Sterminio degli Eburoni[modifica | modifica sorgente] Per Cesare - TopicsExpress



          

Sterminio degli Eburoni[modifica | modifica sorgente] Per Cesare era a quel punto opportuno rivolgere lintera armata contro Ambiorige ed il popolo degli Eburoni. Una volta attraversata la foresta delle Ardenne, mandò a precederlo con lintera cavalleria Lucio Minucio Basilo, con lordine di sfruttare la rapidità della marcia e di sorprendere il nemico. Ambiorige riuscì per poco a sfuggire alla cattura romana: Basilio era riuscito ad individuarne il nascondiglio, ma Ambiorige, protetto dai suoi, riuscì a volgere in fuga nei fitti boschi che circondavano il luogo. Il panico per lavanzata romana portò lintero popolo degli Eburoni a cercare rifugio nelle foreste, nelle paludi e nelle isole, mentre Catuvolco, re della metà degli Eburoni, data letà ormai avanzata e disperando ormai di potersi salvare, decise di suicidarsi, dopo aver maledetto Ambiorige per averlo coinvolto nella rivolta.[119] Le paludi presso le quali trovarono rifugio il popolo degli Eburoni, prima del loro massacro definitivo. Il terrore si diffuse anche tra le popolazioni limitrofe, tanto che sia i Segni, sia i Condrusi, popoli che vivevano tra i Treviri e gli Eburoni, inviarono a Cesare ambasciatori per pregarlo di considerarli amici del popolo romano, pur appartenendo alla stirpe dei Germani. Cesare, per provarne lautenticità dei sentimenti, ordinò che gli fossero consegnati tutti gli Eburoni rifugiati presso di loro; in cambio, assicurava che non avrebbe invaso e devastato i loro territori. Segni e Condrusi si piegarono. Isolato così Ambiorige, raggiunse loppidum di Atuatuca, dove lasciò i carriaggi carichi di bottino, duecento cavalieri ed una legione (la legio XIIII, appena riformata) a loro protezione, affidandoli al giovane legato Quinto Tullio Cicerone. Con le restanti nove legioni, divise in tre colonne parallele (formate ciascuna da tre legioni), delegò a Tito Labieno il compito di controllare i Menapi fino alloceano, a Gaio Trebonio quello di devastare i territori contigui al paese degli Atuatuci. Il comandante in capo raggiunse invece la confluenza tra il fiume Schelda e la Mosa, dove gli era stato riferito che Ambiorige si era diretto con pochi cavalieri. Dispose infine che le colonne avrebbero dovuto riunirsi tutte sette giorni dopo, ancora ad Atuatuca.[120] Cesare aveva in mente non solo di catturare il capo degli Eburoni, ma anche di sterminarli tutti, vendetta per le quindici sue coorti massacrate a tradimento nel corso dellinverno precedente. La difficoltà del generale romano era riuscire a scovarli, poiché lessersi dispersi e rifugiati ovunque nelle foreste e nelle paludi offriva loro qualche speranza di difesa o salvezza. Il proconsole romano inviò ambasciatori a tutte le genti della regione affinché, con la promessa di un ricco bottino, fossero gli stessi Galli a rischiare la vita in quei luoghi angusti (e non i suoi legionari) ed a cancellare completamente il popolo degli Eburoni. Un tipico esempio di villaggio gallico, cinto da mura a difesa dei suoi abitanti. Il massacro ebbe inizio poco dopo, poiché una grande moltitudine di Galli si radunò rapidamente nei loro territori. Parteciparono alle operazioni anche i Germani Sigambri che, una volta attraversato il Reno con duemila cavalieri, entrarono nel territorio degli Eburoni e si impadronirono di una grande quantità di bestiame. Informati però che presso Atuatuca solo unesigua guarnigione era stata lasciata a guardia dellenorme bottino fatto da Cesare nel corso di quegli anni, decisero di recarsi con grande velocità in questa località per impadronirsene prima del ritorno del proconsole.[121] Cicerone, il legato rimasto a guardia di Atuatuca, dopo aver atteso il ritorno di Cesare per sette giorni e non vedendolo tornare, decise di inviare cinque coorti a mietere frumento. Ma proprio quel giorno i legionari romani, intenti a fare raccolto, furono intercettati dalla cavalleria dei Sigambri. Nello scontro che ne seguì, nel tentativo di riguadagnare il forte romano, due delle cinque coorti furono massacrate. Gli assalti che si susseguirono al castrum romano furono drammatici; perfino i feriti romani furono costretti ad imbracciare le armi e a partecipare alla difesa disperata, che riuscì a respingere lassalto nemico. Alla fine i Germani, persa la speranza di espugnare il forte e forse venuti a conoscenza dellimminente ritorno del proconsole, si ritirarono oltre il Reno.[122] Alla fine dellestate Cesare era riuscito a devastare interamente il Paese degli Eburoni: « Tutti i villaggi e le fattorie [...] venivano incendiati, il bestiame ucciso, ovunque si saccheggiava, il frumento era consumato dalla moltitudine dei cavalli e degli uomini è [...] cosicché anche una volta allontanatosi lesercito invasore, chiunque (tra gli Eburoni), anche se fosse riuscito a nascondersi, non avrebbe potuto evitare di morire per la carestia. [...] ed intanto Ambiorige riusciva a fuggire per nascondigli e boschi con la protezione della notte e si trasferiva in altre regioni, sotto la scorta di quattro cavalieri ai quali soltanto affidava la sua vita. » (Cesare, De bello Gallico, VI, 42.) Con la fine dellestate Cesare ricondusse lesercito a Durocortorum, tra i Remi. Qui convocò unassemblea affinché conducesse uninchiesta sulla congiura promossa da Senoni e Carnuti. Dopo la conclusione delle indagini, fece prima flagellare e poi decapitare il capo ribelle, Accone, quale monito per tutti i Galli. Sciolta lassemblea e provveduto al frumento necessario per linverno, collocò due legioni al confine con i Treveri, due nel Paese dei Lingoni e le sei restanti ad Agendico, tra i Senoni, prima di far ritorno in Italia come sua abitudine.