Sono circa 147.000, secondo i dati del DPA, i consumatori di - TopicsExpress



          

Sono circa 147.000, secondo i dati del DPA, i consumatori di cannabis presenti attualmente nelle comunità in alternativa al carcere (perchè ‘dietro le sbarre’ si muore di tubercolosi e si campa di stenti), persone che pur essendo semplici consumatori di cannabis accettano di dichiararsi spacciatori o tossicodipendenti solo per poter usufruire di sconti di pena prima e di alcuni benefici dopo, per poter uscire da quell’inferno che è la galera ed espiare le loro ‘colpe’ in un altro luogo che sperano essere più umano. Altre decine di migliaia sono invece seguiti fuori dagli assistenti sociali e dai Sert, sono soprattutto minorenni che vengono accusati di piccoli reati legati al possesso di droghe leggere oltre la soglia minima consentita, o della coltivazione anche di una sola piantina di canapa. Circuiti dove ogni diritto civile viene sospeso e soppresso, in nome di un fantomatico recupero sociale coatto e a vita. Per ogni “ospite” le comunità percepiscono dei fondi dal sistema sanitario locale, si viene a creare così una micro società nella società, attraverso donazioni private di denaro, di cibo e di apparecchiature e con la creazione di laboratori dove vengono lavorate, a titolo gratuito, le produzioni agricole e manifatturiere di proprietà dei centri stessi, con il consenso dei politici di turno, perché più grande e ‘capiente’ è una comunità, più saranno i soldi che vi girano attorno e più potere otterrà chi la gestisce (vedi, per l’appunto, San Patrignano, i suoi finanziatori, le pellicce prodotte, l’allevamento di purosangue e via dicendo!). E’ un business vero e proprio, che si alimenta con il lavoro quotidiano e gratuito, ma anche della paura e del dolore dei malcapitati e che approfitta delle debolezze e dei problemi della gente che vi incappa, sempre più spesso persone comuni, vittime di una legge criminogena che di recupero non avrebbero proprio alcun bisogno. Questi discorsi valgono anche per i CIE, i centri di identificazione ed espulsione, che prendono dallo Stato cifre sostanziose, giornaliere, per ogni immigrato clandestino ‘ospitato’. Le leggi gemelle, la Bossi-Fini e la Fini-Giovanardi, fanno quindi smuovere ingenti risorse economiche, sia negli ambiti legali che in quelli illegali, soldini che “in uscita” il nostro Paese non potrebbe permettersi e che di certo non servono a tamponare o a risolvere i fenomeni relativi, nè, tanto meno, a provvedere sul serio alla sussistenza e alla cura dei consumatori di sostanze stupefacenti o degli immigrati.
Posted on: Wed, 06 Nov 2013 12:57:00 +0000

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