Santa Marinella - Santa Severa Archivio il: 23 Gennaio 2009, - TopicsExpress



          

Santa Marinella - Santa Severa Archivio il: 23 Gennaio 2009, 00:17:04 » Tangenti e camorra: l’affare sporco delle intercettazioni di Redazione Milano - Tangenti a ufficiali dell’Arma. Tangenti agli investigatori della polizia giudiziaria, quelli che lavorano al fianco dei pubblici ministeri. Aziende di intercettazioni che fanno il doppio gioco, lavorando in contemporanea per inquisiti e inquisitori, e sfilando di giorno le microspie che montano di notte. Capitali sporchi della criminalità organizzata investiti nelle società di intercettazioni, quelle cui poi le Procure si affidano. Intercettazioni illegali compiute su ordini di esponenti politici. Ecco come funziona il mercato delle intercettazioni in Italia. Sono rivelazioni sconvolgenti, quelle che il Giornale è oggi in grado di raccontare in esclusiva. Che ci fosse qualcosa che non andava, nel business arcimilionario del Grande Orecchio che tutti ascolta, lo si diceva da tempo. Allarmi anche gravi erano stati lanciati in un passato recente. Si parlava di traffici non chiari, di prezzi gonfiati, di amicizie, parentele, rapporti preferenziali. Ma erano accuse forzatamente generiche. Adesso, invece, c’è qualcuno che parla. Qualcuno che racconta dall’interno il grande imbroglio. Ed è uno che queste cose le conosce perfettamente. Uno che ha lavorato per vent’anni in questo settore, uomo di fiducia della Procura della Repubblica di Milano e di tanti altri uffici giudiziari. Oggi ha deciso di parlare. Si chiama Vittorio Bosone, è nato a Milano nel marzo 1953. Il 7 aprile 1978 ha creato la Ies. «Sistemi di sicurezza e telecomunicazioni», dice neutralmente la ragione sociale. In realtà la Ies fa un lavoro diverso: affitta alle procure di tutta Italia microspie, satellitari, gps, tutte le diavolerie che servono a realizzare intercettazioni telefoniche e ambientali. Gli affari vanno bene. La piccola Srl nel tempo diventa un colosso. Il fatturato sale, sale, sale. Tredici milioni nel 2004. Dodici milioni nel 2005. Vittorio Bosone è una presenza fissa, quasi familiare, nel corridoio della Procura milanese, negli uffici dei pubblici ministeri, delle forze dell’ordine. Fa un lavoro delicato, ma tutti si fidano ciecamente di lui. La Ies apre uffici a Iesolo, a Lamezia, a Porto Torres, a Brindisi, a Roma, a Brindisi, a Palermo, a Genova. In tutta Italia le conversazioni più delicate e segrete delle inchieste sulla mafia e sulla corruzione passano per le microspie della Ies. Poi, qualcosa nel giocattolo si rompe. Il fatturato inizia a scendere. Nel 2006 le perdite superano i ricavi. Nel 2007 su Bosone e sul suo socio Vittorio Magrini iniziano a piovere decreti ingiuntivi e istanze di fallimento. Il 13 dicembre 2007 la Ies viene dichiarata fallita dal tribunale di Milano. Al curatore fallimentare Silvano Cremonesi basta poco per capire che in questo crac c’è qualcosa di strano. Il curatore manda una relazione alla Procura della Repubblica. Bosone si ritrova indagato per bancarotta fraudolenta. Come sia stato possibile che una macchina da soldi come la Ies andasse a gambe all’aria è qualcosa che ora stanno cercando di ricostruire il pubblico ministero Sandro Raimondi e gli investigatori della Guardia di finanza. Di certo c’è che in quel fascicolo sta affluendo qualcosa di molto più esplosivo di una semplice storia di insuccesso commerciale. Sono le accuse che lui, Bosone, travolto dai debiti, ha deciso di lanciare. Un atto disperato. Ma molto, molto dettagliato. Bosone squarcia il velo sul sistema di malaffare in cui l’indispensabile attività di intercettazione si è trasformata nel nostro Paese. Neanche lui è una mammola. Dice che, fin quando ha potuto lavorare, si è sempre comportato correttamente. Ma anche lui è sotto inchiesta per corruzione, per avere foraggiato con decine di migliaia di euro il comandante del reparto operativo dei carabinieri di Imperia. Quando parla di corruzione in «sala ascolto» - il nome in gergo degli stanzoni dove approdano le chiacchiere degli inquisiti - parla di qualcosa che conosce da vicino. E questo lo rende ancora più credibile. Si potrà dire che per adesso lo squarcio di luce aperto dalle accuse di Bosone è limitato, ristretto a pochi nomi, poche realtà. Vero. Ma chi in questi anni ha seguito la parabola della Ies giura che di storie simili Bosone può averne sentite un po’ dappertutto. L’inchiesta è solo agli inizi, molti avrebbero interesse che si fermasse in fretta. Ma se invece andrà