[123] Anno 52: la rivolta di Vercingetorige[modifica | modifica sorgente] Lultimo atto delle guerre galliche fu rappresentato dalla rivolta scoppiata nel 52 a.C. e guidata dal re degli Arverni, Vercingetorige, attorno al quale si strinsero i popoli della Gallia centrale, a eccezione dei Lingoni e dei Remi. Anche gli Edui, da sempre alleati dei Romani, si schierarono contro Cesare, che si trovò così ad affrontare un nemico temibile sia per la consistenza numerica del suo esercito, sia per la disciplina che Vercingetorige seppe impartirgli (anche grazie al fatto di aver servito, per un certo periodo, nella cavalleria alleata di Roma). Linizio della rivolta e la distruzione di Avarico[modifica | modifica sorgente] Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Battaglia di Avarico. Cesare, che ancora si trovava nella Gallia Cisalpina (a Ravenna[124]) per arruolare nuovi legionari da portare con lui in Gallia per completare le file delle legioni decimate dalla guerra dellultimo anno, venne a sapere di nuove agitazioni tra i Galli. I principi delle tribù si erano, infatti, accordati durante linverno per mettere in atto un piano che prima di tutto impedisse al proconsole di ricongiungersi al suo esercito, ed in secondo luogo per attuare la tattica dellanno precedente, attaccando separatamente tutti i campi base delle legioni romane. I Galli, infine, sostenevano che: « Era molto meglio cadere in battaglia piuttosto che rinunciare allantica gloria militare ed alla libertà che avevano ricevuto dagli avi. » (Cesare, De bello Gallico, VII, 1.) La campagna decisiva di Cesare del 52 a.C. contro le forze alleate dei Galli di Vercingetorige. Furono i Carnuti a dare il via alla rivolta, guidati da Cotuato e Conconnetodunno («due scellerati», nelle parole di Cesare). Essi si radunarono a Cenabo e qui uccisero tutti i cittadini romani che vi dimoravano, esercitando il commercio in quelle regioni. Rapidamente la notizia giunse in ogni angolo della Gallia, compreso il Paese degli Arverni dove Vercingetorige, figlio del nobile Celtillo (un tempo principe di questo popolo), sebbene ancora giovane, infiammò gli animi di una parte della popolazione. Ma se in un primo momento alcuni capi di questa tribù si opposero al suo desiderio di muovere guerra ai Romani e lo cacciarono da Gergovia, capitale degli Arverni, Vercingetorige, non rinunciando a questa sua idea, arruolò nelle campagne circostanti un numero di armati sufficienti a rovesciare il potere nella sua tribù ed a farsi proclamare re. La mossa successiva fu quella di inviare messi a tutte le popolazioni limitrofe, per trovare nuovi alleati per il tentativo di liberare definitivamente la Gallia dal giogo romano. In breve tempo riuscì a legare a sé Senoni, Parisi, Pictoni, Cadurci, Turoni, Aulerci, Lemovici, Andi e tutte le tribù che abitavano la costa atlantica.[125] « [...] a Vercingetorige, allunanimità viene affidato il comando supremo. Ricevuto questo potere comanda a tutte le tribù di inviargli ostaggi [...] ed un determinato numero di soldati, stabilisce la quantità di armi che ciascun popolo deve produrre entro una data certa, e si occupa soprattutto della cavalleria. A questo suo zelo affianca una grande severità nellesercitare il potere [...] » (Cesare, De bello Gallico, VII, 4.) Riunito rapidamente un esercito, Vercingetorige decise di inviare il cadurco Lucterio nel Paese dei Ruteni con una parte delle truppe, mentre egli stesso si diresse nel territorio dei Biturigi. I vicini Edui, di cui i Biturigi erano popolo cliente, dopo aver inviato in soccorso al popolo alleato alcuni reparti di cavalleria e fanteria preferirono non passare il fiume Loira per paura di essere traditi, sospettando fossero divenuti ora alleati degli Arverni, come del resto sarebbe accaduto da lì a poco. Nel frattempo Cesare, venuto a conoscenza dei piani di Vercingetorige e delle nuove alleanze che Lucterio era riuscito ad ottenere con Ruteni, Nitiobrogi e Gabali, si affrettò a raggiungere la Gallia Narbonense. Giunto nella provincia, dispose presidi armati tra i Ruteni stessi, i Volci Arecomici, i Tolosati e nei dintorni della capitale, Narbona (tutti luoghi che confinavano con i territori del nemico). Ordinò, infine, che la parte rimanente delle truppe di stanza nella provincia, unitamente alle coorti dei complementi che aveva arruolato durante linverno in Italia e condotto con sé, fossero riuniti nel Paese degli Elvi, che confinavano con gli Arverni.