Si può registrare un video con l’esame universitario se il prof - TopicsExpress



          

Si può registrare un video con l’esame universitario se il prof boccia senza motivo? Inutile nascondersi dietro un dito: per passare un esame ci vuole, oltre a una preparazione ferrea, anche una certa dose di fortuna. Le cose poi si complicano se, quella mattina, il prof si è alzato col piede storto o è, di carattere, particolarmente “rigoroso”. Tuttavia, al di là degli umori del docente di turno, è diritto di ogni alunno essere esaminati in modo equo, imparziale e su domande coerenti e aderenti al programma svolto. Pertanto, nei casi di abusi da parte del prof o dei suoi assistenti (specie di quelli senza un effettivo inquadramento nell’organico universitario), è sacrosanto diritto degli studenti tutelarsi ed essere tutelati. Infatti, registrare il video con un esame universitario non è illecito e, pertanto, non può essere ostacolato! Nel diritto penale, infatti, vige la regola generale per cui tutto ciò che non è vietato è consentito. Un’eventuale direttiva del rettore, che impedisca le riprese in aula, non costituendo norma di legge, non potrebbe limitare i diritti soggettivi delle persone. Lo studente, quindi, ben potrebbe – anche di nascosto – riprendere il proprio esame per far valere la lesione di un proprio diritto tutelato dalla Costituzione. L’esame universitario è, di per sé, la sede pubblica nella quale il candidato, davanti a una commissione, si sottopone alla verifica e alla valutazione della propria preparazione. Ciò comporta che, sia i docenti, sia lo studente, hanno perfetta percezione della rilevanza pubblicistica dell’esame e della pubblicità delle domande e delle risposte. Il fatto stesso che la registrazione dell’esame, nel verbale cartaceo o elettronico, preveda l’indicazione delle domande, attesta la natura pubblicistica della conversazione e la dovuta trasparenza da osservare in tutte le fasi dell’esame. Ne discende che la privacy cede e deve cedere davanti all’interesse pubblicistico che l’esame si svolga in condizioni di trasparenza, imparzialità, correttezza, dovute dai docenti – che rivestono il ruolo di pubblici ufficiali – nei confronti dello studente interrogato e di tutti gli altri studenti potenzialmente interessati. È la tutela di tali diritti che legittima, si ritiene, la registrazione dell’esame, anche a fini cautelativi, soprattutto se si ha avuto modo di assistere, in passato, a comportamenti illeciti da parte del professore o dei suoi assistenti. Come confermato dalla Cassazione [1], non è illecito registrare una conversazione perché chi conversa accetta il rischio che la conversazione sia documentata mediante registrazione, ma è violata la privacy se si diffonde la conversazione per scopi diversi dalla tutela di un diritto proprio o altrui”. Pertanto, la registrazione di un esame a fini di tutela del proprio/altrui diritti ad essere esaminati in modo equo, imparziale e su domande coerenti e aderenti al programma svolto, integra i fini esclusivamente personali, e non viola la privacy [2]. È vero che il codice della privacy stabilisce che il trattamento di dati personali (…) è ammesso solo con il consenso espresso dell’interessato; ma è anche vero che, nel caso dello studente universitario, quest’ultimo agisce per l’esercizio di un proprio diritto, particolarmente stringente, e per la sua tutela davanti a un giudice in caso di violazione. Un abuso di potere, da parte del professore/commissione PP.UU. che violi/violino il diritto dello studente a essere esaminato con tutte le suddette garanzie, o che si trovi a dover affrontare un esame su argomenti non oggetto del programma, con conseguente bocciatura/valutazione viziata e danno personale, integrerebbe pertanto senz’altro un illecito. Tale illecito può essere penale o amministrativo. Illecito penale. Nel caso più grave, qualora il professore/commissione abbia intenzionalmente posto una condotta illecita per ledere il diritto altrui, sarà configurabile il reato di abuso di ufficio [3]. Illecito amministrativo. In assenza di tali presupposti, ma in presenza comunque di un “eccesso di potere”, la condotta integrerà un illecito amministrativo che, se accertato giudizialmente, comporterà la dichiarazione di nullità dell’esame e dei suoi effetti, nonché un risarcimento del danno ingiusto arrecato. [1] Cass. sent. n. 18908 del 13.05.2011. [2] Art. 23, 1° co. del Codice della Privacy (D.Lgs.196/2003). [3] Art. 323 cod. pen.: “Salvo che il fatto non costituisca un più grave reato, il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico sevizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di norme di legge o di regolamento, ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti, intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto è punito con la reclusione da uno a quattro anni. La pena è aumentata nei casi in cui il vantaggio o il danno hanno un carattere di rilevante gravità”.
Posted on: Wed, 26 Jun 2013 05:46:45 +0000

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