Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non - TopicsExpress



          

Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se costoro si dimenticassero, io non ti dimenticherò mai. Ecco, sulle palme delle mie mani ti ho disegnato, le tue mura sono sempre davanti a me” (Isaia 49, 14-16). Nel testo che abbiamo ascoltato predominano due immagini, due potenti immagini: quella della mamma considerata nell’amore per il suo bambino e quella del tatuaggio. La prima potente immagine è quella della mamma considerata nell’amore per il suo bambino. Dio ama il suo popolo, quindi ama me, come una mamma ama il suo bambino. Ora, l’amore di una mamma e quindi l’amore di Dio sembrano avere due caratteristiche. Da una parte, la mamma, e perciò Dio, non solo dà al suo bambino tutti i beni a lui necessari, ma anche riceve dal suo bambino il bene per una mamma più importante, quello dell’esistenza e insieme dell’amore del suo bambino. E ciò perché il bambino è la sua gioia, è la sua vita e, quindi, la mamma ha bisogno del suo bambino, brama la sua esistenza e insieme il suo amore. Così è Dio nei confronti del suo popolo, nei confronti di me. D’altra parte, la mamma, perciò Dio stesso, ama in modo permanente, e ciò per il semplice motivo che non può non amare, ha bisogno del suo bambino in modo permanente, brama la presenza del suo bambino in modo permanente, verrebbe meno, non sussisterebbe, qualora il bambino venisse meno o le fosse tolto. Ella non può perderlo e quindi lo ama per sempre. Così è Dio nei confronti del suo popolo, quindi nei confronti di me. L’immagine della mamma e del bambino trova in altri Profeti un evidente e interessante parallelo nella immagine del papà e del bambino. Ascoltiamo a tale riguardo due famosi passi: “Quando Israele era fanciullo, io l’ho amato e dall’Egitto ho chiamato mio figlio… A Efraim io insegnavo a camminare tenendolo per mano, ma essi non compresero che avevo cura di loro. Io li traevo con legami di bontà, con vincoli d’amore, ero per loro come chi solleva un bimbo alla sua guancia, mi chinavo su di lui per dargli da mangiare. Non ritornerà in Egitto, ma Assur sarà il suo re, perché non hanno voluto convertirsi. La spada farà strage nelle loro città… Come potrei abbandonarti, Efraim, come consegnarti ad altri, Israele? Come potrei trattarti al pari di Adma, ridurti allo stato di Seboím? Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione. Non darò sfogo all’ardore della mia ira, non tornerò a distruggere Efraim, perché sono Dio e non uomo, sono il santo in mezo a te e non verrò da te nella mia ira” (Osea 11, 2-9). “Io sono un padre per Israele, Efraim è il mio primogenito… Non è un figlio carissimo per me Efraim il mio bambino prediletto? Ogni volta che lo minaccio, me ne ricordo sempre con affetto. Per questo il mio cuore si commuove per lui e sento per lui profonda tenerezza. Oracolo del Signore” (Geremia 31, 9. 20). Nei testi che abbiamo ascoltati ritornano gli stessi elementi che abbiamo già ritrovato nei testi fin qui commentati, e questo è importante perché si coglie la costanza nel messaggio dei vari profeti. Dunque, da una parte, Dio ama come un padre o, meglio, come un papà, e dà al bambino cibo e tenerezza e, dall’altra, brama l’esistenza e insieme l’amore del suo bambino, ha bisogno di lui, e ciò perché il bambino è la sua gioia, è la sua vita. Per questo motivo, Dio ama il suo bambino in modo permanente. Anche se vorrebbe castigarlo, mandandolo via da sé, non esegue questo proposito, perché non può eseguirlo. Non può in nessun modo perdere il suo popolo, che è la sua gioia, che è la sua vita. Quindi lo ama per sempre. La seconda potente immagine, usata in Isaia 49, è quella del tatuaggio: “Ecco, sulle palme della mia mano ti ho disegnato”. Dio ha tatuato Gerusalemme sulle sue mani. Come il tatuaggio è permanente, così lo è l’amore di Dio, per Israele, per me.
Posted on: Sun, 07 Jul 2013 06:51:49 +0000

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