[126] Lucterio, venuto a conoscenza delle mosse del proconsole romano, decise di ritirarsi, mentre Cesare, al contrario, passò al contrattacco attraversando la catena delle Cevenne, dove i passi, in quel periodo dellanno, erano ricoperti da uno strato altissimo di neve: « [Cesare], sgombrata la neve, che era alta sei piedi, ed aperta la via, grazie alle grandi fatiche dei legionari, riuscì a raggiungere il Paese degli Arverni. Questi furono colti di sorpresa, poiché credevano di essere difesi dai monti Cevenne, come fossero delle barriere naturali e che nessuno mai in quella stagione avrebbe potuto passare per quelle vie. Cesare così diede ordine che la cavalleria facesse scorrerie per lo spazio più ampio possibile, al fine di provocare nel nemico il massimo del terrore. » (Cesare, De bello Gallico, VII, 8.) A questa notizia Vercingetorige fu costretto a rientrare dal Paese dei Biturigi ed a far ritorno in quello degli Arverni. Cesare, che aveva previsto questa mossa, dopo soli due giorni lasciò al comando delle truppe provinciali Decimo Giunio Bruto Albino e si recò a marce forzate, via Vienne lungo il Rodano, nel Paese dei Lingoni dove svernavano due legioni. « [Cesare] giunto colà invia messaggeri alle altre legioni e le riunisce in un solo luogo [probabilmente ad Agendicum, dove si trovava il grosso dellesercito], prima che gli Arverni sappiano del suo arrivo. Conosciuta la cosa Vercingetorige conduce nuovamente lesercito nel Paese dei Biturigi, e da lì muove verso loppidum di Gorgobina, città dei Boi. » (Cesare, De bello Gallico, VII, 9.) Radunato lesercito, Cesare invitò gli Edui a fornirgli le necessarie vettovaglie per la nuova campagna. Una volta avvertiti i Boi che presto li avrebbe raggiunti, affinché resistessero allassedio di Vercingetorige, si mise in marcia a capo di otto legioni, mentre le rimanenti due le lasciò ad Agendicum con lintero bagaglio. Lungo il percorso pose sotto assedio ed occupò, una ad una, le città di Vellaunodunum (dei Senoni[127]), di Cenabum (capitale dei Carnuti) e di Noviodunum dei Biturigi - lodierna Nouan-le-Fuzelier[128]). Diorama ricostruttivo dellassedio di Avarico. Quando Vercingetorige venne a conoscenza dellarrivo di Cesare, tolse lassedio da Gorgobina e si mise in marcia per affrontarlo. Il proconsole romano, frattanto, dopo aver fatto bottino nelle tre città appena conquistate, mosse verso la città più grande dei Biturigi: Avaricum. Cesare confidava che, qualora fosse riuscito a conquistare una fra le città meglio fortificate e più ricche dellintera Gallia, questo successo gli avrebbe garantito la piena sottomissione dellintero popolo dei Biturigi.[129] La città fu posta sotto assedio dai Romani con opere di imponente ingegneria militare. Dopo 27 giorni di estenuante assedio anche loppidum dei Biturigi capitolò. Vercingetorige, benché avesse un esercito più numeroso di quello di Cesare, si sottrasse allo scontro in campo aperto. La sua strategia (una guerriglia continua e di blocco dei rifornimenti ai Romani, mentre questi erano impegnati nellassedio) non ebbe però successo: non solo perse loccasione per impegnare il nemico in un territorio a lui favorevole, ma assistette al massacro finale dellintera popolazione, una volta conquistata la città dai Romani. Quarantamila abitanti furono massacrati e se ne salvarono solo ottocento. Questa dura repressione rese però ancor più determinati i ribelli ed estese lalleanza anticesariana a nuove nazioni della Gallia. Vercingetorige era riuscito, infatti, a coalizzarne di nuove ed a chiedere a ciascuna di loro un determinato numero di armati, tra cui numerosi arcieri:[130] « Vercingetorige stava per unire alle nazioni [già in guerra contro i Romani] quelle che fino ad allora non avevano aderito. Egli avrebbe così creato una sola volontà di tutta la Gallia, e ad una tale unione il mondo intero non avrebbe potuto resistere. E Vercingetorige era prossimo alla realizzazione di questo progetto. » (Cesare, De bello Gallico, VII, 29, 6.) Cesare, dopo aver portato a termine loccupazione dellultimo baluardo dei Biturigi, insieme alle altre tre importanti città della Gallia centrale, decise di fermarsi per alcuni giorni ad Avarico per rifocillare le truppe, avendo trovato nella capitale dei Biturigi abbondanza di frumento ed altre vettovaglie. Linutile vittoria di Vercingetorige a Gergovia[modifica | modifica sorgente] La città di Gergovia nel 52 a.C.[131] Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Battaglia di Gergovia. Con la fine dellinverno (primi di aprile), Cesare era deciso a riprendere la campagna militare per condurre a termine in modo definitivo loccupazione dellintera Gallia, quando venne a conoscenza di alcuni dissidi interni sorti nellalleata popolazione degli Edui. La situazione era assai critica e necessitava di un intervento del proconsole romano per evitare una guerra civile tra due fazioni opposte. Cesare racconta che, quellanno, erano stati creati, contrariamente alla normale tradizione di questo popolo, non uno ma due magistrati supremi con potere regale: Convittolitave e Coto. Questa doppia magistratura aveva determinato che lintero popolo fosse in armi, il senato fosse diviso, il popolo pure, e ciascuno dei due contendenti avesse propri clienti.