indagini non ci sono solo le indicazioni dei pentiti: i pm attendono l’esito delle analisi sui tre reperti – guanti, mastice e torcia – trovati subito dopo l’esplosione sopra un sacchetto di carta, a 63 metri dal cratere, ma a poca distanza dal tunnel di Capaci. Dai primi accertamenti è già emerso un elemento interessante: è stato appena isolato un frammento di un dna “peculiare”, che appartiene a poche persone. DALLE SUCCESSIVE comparazioni si capirà se si tratta del dna di uno dei mafiosi condannati o se invece è la prova della presenza sul luogo della strage di un altro soggetto ancora ignoto. Un’altra consulenza, infine, sulla “carica esplosiva implementata”, come la definisce Donadio, chiarirà se l’ipotesi del “doppio cantiere”, e cioè di un doppio commando, può avere un fondamento.
Posted on: Tue, 08 Oct 2013 08:13:05 +0000

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