avanti? «Se Bosone dirà tutto quello che sa - dice una fonte che di queste cose se ne intende - verranno giù intere Procure». Il Giornale 22 gennaio 2009 Gola Profonda confessa: "Pagati per cogliere le cimici che mettevano" di Redazione Milano - Un numero: 650657/38. È un conto corrente. Filiale di Imperia della Banca di Roma. Su quel conto arrivano otto bonifici tra il 1999 e il 2001. In totale, 22 milioni e 522mila lire. L’intestatario è Salvatore Ditta, comandante del reparto operativo del locale comando provinciale dei carabinieri. Quel denaro, secondo la Procura della città ligure, arriva da Vittorio Bosone, all’epoca titolare della «Ies, Sistemi di sicurezza e telecomunicazioni Spa», un colosso dell’intercettazione privata con sede a Milano. È una tangente. Per il pubblico ministero Ersilio Capone, titolare dell’inchiesta, quei soldi servivano a favorire la Ies nelle gare d’appalto per la fornitura di servizi e di apparecchiature destinati alle intercettazioni telefoniche, e a prolungare la durata delle operazioni, così da favorire l’azienda milanese. Tutto «in violazione - scrive il pm nell’invito a comparire - dei principi di trasparenza, buon andamento e imparzialità dell’amministrazione». È la punta dell’iceberg. È la prima falla che si apre. Ad affondare la nave, ora, è lo stesso Bosone. «La Ies Spa aveva come attività principale quella relativa alle intercettazioni telefoniche e ambientali, su decreti delle Procure della Repubblica. Desidero con la presente informare le autorità giudiziarie circa la reale attività svolta attualmente da alcuni soci e collaboratori della società stessa». Inizia così l’esposto presentato dall’imprenditore lombardo in tutte le Procure italiane. Una denuncia sul sistema del malaffare che ruota attorno al business del «grande orecchio» nazionale. Un mercato parallelo, una grande Borsa in cui c’è di tutto, tranne la segretezza delle informazioni. Banditi comuni, criminalità organizzata, corruzione di pubblici ufficiali, doppi giochi e politica. Questo è il quadro. Questo è il racconto di un «pentito». È l’accusato che diventa grande accusatore. IL «TRADIMENTO» La Ies fallisce nel 2007. Bancarotta. Il passivo è insostenibile. Mantenere in piedi l’impresa non è più possibile, affossata dai debiti e dalle spese meno giustificabili. Tra queste, forse, anche la necessità di oliare il «sistema». Dall’azienda escono alcuni collaboratori, che fondano la Igs (Intelligence Group Service), che subentra nel mercato lasciato libero dalla Ies. Bosone fa nomi e cognomi, spiega ruoli, mansioni e contatti. «I miei ex collaboratori sono Mercurio Farino, ex maresciallo dei carabinieri in servizio a Civitavecchia, e Pierluigi Pulcini, tecnico. Rispetto al tempo della sua fondazione, la Igs si è sviluppata, e altri soci e collaboratori sono entrati a farne parte. Alcuni degli attuali membri della Igs compiono attività illegali all’insaputa di altri soci e collaboratori. Sono Mercurio Farino, direttore generale; Roberto Marongiu, amministratore delegato; Salvatore Marongiu, socio; Enrico Bocci, attraverso le sue due figlie che lo rappresentano». IL SISTEMA Bosone entra nel dettaglio. «Farino - racconta - insieme a Roberto Marongiu sono usi corrompere pubblici ufficiali allo scopo di avere privilegi legati alle attività svolte dalla società». «Appalti facili», li chiama Bosone. Ma c’è ben altro. Perché «oggi tutto viene svolto secondo modalità criminose degne di un’associazione criminale di tipo mafioso o comunque eversiva che, a qualsiasi costo, deve avere termine». L’ARTE DEL TECNICO La Igs si avvale della collaborazione di due esperti tutt’altro che «immacolati». E, sembra di capire, non sono lì per caso. «Marco Sturiale e Pierluigi Pulcini - scrive infatti Bosone - sono stati assunti da Mercurio Farino e Roberto Marongiu, e risultano essere pregiudicati con precedenti per furto, stupefacenti e altro». IL DOPPIO GIOCO La Igs, infatti, diventa il canale di comunicazione tra il controllore e il controllato. Da un lato le Procure, dall’altro gli indagati. «Laddove la Igs deve svolgere i suoi compiti esclusivamente per l’autorità giudiziaria, la medesima svolge invece anche attività privata su incarico delle persone che si trovano sotto indagini, così che, mentre una Procura indaga su un soggetto per il quale dispone una intercettazione, la Igs successivamente compie bonifiche ambientali in forza e su incarico dello stesso soggetto indagato». L’esempio è quello di «una certa signora S. di Civitavecchia», che «sotto intercettazioni ambientali