[132] Cesare, pur reputando svantaggioso sospendere le operazioni militari ed allontanarsi dal nemico, non poteva di certo ignorare che uno dei principali popoli a lui alleati, e fondamentali per il prosieguo della guerra (anche in termini di armati forniti e di vettovaglie) fosse sullorlo di una guerra civile. Decise pertanto di recarsi personalmente presso gli Edui e di convocare il loro senato presso Decezia. Una volta valutata la situazione, costrinse Coto a deporre il potere, affidandolo interamente nelle mani di Convittolitave; emessa la sentenza li esortò a spedirgli rapidamente tutta la cavalleria e diecimila fanti, con i quali intendeva istituire alcune guarnigioni a protezione del vettovagliamento. Il panorama attuale, visto dallalto della rocca di Gergovia, dove si accamparono le legioni di Gaio Giulio Cesare. Divise, infine, lesercito in due parti: a Tito Labieno lasciò quattro legioni, inviandolo a nord per sopprimere la rivolta di Senoni e Parisi; a sé stesso riservò le rimanenti sei legioni e puntò verso sud, seguendo il fiume Elaver, verso la capitale arverna: Gergovia (le cui rovine sorgono nei pressi di Clermont-Ferrand). Alla notizia dellavanzata di Cesare, Vercingetorige abbatté tutti i ponti di quel fiume e si mise in marcia lungo la sponda opposta.[133] Intanto aveva guadagnato alla sua causa anche gli Edui, da sempre alleati di Cesare. Il proconsole fu così costretto a ritirarsi provvisoriamente da Gergovia per riprendere il controllo degli Edui; dopodiché si ripresentò sotto le mura della capitale degli Arverni.[134] Qui fu sconfitto, anche se di misura, e per i due giorni successivi schierò le truppe in modo da attrarre il capo gallico alla battaglia finale, quella che avrebbe sancito definitivamente le sorti della guerra in Gallia. Ma Vercingetorige, pur avendo appena ottenuto quel piccolo successo, non ingaggiò battaglia, temendo la tattica romana e le capacità militari del suo avversario. Le fasi dellattacco romano fin sotto le mura di Gergovia e la controffensiva gallica. Al termine di quei due giorni il proconsole decise di togliere lassedio e di ricongiungersi con le quattro legioni che aveva lasciato presso i Parisi sotto il comando di Labieno: riteneva necessario compattare le forze ed affrontare il nemico prima che il malcontento si diffondesse allintera Gallia. Gli stessi Edui si erano ribellati nuovamente, quando dallassedio di Gergovia ritornarono Viridomaro ed Eporedorige: questi avevano contribuito a sobillare il popolo ed a massacrare numerosi cittadini romani a tradimento, cominciando poi, per il timore di una rappresaglia del proconsole romano, ad arruolare dalle regioni confinanti nuove truppe e a disporre presidi e corpi di guardia sulle rive della Loira per fermare il proconsole romano. Cesare, ormai sapeva di non poter più contare su alcun alleato in Gallia (salvo Lingoni e Remi): doveva ricongiungersi a Labieno nel tentativo di ottenere uno scontro risolutivo contro Vercingetorige. Sarebbe comunque stato in una situazione di grande inferiorità numerica e avrebbe potuto far affidamento solo sul suo genio militare e sulla miglior disciplina dellesercito romano.[135] Nel frattempo Labieno, partito da Agendico per Lutezia, riuscì non solo a battere una coalizione di popolazioni a nord della Loira, comandate dallaulerca Camulogeno, ma anche a ricongiungersi con Cesare, sfuggendo ai tentativi di accerchiamento condotti prima dai Bellovaci, anchessi ribellatisi al dominio romano, e poi dagli Edui.[136] Mentre i Romani erano riusciti a ricongiungersi, Vercingetorige aveva ricevuto ufficialmente il comando supremo nella capitale edua di Bibracte nel corso di una dieta pangallica, a cui non parteciparono però Treveri, Remi e Lingoni (questi ultimi due popoli ancora alleati di Cesare), che avevano deciso di non aderire alla rivolta. « Vercingetorige ordina alle nazioni della Gallia di fornirgli ostaggi e stabilisce un giorno per la consegna. Comanda che vengano velocemente raccolti tutti i cavalieri in numero di 15.000. Afferma che bastava la fanteria che aveva avuto fino ad ora, ma che non avrebbe tentato la sorte, attaccando Cesare in una battaglia campale, ma poiché aveva cavalleria in abbondanza, gli sarebbe riuscito più facile impedire ai romani lapprovvigionamento di frumento e fieno, a condizione che i Galli si rassegnassero a distruggere il loro frumento e ad incendiare le loro case. In questa perdita dei loro beni dovevano vedere il mezzo per conseguire lindipendenza nazionale [...] Prese poi queste decisioni: comanda a 10.000 fanti e 800 cavalieri Edui e Segusiavi, sotto il comando di Eporedorige [...] di portar la guerra agli Allobrogi della Provincia romana; dallaltra parte manda i Gabali e gli Arverni contro gli Elvi, e così anche i Ruteni e Cadurci a devastare il Paese dei Volci Arecomici [...] ma per tutte queste evenienze erano predisposti dei presidi romani per complessive 22 coorti, arruolate dal legato Lucio Cesare [parente del proconsole] » (Cesare, De bello Gallico, VII, 64-65.) Cesare, unitosi a Labieno e alle sue legioni ad Agedinco, decise di riparare presso i vicini ed alleati Lingoni, rafforzando le sue truppe con reparti di cavalleria germanica mercenaria (era il secondo squadrone che il generale romano arruolava nel corso della guerra). Riprese, infine, la strada verso sud in direzione della Gallia Narbonense, ma a nord-est di Digione le legioni (che probabilmente erano undici[137]) furono attaccate dallarmata di Vercingetorige (fine settembre del 52 a.C.).