Stasera alle 21 al circolo Bellezza di Milano si parla del PD e - TopicsExpress



          

Stasera alle 21 al circolo Bellezza di Milano si parla del PD e del prossimo congresso provinciale -che eleggerà il nuovo segretario. Ecco, a questo proposito, quanto avevo detto lo scorso 17 aprile al Teatro San Carlo, pochi giorni dopo essere stato estromesso dalla Giunta. Non ho altro da aggiungere. Care amiche e cari amici,vorrei proporvi tre riflessioni, rivolte al futuro di Milano. E al futuro di questa Giunta e di questa nostra amministrazione. 1. La prima: dobbiamo costruire una visione per Milano. Dobbiamo saper dire con chiarezza e semplicità ai cittadini di Milano quale vogliamo sia il futuro della nostra città.Un futuro che arrivi fino al 2021, alla conclusione del secondo mandato di questa Giunta, e che abbia nel 2015, anno dell’Expo, una prima tappa importante. Milano è una metropoli geograficamente piccola, ma incredibilmente densa di eccellenze in campi diversi: dalla biologia molecolare al design, dalla moda al teatro all’alimentare, dall’editoria alla musica indipendente, dalla fotografia al volontariato. Offrire una visione significa capire come mobilitare queste energie creative e produttive diffuse; significa far sì che Expo rappresenti l’occasione per dimostrare al mondo la loro forza. Non possiamo permetterci di vivere Expo come una fastidiosa coincidenza; o solo come una potenziale minaccia alla correttezza delle procedure amministrative. Non si scappa: il successo o l’insuccesso di Expo saranno il successo o l’insuccesso di questa Giunta. E il successo di Expo è legato alla chiarezza con cui sapremo presentarlo al mondo come la prima tappa di una transizione più lunga, con un traguardo chiaro per Milano: il traguardo di una metropoli della creatività diffusa, che accoglie i giovani di tutto il mondo e offre la qualità di una vita ricca di varietà di lavoro e studio. Offrire ai cittadini di Milano e –attraverso Expo, al mondo- questa visione, è fondamentale anche per un’altra ragione: deve aiutarci a valutare e a mettere in ordine di importanza ogni scelta quotidiana della Giunta e del Consiglio. Solo alla luce di questa visione, che non è –si badi bene – la sommatoria delle politiche di ogni assessorato- potremo trovare i criteri per orientarci nelle grandi scelte del presente: se e come ampliare area C; se e come investire su Linate e Malpensa e gestire SEA; se e come pensare alla governance della nuova area metropolitana; se e come intervenire sulle aree agricole periurbane e rigenerare i vuoti nella città costruita; se e come gestire un modello policentrico di spazi per la cultura; e soprattutto come costruire una politica di bilancio basata su una lista ridotta di poche grandi scelte di investimento, nell’interesse di tutti. Senza questa visione, che potremmo costruire facendoci aiutare dalla stesura di un vero e proprio Piano Strategico per Milano, rischiamo, come a volte è già avvenuto, di essere in balìa di una gestione “condominiale”, basata su criteri di tipo tattico. Rischiamo in altre parole di apparire in balìa degli eventi; e di diventare, al meglio, dei buoni facilitatori (non uso questo termine a caso) di processi già in corso. Ma non è questo che ci chiede oggi Milano. 2. La seconda riflessione nasce dalla prima - e riguarda il lavoro.Una questione oggi drammaticamente aperta, verso la quale (mi riferisco alle politiche sui redditi e a quelle ridistributive) un’amministrazione locale ha dei poteri limitatissimi. Ma io credo che questa amministrazione –e se mi permettete questo PD- non possano non accorgersi dell’enorme responsabilità che abbiamo verso le “condizioni” del lavoro. Condizioni nel senso di spazi, servizi, sinergie, norme che facilitino la moltiplicazione di occasioni di lavoro e impiego a Milano. Abbiamo detto della potenza produttiva diffusa di Milano. Sono migliaia le microimprese che nel terzo settore, nel mondo delle professioni e in quello dei servizi al cittadino, nelle cooperative, nella creatività, nella ricerca, nell’artigianato urbano, abitano i quartieri di Milano; migliaia di piccole comunità di rischio che ci chiedono una politica coraggiosa e ferma. Ci chiedono di trasformare Milano in un territorio dove una crisi drammatica viene combattuta da una politica che abbraccia queste centinaia di imprese e la sostiene, le supporta, le fa diventare un corpo unico con sé stessa. Non si tratta solo di facilitare lo start up delle nuove imprese: si tratta di trasformare tutta la città in una grande e generosa piattaforma per il rischio d’impresa. Questa deve essere la prima preoccupazione di questa Giunta. Il che significa, come si è cominciato giustamente a fare, mettere a disposizione gli spazi vuoti di Milano alla nascita di imprese; ma anche aprire le scuole al pomeriggio per avvicinare i giovani alle professioni e recuperare l’immenso patrimonio di saperi che vive nelle donne e uomini che hanno compiuto il ciclo del lavoro dipendente; significa facilitare la vita alle migliaia di piccole imprese commerciali che tengono in vita il piano terra di Milano e trasmettere l’idea di uno spazio pubblico disponibile e aperto alla vitalità di chi vuole usarlo. Significa, per fare un esempio, esattamente l’opposto di quanto abbiamo fatto con la normativa sulla Cosap (il Canone di occupazione del suoll pubblico): una normativa ottusa nel colpire le aspettative dei commercianti e degli operatori culturali; e sbagliata nel pericoloso meccanismo di compensazione che affida agli uffici comunali. Ma trasformare tutta la città in una grande e generosa piattaforma per il rischio di impresa significa anche ampliare occasioni come il