e gps, su disposizione della Procura di Civitavecchia dalla stessa Igs, si è avvalsa della complicità di Farino e di Roberto Marongiu per far eseguire una bonifica ambientale da parte della Igs, che pertanto ha agito in una condizione di contrapposizione e infedeltà rispetto al suo obbligo nei confronti del committente legale». «STECCHE» IN VILLEGGIATURA Tutto ha un prezzo. Anche portare la polizia giudiziaria dalla propria parte. Così, ci sono «pubblici ufficiali a libro paga, che ricavano somme da circa mille euro mensili in contanti versati nelle mani degli interessati direttamente da Farino o Marongiu a fronte della loro collaborazione illecita consistente nel procurare appalti alla Igs grazie alla loro posizione lavorativa». Ancora una volta, nomi e ruoli. «Ottavio Martino De Carles, appuntato dei carabinieri e responsabile della sala intercettazioni della Procura della Repubblica di Roma». L’appuntato, ricorda ancora Bosone, fu anche «ospite della Igs con tutta la famiglia nel mese di agosto 2007 nell’albergo “Pino a mare” di Santa Severa». E non basta: «tale “Santo”, maresciallo dei carabinieri responsabile della sala intercettazioni della Procura di Potenza, il quale riceve oltre al compenso mensile, il 10 per cento sui lavori che riesce a procurare da parte di quella procura e di quella di Bari; Leonardo Rotondi, colonnello dei carabinieri comandante del Comando provinciale di Latina, il quale ha procurato alcuni appalti a Farino avvalendosi della sua posizione che gli consente contatti influenti presso la Procura di Latina e di Potenza, dove era stato comandante del Gruppo. Nel suo caso i versamenti vengono effettuati nelle mani della figlia Rotondi Anna Rosa, domiciliata a Civitavecchia». RICATTI POLITICI Un’intercettazione è molto più di una semplice telefonata registrata. È uno strumento di pressione. Anche politico. Racconta Bosone che «Roberto Marongiu è esponente di spicco del partito “Nuova Democrazia Cristiana” di Santa Marinella. In tale veste, approfittando della sua posizione all’interno della Igs, ha eseguito con la complicità di Farino e dei due tecnici Marco Sturiale e Pierluigi Pulcini (pregiudicati con precedenti per furto, stupefacenti e altro), intercettazioni ambientali illecite nei confronti di avversari politici, tra cui l’ex assessore Fabio Quartieri, sicuramente al fine di poter trarre elementi tali da poter sottoporre a ricatto le persone intercettate». CAMORRA IN ASCOLTO C’è un altro livello di «inquinamento» del sistema, ed è uno degli aspetti più preoccupanti dell’intera vicenda. Perché anche la criminalità organizzata si avvale dei «servizi» abusivi di ascolto. Bosone, infatti, spiega l’intreccio che esisterebbe tra la società che si occupa di intercettazioni e gli uomini del clan Di Lauro. È la camorra a riciclare i propri profitti nella Igs e ad avere così, in caso di bisogno, un canale privilegiato per accedere a informazioni riservate. Ecco il passaggio chiave nella testimonianza dell’imprenditore milanese. «Bocci, con il concorso di Farino e di Marongiu, veri ispiratori dell’attività criminosa, svolge il delicato compito di riciclaggio di denaro di provenienza illecita che entra nella Igs, attraverso i contatti che egli ha regolarmente con esponenti della camorra campana (clan Di Lauro, presente nella cittadine balneare di Santa Marinella dove Bocci risiede)». PROCURE «CLONATE» La Igs ha libero accesso alle Procure del Paese. Accesso agli uffici tecnici e ai sistemi di ascolto. Con gli agganci giusti, la società mette le mani sugli strumenti utilizzati dai tribunali italiani per la lotta al crimine. Spiega ancora Bosone, infatti, che «Roberto Marongiu, con la collaborazione di Farino, dei due tecnici, del personale corrotto e in servizio presso le sale intercettazione delle Procure, si appropriano per un breve periodo di macchinari di proprietà di altre aziende che operano nel settore delle intercettazioni legali, e che in quel momento si trovano nei centri operativi delle Procure stesse, sottraggono le schede tecniche al fine di clonarle e usarle indebitamente col logo Igs, per poi restituire i macchinari alle Procure medesime, grazie alla indispensabile complicità dei militari corrotti che lì operano». Il vaso, a questo punto, è scoperchiato. Indaga la Procura di Milano, forse anche altre Procure chiamate in causa dall’esposto di Bosone. Da oggi è ufficiale: il Grande Orecchio ha anche una Gola Profonda.
Posted on: Fri, 12 Jul 2013 00:40:58 +0000

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