[138] Lattacco della cavalleria gallica fu però respinto dalle legioni romane in marcia e dalla cavalleria germanica. La fiducia dei ribelli vacillò e Vercingetorige decise di riparare con il suo esercito ad Alesia. Qui, una volta raggiunto da Cesare, fu posto sotto assedio senza più alcuna possibilità di scampo.[139] La fine della rivolta: la resa di Vercingetorige ad Alesia[modifica | modifica sorgente] Le fortificazioni costruite da Cesare ad Alesia, nellipotesi della locazione della battaglia presso Alise-sainte-Reine (52 a.C.). Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Battaglia di Alesia. Cesare piombò su Alesia e la cinse dassedio: fece costruire un anello di fortificazioni lungo sedici chilometri tutto intorno alloppidum nemico ed, allesterno di questo, un altro di ventun chilometri circa, in previsione di un possibile attacco dalle spalle. Le opere dassedio di Cesare comprendevano così due valli (uno interno ed uno esterno), fossati pieni dacqua, trappole, palizzate, quasi un migliaio di torri di guardia a tre piani (a 25 metri circa, luna dallaltra), ventitré fortini (occupati ciascuno da una coorte legionaria, nei quali di giorno erano posti dei corpi di guardia perché i nemici non facessero improvvise sortite, mentre di notte erano tenuti da sentinelle e da solidi presidi), quattro grandi campi per le legioni (due per ciascun castrum) e quattro campi per la cavalleria (legionaria, ausiliaria e germanica), posti in luoghi idonei.[140] Dopo circa un mese di lungo e logorante assedio, giunse lungo il fronte esterno delle fortificazioni romane un potente esercito gallico di circa 240.000 armati ed 8.000 cavalieri, giunto in aiuto degli assediati. « Ordinano agli Edui ed alle loro tribù clienti, Segusiavi, Ambivareti, Aulerci Brannovici, Blannovi 35.000 armati; egual numero agli Arverni insieme agli Eleuteti, Cadurci, Gabali e Vellavi che a quel tempo erano sotto il dominio degli Arverni; ai Sequani, Senoni, Biturigi, Santoni, Ruteni e Carnuti 12.000 ciascuno; ai Bellovaci 10.000 (ne forniranno solo 2.000); ai Lemovici 10.000; 8.000 ciascuno a Pittoni e Turoni, a Parisi ed a Elvezi; ai Suessoni, Ambiani, Mediomatrici, Petrocori, Nervi, Morini, Nitiobrogi ed agli Aulerci Cenomani, 5.000 ciascuno; agli Atrebati 4.000; ai Veliocassi, Viromandui, Andi ed Aulerci Eburovici 3.000 ciascuno; ai Raurici e Boi 2.000 ciascuno; 10.000 a tutti i popoli che si affacciano sullOceano e per consuetudine si chiamano genti Aremoriche, tra cui appartengono i Coriosoliti, i Redoni, gli Ambibari, i Caleti, gli Osismi, i Veneti, Lessovi e gli Unelli... » (Cesare, De bello Gallico, VII, 75.) Al comando di questo immenso esercito di soccorso furono posti: latrebate Commio, gli Edui Viridomaro ed Eporedorige, e larverno Vercassivellauno, cugino di Vercingetorige.[141] La resa di Vercingetorige secondo Lionel-Noël Roynner (1899). Per quattro giorni le legioni cesariane resistettero agli attacchi combinati dei Galli di Alesia e dellesercito accorrente. Il quarto giorno, questi ultimi riuscirono ad aprire una breccia nellanello esterno, ma furono respinti grazie allaccorrere prima del legato Labieno, poi dello stesso Cesare, il quale riuscì a rintuzzare lattacco nemico al comando della cavalleria germanica e delle truppe di riserva raccolte lungo il percorso. Il nemico gallico fu accerchiato, con unabile manovra esterna. Era la fine del sogno di libertà della Gallia; Vercingetorige si consegnò al proconsole romano. La fine di Alesia fu il termine della resistenza delle tribù della Gallia. I soldati di Alesia, così come i sopravvissuti dellesercito di soccorso, furono fatti prigionieri. In parte furono venduti come schiavi ed in parte ceduti come bottino di guerra ai legionari di Cesare, ad eccezione dei membri facenti parte delle tribù Edui e degli Arveni che furono liberati e perdonati per salvaguardare lalleanza di queste importanti tribù con Roma. Moneta raffigurante Vercingetorige. Dopo la vittoria, il Senato decretò venti giorni di festa in onore del proconsole,[142] mentre Vercingetorige fu mantenuto in vita nei sei anni successivi, in attesa di essere esibito nella sfilata di trionfo di Cesare. E, come era tradizione per i comandanti nemici catturati, alla fine della processione trionfale fu rinchiuso nel Carcere Mamertino e strangolato.