fuori-salone, bookcity, pianocity, come la prima della Scala diffusa in città, che accendono indistintamente tutti i quartieri di Milano; e ripensare con attenzione alla mobilità urbana. Una mobilità che deve essere regolata dalla grande e prioritaria sfida per una migliore qualità dell’aria che respiriamo; ma sempre tenendo conto che qualità ambientale significa sì potersi spostare in una città con meno traffico; ma significa anche spostarsi per lavorare in una città viva, con un centro aperto a tutti e ospitale per chi lavora nelle migliaia di imprese, commerciali e non, che lo abitano. La Milano che vogliamo, che abbiamo cominciato a costruire deve essere una metropoli internazionale dove si combatte strada per strada una grande sfida contro la crisi; dove i giovani vengono attirati da condizioni di vita e lavoro che non trovano in altre città europee. Dove ogni giorno si mette in scena, senza restrizioni e gabelle, quella potenza creativa e produttiva diffusa che in fondo è il vero DNA di Milano. 3. La terza riflessione riguarda la democrazia; la democrazia deliberativa. Che è democrazia nel senso di partecipazione dei cittadini alle scelte. Non solo come condivisione di scelte già fatte. So di dire una cosa grave, ma credo che il concetto di partecipazione che in questi mesi abbiamo applicato sia un lontano parente di quello che, con Giuliano Pisapia, abbiamo promesso in Piazza Duomo nel maggio di 2 anni fa. Partecipazione non è, non deve essere, la convocazione di assemblee dei comitati per Milano o degli iscritti al PD, una tantum, come accade oggi, per comunicare o discutere di scelte già assunte. Partecipazione dei cittadini non è e non deve essere una politica che cerca consenso dopo aver deciso, ma al contrario una politica che cerca di continuo scambi e interazioni con i cittadini per decidere meglio. Dobbiamo con urgenza sperimentare a Milano quella che Stefano Rodotà chiama “democrazia continua”. Che significa tre cose: prima di tutto rivolgersi sempre, quando si tratta di fare scelte o bilanci, a tutti i cittadini, a tutti i tipi di cittadini; e non solo a quelli già fidelizzati perché iscritti ai partiti di maggioranza o promotori di comitati.In secondo luogo garantire la simultaneità dei momenti di discussione; cioè far sì che quello che si discute in giunta e in consiglio comunale venga discusso –nello stesso momento, con la stessa passione, le stesse alternative di scelta- innanzitutto nei consigli di zona e nelle loro commissioni; come anche nelle reti associative sul territorio, nei circoli e nei comitati.Terzo aspetto di una democrazia continua è la possibilità di decidere, di partecipare realmente alla formazione delle scelte di chi governa. Le nostre politiche devono diventare insieme delle grandi campagne di opinione e dei processi di formazione discorsiva della volontà collettiva dei milanesi. Che non significa rinunciare alla delega che la politica riceve dalla società, ma anzi metterla di continuo in gioco, usando degli strumenti di interazione comunicativa che oggi la rete consente e facendoli ricadere sui territori. Perché la delega dei cittadini alla politica è proprio, in estrema sintesi, quell’impegno a offrire una visione del futuro di cui abbiamo appena parlato. Perchè senza questo ruolo di regia e orientamento che la politica non deve e non può delegare, questa comunicazione interattiva non ha costrutto e soprattutto rischia di non avere sbocchi, come sta dimostrando l’esperienza del M5S. Ma attenzione: è proprio questo concetto di Democrazia continua a chiamare in causa, prima di tutto, il PD. Quel PD che è stato durante i mesi della campagna elettorale non solo una straordinaria intelligenza collettiva, ma una vera e propria piattaforma di democrazia continua, che ha generato senza sosta idee, progetti, esperienze; che ha di fatto alimentato tutte le politiche della nostra Giunta. Quello era un PD di iscritti e di cittadini appassionati, di eletti e di elettori. Che in forma diversa hanno contribuito a costruire una proposta per la Milano dei prossimi anni. Quel PD, quel PD di iscritti e di cittadini appassionati, di eletti e di elettori, oggi fatica a essere presente. E la sua assenza si sente, si è sentita. Si è sentita in Giunta e si è sentita in consiglio comunale. Ma soprattutto si è sentita nella città. Credo sia importante discutere, insieme oggi, di queste tre grande questioni, che sono fortemente intrecciate.Quello che oggi serve è infati una grande riflessione collettiva su Milano. Una riflessione popolare che usi gli strumenti della democrazia deliberativa e continua per costruire una visione del futuro prossimo della nostra città. Che coinvolga le reti polifoniche del fare impresa, in tutte le loro sfaccettature. Ma ci serve, ci serve come il pane, un PD che sia protagonista nelle costruzione di questa visione, di questa fase nuova della politica. Che ritrovi il coraggio delle idee e la sensibilità per rappresentare le energie diffuse di Milano. Anche perché è proprio questa energia creativa diffusa che rappresenta al meglio Milano nel mondo; che attira ancora qui, come accade in questi giorni, da Pechino, da New York, da San Paolo, da Londra, da Istanbul decine di migliaia di turisti e di operatori di imprese internazionali che operano nel mondo del design, della moda, della cultura, della ricerca. Per quel che mi riguarda, come ho sempre fatto in questi ultimi anni, sono pronto a dare un contributo di idee. Che, come dovremmo tutti sapere, sono più importanti dei ruoli e delle persone che temporaneamente li abitano. Grazie. Stefano Boeri
Posted on: Wed, 09 Oct 2013 18:00:54 +0000

Trending Topics



Recently Viewed Topics




© 2015