[143] Al termine di questo settimo anno di guerra, Cesare, dopo aver raccolto la resa della nazione degli Edui, dispone per linverno del 52-51 a.C. le undici legioni come segue: le legioni VII, XV e la cavalleria con Tito Labieno ed il suo luogotenente, Marco Sempronio Rutilo, tra i Sequani a Vesontio; la legione VIII con il legato Gaio Fabio e la VIIII con il legato Lucio Minucio Basilo presso i Remi (probabilmente nei pressi di Durocortorum e Bibrax), per proteggerli dai vicini Bellovaci ancora in rivolta; la legione XI con Gaio Antistio Regino tra gli Ambivareti; la legione XIII con Tito Sestio tra i Biturigi (probabilmente a Cenabum); la legione I con Gaio Caninio Rebilo tra i Ruteni; la legione VI con Quinto Tullio Cicerone a Matisco e la XIIII con il legato Publio Sulpicio a Cabillonum presso gli Edui. Egli stesso fissò il suo quartier generale a Bibracte e vi si recò con le legioni X e XII[144]. Anni 51-50 a.C.: ultime rivolte in Gallia[modifica | modifica sorgente] Campagne contro i Biturigi e i Bellovaci[modifica | modifica sorgente] La campagna finale di Cesare del 51 a.C., e la definitiva sottomissione dellintera Gallia. Sconfitto definitivamente Vercingetorige, Cesare sperava di poter far finalmente riposare le truppe, che avevano combattuto incessantemente per sette anni. Invece venne a sapere che diversi popoli stavano rinnovando i piani di guerra e stringendo alleanze tra di loro, con lintento di attaccare contemporaneamente e da più parti i Romani. Lobiettivo era quello di costringere il proconsole a dividere le sue forze, nella speranza di poterlo finalmente battere. Il generale romano decise, però, di muovere con grande tempestività, anticipando i piani dei rivoltosi, contro i Biturigi. Questi, sorpresi dalla rapidità con cui era stata condotta questa nuova campagna, furono fatti prigionieri a migliaia. Cesare ottenne così la loro definitiva sottomissione, costringendo anche molte delle popolazioni limitrofe a desistere dai loro piani di ribellione.[145] I Biturigi, ormai sottomessi al dominio romano, chiesero aiuto a Cesare contro i vicini Carnuti, lamentandone continui attacchi da parte loro. Il proconsole mosse con altrettanta rapidità contro questo popolo, che alla notizia dellarrivo dei Romani si diede alla fuga.[145] Frattanto i Bellovaci, superiori a tutti i Galli e ai Belgi quanto a gloria militare, e i popoli limitrofi stavano radunando in un solo luogo gli eserciti (sotto la guida del bellovaco Correo e dellatrebate Commio), per poi attaccare in massa le terre dei Suessioni, vassalli dei Remi. Cesare richiamò dal campo invernale lundicesima legione; inviò quindi una lettera a Gaio Fabio, affinché conducesse nei territori dei Suessioni le due legioni che aveva ai suoi ordini. A Labieno, infine, richiese una delle due legioni di cui disponeva. Puntò quindi sui Bellovaci, stabilendo il campo nei loro territori e compiendo rastrellamenti con squadroni di cavalleria in tutta la zona, al fine di catturare prigionieri che lo mettessero al corrente dei piani nemici. Cesare venne così a sapere che tutti i Bellovaci in grado di portare armi si erano radunati in un solo luogo, insieme anche agli Ambiani, agli Aulerci, ai Caleti, ai Veliocassi e agli Atrebati. I rivoltosi avevano scelto per accamparsi una località daltura, in una selva circondata da una palude, e avevano ammassato tutti i bagagli nei boschi alle spalle. Tra i capi dei ribelli, il più ascoltato era Correo, noto per il suo odio mortale verso Roma. Cesare marciò contro i nemici. Dopo alcuni giorni di attesa e scaramucce, i due eserciti vennero allo scontro (nei pressi dellattuale Compiègne lungo il fiume Axona)[146] e i Romani misero in rotta il nemico, facendone strage: lo stesso Correo morì in battaglia. I pochi superstiti vennero accolti dai Bellovaci e da altri popoli, che decisero di consegnare ostaggi al proconsole. Cesare accettò la resa di nemici. Di fronte a ciò, latrebate Commio riparò presso le genti germaniche dalle quali aveva ricevuto rinforzi: la paura gli impediva infatti di mettere la propria vita nelle mani di altri. Lanno precedente, infatti, mentre Cesare si trovava nella Gallia Cisalpina per amministrare la giustizia, Tito Labieno, avendo saputo che Commio sobillava i popoli e promuoveva una coalizione anti-romana, aveva cercato di assassinare il gallo, attirandolo con il pretesto di un abboccamento. Lagguato però fallì e Commio, sebbene ferito gravemente, era riuscito a salvarsi. Da allora, aveva deciso che mai si sarebbe incontrato con un romano.[147] Campagna contro i Pictoni[modifica | modifica sorgente] A questo punto le truppe romane condussero varie operazioni di “pulizia”; Cesare puntò verso la regione che era appartenuta ad Ambiorige, per devastarla e far razzie.[148] Soldati galli in unillustrazione del Grand dictionnaire universel du XIXe siècle, 1898. Nel frattempo, grazie al pictone Durazio (rimasto sempre fedele allalleanza con i Romani mentre una parte del suo popolo aveva defezionato), il legato Gaio Caninio Rebilo, avvertito che un gran numero di nemici si era raccolto proprio nelle terre dei Pictoni, si diresse verso la città di Lemono (lattuale Poitiers). Mentre stava per raggiungerla, venne a sapere che Dumnaco, capo degli Andi, stava assediando con molte migliaia di uomini le truppe di Durazio, asserragliate a Lemono. Pose allora il campo in una zona ben munita, mentre Dumnaco, avendo saputo dellarrivo di Caninio, volse tutte le truppe contro le legioni e assaltò il campo romano. Dopo aver speso diversi giorni nellattacco, a prezzo di gravi perdite e senza riuscire a far breccia nelle fortificazioni, Dumnaco desistette e tornò ad assediare Lemono. Intanto Gaio Fabio, dopo aver accettato la resa di parecchi popoli, mosse in soccorso di Durazio. Dumnaco ripiegò allora con tutte le truppe, nel tentativo di attraversare un ponte sulla Loira. Tuttavia Fabio, essendo venuto a conoscenza della natura del luogo, mosse verso lo stesso ponte e ordinò alla cavalleria di precedere lesercito. I cavalieri romani piombarono sui nemici in marcia, ne uccisero molti e si impadronirono di un ricco bottino. Eseguita con successo la missione, rientrarono al campo. La notte successiva Fabio mandò in avanscoperta la cavalieria, pronta allo scontro e a ritardare la marcia di tutto lesercito nemico fino allarrivo di Fabio stesso. Il prefetto della cavalleria, Quinto Azio Varo, inseguì i nemici e si scontrò duramente con loro. Mentre infuriava la battaglia, arrivarono le legioni a ranghi serrati, portando lo scompiglio tra i Galli che ruppero le righe e vennero massacrati e catturati in gran numero.[149] Campagna contro i Cadurci[modifica | modifica sorgente] Scampato al massacro con la fuga, il senone Drappete raccolse circa duemila fuggiaschi e puntò contro la Gallia Narbonense. Con lui aveva preso liniziativa il cadurco Lucterio, che aveva deciso di attaccare la provincia romana fin dallinizio della rivolta. Caninio partì al loro inseguimento con due legioni, al fine di evitare le scorrerie in territorio romano. Gaio Fabio ottenne intanto la resa dei Carnuti, il cui esempio venne seguito dalle genti aremoriche: sottomesse al prestigio dei Carnuti, obbedirono senza indugio agli ordini. Busto di Giulio Cesare. Drappete e Lucterio, appresa la notizia dellarrivo di Caninio e delle sue legioni, si convinsero di non poter entrare nella provincia romana senza andar incontro a una sicura disfatta e di non avere più possibilità di spostarsi e di compiere razzie. Si fermarono quindi nei territori dei Cadurci, occupando la città di Uxelloduno (nei pressi dellodierna collina di Puy dIssoluben, allepoca ben fortificata e difficile da assaltare).[150] Raggiunta a sua volta la città, Caninio divise in tre gruppi le sue coorti e pose tre distinti campi in un luogo molto elevato. Da qui, a poco a poco, cominciò a circondare la città con una fortificazione. Lucterio e Drappete si preparaono a sostenere lassedio compiendo una sortita notturna in cerca di vettovaglie da ammassare; di tanto in tanto attaccavano i Romani, costringendo Caninio a rallentare i lavori di fortificazione tuttintorno alla città. Dopo essersi procurati grandi scorte di grano, Drappete e Lucterio si attestarono a circa dieci miglia dalla città: Drappete con parte delle truppe rimase al campo per difenderlo, mentre Lucterio cominciò a introdurre il grano in città. Accortisi di ciò, i Romani attaccarono il nemico, mettendolo in fuga e facendone strage. Lucterio cercò scampo con pochi dei suoi, senza neppure rientrare al campo. Caninio marciò poi contro Drappete, lo sconfisse e lo prese prigioniero. A questo punto tornò ad assediare la città. Il giorno dopo arrivò Gaio Fabio con tutte le truppe e assunse il comando delle operazioni dassedio per un settore della città.[151] Intanto Cesare, lasciato Marco Antonio tra i Bellovaci con quindici coorti, visitò altri popoli, impose la consegna di nuovi ostaggi e rassicurò quelle genti in preda alla paura. Poi giunse nelle terre dei Carnuti, dove era scoppiata una nuova insurrezione, ed esigette la punizione dellistigatore della rivolta, Gutuatro; consegnato al proconsole, Gutuatro fu giustiziato.[152] Cesare raggiunse poi a sua volta Uxelloduno e rafforzò lassedio, ottenendo alla fine la resa della città. Per impartire una lezione a tutti i Galli, il proconsole fece mozzare le mani a chiunque avesse impugnato le armi.[153] Lucterio venne consegnato ai Romani da Epasnacto, mentre Labieno si scontrò nuovamente con Treveri e Germani, catturando molti capi nemici, tra cui leduo Suro.[154] Il proconsole romano spazzò poi via le residue sacche di resistenza presenti in Aquitania.[155] Dopo che anche Commio si fu arreso,[156] tutta la Gallia poteva dirsi pacificata: « Cesare, mentre svernava in Belgio, mirava ad un unico scopo: tenere legate allalleanza le varie genti e non fornire a nessuno speranze o motivi di guerra. Infatti, niente gli pareva meno auspicabile, alla vigilia della sua uscita di carica, che trovarsi costretto ad affrontare un conflitto. Altrimenti, al momento della sua partenza con lesercito, si sarebbe lasciato alle spalle una guerra che tutta la Gallia avrebbe intrapreso con entusiasmo, liberata dal pericolo della sua presenza. Così, distribuendo titoli onorifici ai vari popoli, accordando grandissime ricompense ai loro principi, non imponendo nuovi oneri, la Gallia, prostrata da tante sconfitte, riuscì con facilità a tenerla in pace, rendendo più lieve lassoggettamento. » (Irzio, De bello Gallico, VIII, 49.) Nel 49 a.C. Cesare ritirò la maggior parte delle sue legioni dalla Gallia.[157] Presto sarebbe cominciata una nuova era del mondo romano, con la sua trasformazione da repubblica in principato, dopo un ventennio di guerre civili. La civiltà di Roma si era imposta allintero bacino del Mediterraneo, in uninedita società multietnica. Anche gran parte dellimmenso e potente popolo dei Celti ne era stato infatti inglobato, ed altri avrebbero seguito questo destino nei due secoli successivi. Conseguenze della conquista[modifica | modifica sorgente] Il mondo romano nel 50 a.C. dopo la conquista della Gallia. La conquista della Gallia fu un evento epocale per la storia dellOccidente. Roma, che sino ad allora era stata un impero mediterraneo, divenne da questo momento la dominatrice dellEuropa transalpina. Nei decenni che seguirono, vennero sottomesse le Alpi, la Rezia, il Norico e la Britannia, andando a costituire quello che sarà per i secoli successivi il dominio di Roma nel continente europeo. Da questo momento, i destini della Gallia e di Roma percorsero strade comuni: la Gallia andò, via via, romanizzandosi attraverso la costruzione di nuove città, strade ed acquedotti, con la fusione delle due culture in ununica. Ne nacque un sincretismo che diede vita a quella cultura gallo-romana che in seguito verrà assimilata anche dagli invasori Franchi e su cui germoglierà il Sacro Romano Impero di Carlo Magno. Ottanta anni dopo la conquista, Claudio, nato significativamente a Lugdunum, permise ai senatori di origine gallica di confluire nel Senato, formalizzando unintegrazione oramai compiuta. Augusto nel frattempo aveva diviso la Gallia in diverse province: oltre alla preesistente Narbonense, vennero istituite le province di Aquitania, Lugdunense e Belgica. Ma al di là della importanza in chiave storica assoluta, la conquista della Gallia fu sotto molti punti di vista una guerra spregiudicata. Nessuna reale minaccia per i territori romani a sud della Gallia si presentava allinizio degli anni 50 del I secolo a.C. da parte delle popolazioni celtiche del centro e del nord. Né gli Elvezi né gli Allobrogi avevano, nel 59/58 a.C., minacciato la provincia di Narbonense a tal punto da provocare una reazione simile. La guerra non fu perciò mossa da un reale pericolo: fu al contrario una decisione unilaterale di Cesare, il quale, attraverso la conquista, mirava spregiudicatamente al consolidamento del suo potere nella lotta politica interna al Primo triumvirato. Essenzialmente Cesare ambiva a controbilanciare i successi orientali di Pompeo nellopinione pubblica, ad assicurarsi una pressoché inesauribile fonte di denaro,[158] un esercito preparato e fedele, nonché schiere di clienti e migliaia di schiavi. Questi obiettivi furono in sostanza tutti raggiunti. Cesare, conquistata la Gallia, era entrato nellOlimpo dei grandi conquistatori romani. Era amato dalla plebe di Roma alla quale, sapientemente, aveva concesso benefici di varia natura grazie al bottino di guerra. Il Senato e Pompeo ora lo temevano, sapendo che alle sue dipendenze aveva delle legioni temprate dalla guerra, costituite da cittadini di recente cittadinanza e legati a Cesare da un vincolo di fedeltà clientelare. Soprattutto Cesare sortì dalla conquista immensamente ricco e influente, gettando così le basi per lescalation che avrebbe portato alla guerra civile. Svetonio scrive: «In Gallia spogliò i templi e i santuari degli dèi, zeppi di doni votivi e distrusse le città più spesso per predarle che per punirle. In tal modo ebbe oro in abbondanza, e lo mise in vendita in Italia e nelle province...».[159] Se la Repubblica era minata già dal tempo dei Gracchi, la conquista della Gallia ruppe definitivamente il bilanciamento di poteri che aveva retto da Silla in poi. Militarmente parlando, Cesare compì una vera e propria impresa, descritta nel De bello Gallico, opera nella quale sono concentrati labilità militare e le capacità narrative di Cesare. In esso il futuro dittatore narra eventi, fatti, battaglie, spostamenti.[160] Sempre, ovviamente, da un punto di vista romano. Poco o nulla sappiamo da parte gallica di cosa fu per le popolazioni celtiche questa guerra che, in definitiva, ne decretò la fine della libertà tribale. Decine, forse centinaia di migliaia di Celti furono deportati in tutta Italia, e paradossalmente, la conquista romana permise ai Galli di aprirsi una strada verso lItalia centrale e meridionale, dove, al tempo del loro massimo splendore, si erano trovati il cammino sbarrato da Etruschi e Latini. Alcuni storici hanno ipotizzato che nei dieci anni della campagna, la Gallia abbia perso oltre un milione di abitanti. Plinio il Vecchio, attenendosi ai calcoli dello stesso Cesare, parla di 1.192.000 morti.[161] Le cifre forniteci potrebbero essere inferiori, come esatte. Alla storia, rimane una guerra terribile, combattuta per quasi un decennio, nella quale, né da una parte, né dallaltra si risparmiarono le crudeltà. La conquista della Gallia, grazie al tramite di Roma, proiettò definitivamente lEuropa continentale nel Mediterraneo; ma né il trionfatore Cesare, né lo sconfitto Vercingetorige poterono essere testimoni fino in fondo delle conseguenze dei loro atti: una morte violenta colse entrambi pochi anni dopo la fine della guerra. Entrambi uccisi nellUrbe, entrambi uccisi in nome di una Repubblica di cui furono, nei rispettivi ruoli, acerrimi rivali. A Roma come in Gallia, si era però allora aperta una nuova era. Note[modifica | modifica sorgente]
Posted on: Fri, 08 Nov 2013 19:59:34 +0000

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