Sto pensando… non so più neanche che cosa perché pensando, il - TopicsExpress



          

Sto pensando… non so più neanche che cosa perché pensando, il più delle volte mi arrabbio. Eppure, avevo cominciato bene i miei pensieri, con note idilliache. Così: Nel mare di canne dietro la laguna di Caorle, nel peregrinare attraverso i canali costeggiati dagli stupendi “casoni”, ho incontrato un vecchio battelliere e pescatore che, molti anni prima, aveva portato sul luogo della posta Ernest Heminguey, ospite nelle tenute del barone Franchetti. Mi raccontava, mentre mi preparava una frittura col pesce appena pescato, che il famoso scrittore con la doppietta rivolta alla preda, rimaneva in ammirata contemplazione dei movimenti dei germani e degli altri acquatici, senza sparare un colpo. Solo alla sera, prima di far ritorno nella splendida villa che lo ospitava, sparava un colpo giusto per guarnire la tavola di un buon capo di selvaggina. Io, che non vado a caccia e non mangio neanche la selvaggina, un cacciatore lo vedo così …. E così iniziavo una presentazione di un libro scritto da un appassionato cacciatore. Appassionato è diverso da fanatico. Per quanto riguarda le armi mi ritengo un appassionato della storia e della meccanica ma, non un fanatico. Non andavo in giro armato neanche quando ero militare e mi armavo solo quando partivo, coi carabinieri, per un’azione di antisabotaggio che mi puzzava di agguato. Ero suggestionato ed atterrito dalla certezza che se avessi tirato fuori l’arma, sarei andato a bersaglio. La mia abilità andava oltre ai titoli e le gare vinte nelle gare di tiro perché, ed ecco la ragione per cui ritengo le mie esperienze irripetibili, avevo la disponibilità di tutto il munizionamento che volevo e che io distruggevo nel modo migliore, cioè sparandolo, mentre nel mio poligono facevo altrettanto coi colpi di artiglieria che avrebbero potuto essere sparati durante le esercitazioni invece di risparmiarli per spendere poi a distruggerli. Conosco le armi perché mio padre mi faceva frequentare i poligoni fin da bambino e seguivo le lezioni che si facevano alla scuola Ufficiali a Fano. Quando sono entrato in Accademia avrei potuto insegnare la materia agli istruttori, ma non intervenivo mai per l’esagerato senso della disciplina inculcatomi (anche con violenza) da mio padre. C’era un tenente denominato Zaccheo perché, al pari del personaggio del Vangelo che saliva sull’albero per vedere Gesù a causa della sua bassa statura, si innalzava sulle scarpe con la suola a carro armato alta 5 cm. come facevano anche i granatieri col colbacco per intimorire il nemico. Essendo cremonese come papà e consigliato da lui a usare la maniera forte con me che ero già minchione allora, mi terrorizzava. In accademia gli studi, nonostante che questo non appaia molto per via del depauperamento culturale che avviene spesso con la vita di caserma, erano estremamente seri e quelli scientifici del biennio di ingegneria assieme a quelli successivi alla scuola di applicazione, prevalenti su quelli militari che si possono imparare anche giocando a Bridge nelle guarnigioni isolate. Me ne accorgerò quando incontrerò “ingegneri” che scambiano il piombo per acciaio “zonato”, fanno sequestrare chiodi da legno perché possibili percussori, senza sapere che l’acciaio dolce non supporta trattamenti termici o ignoranti del fatto che l’ossido di carbonio ad atta temperatura di venta esplosivo col solo apporto d’aria, ed altro. Il fatto di essere trasferito a comandare l’ex Arsenale di Brescia mi ha indubbio aiutato ad uscire dall’ambiente dove tutto o quasi era finzione scenica. I mezzi presenti nelle officine erano vecchi residuati da quando nel ‘ 18 si costruivano i moschetti 91 TS e gli operai altrettanto, ma con un lavoro incredibile da fare, vista la presenza in zona di centinaia di fabbriche d’armi e delle due più grosse fabbriche d’esplosivi che mi hanno obbligato a rimanere nella Commissione tecnica provinciale per quarant’anni, fino alla loro chiusura. Probabilmente, non era stato un premio mandarmi a Brescia, ma una fuga di altri dalle responsabilità che è uno dei cardini per sopravvivere o spesso per far carriera, non solo sotto le armi, ma in tutti gli impieghi statali. All’ex arsenale ho capito comunque qual’era il mio posto ed ho trasferito l’ufficio, praticamente, in officina. Qui ho avuto quelle occasioni, irripetibili come dicevo, perché ormai con lo smantellamento delle direzioni Artiglieria e avendo passato anche la bonifica del territorio al Genio, queste esperienze non si potranno più fare. Siccome fra i compiti d’istituto c’era quello della distruzione delle armi di confisca ed i Mauser delle innumerevoli fabbriche che lo costruivano durante la guerra arrivavano a migliaia, ho potuto vedere il diverso decadimento della lavorazione con l’avanzare del tempo nei vari arsenali: la Mauser (byf) per esempio, ha mantenuto la produzione ad alti livelli fino al ’45 e continuava a fare i ponticelli dei grilletti ricavati dal pieno quando gli altri li facevano in lamiera stampata, mentre la Steyr (bnz) produceva le armi senza rifinitura lasciando i segni della fresatura già nel 44. Una pesante fresatura era presente anche nelle Beretta mod.35 costruite nel 45 e consegnate ai tedeschi addirittura il 24 aprile 1945. Molte armi costruite nel 45 e i 91 da Cavalleria rimasti più a lungo in dotazione ai CC, non avevano più neanche la matricola. Alcuni dei più vecchi dei miei operai avevano provveduto alla trasformazione in mono canna delle Villar Perosa le cui impugnature sono rimaste a lungo nei miei magazzini. Il mio capo operaio proveniva dall’Armaguerra di Cremona che costruiva ottimi 91/41 e portò i prototipi di una pistola mitragliatrice alla FNA di Brescia che costruiva anche il miglior moschetto “balilla” per l’ONB (opera nazionale balilla) presente prima della GIL (gioventù italiana Littorio) rigato con la stessa broccia usata per le canne 91, assieme a tantissimi prototipi del 91 lungo alcuni dei quali costruiti per sparare una speciale cartuccia cal. 22, sempre da destinare ai Balilla (ed anche bellissime doppiette). Di tutte queste cose prendevano accuratamente nota in un brogliaccio che, visto lo sviscerato amore che avevano per me i “colleghi”, venne mandato al macero appena andato in pensione, assieme ad un ricorso che stavo preparando e tutta la mia documentazione per l’iscrizione all’albo degli ingegneri. Quello che non potevo trovare in sede di bonifica sull’Adamello, lo potevo trovare al Vittoriale dove oltre all’esame degli innumerevoli ordigni presenti sul MAS e sulla prua della nave “Puglia” ho potuto smontare la “Colt scavapatate” e inertizzare i 200 colpi del nastro della mitragliatrice Schwarzlose che il Vate aveva posto nella stanza della Baraculla. Altri esempi. Nel progettare un deposito della Beretta ho avuto modo di vedere cartucce sconosciute dall’inizio della retrocarica al 1935 (a percussione anulare ed a spillo per armi da caccia e da guerra) purtroppo macerate, poi, dallo stillicidio di una galleria dove erano state riposte in grandi quantità. Nell’inventariare e periziare il materiale della Bernardelli mi è capitato di maneggiare armi mai viste perché allora considerate da guerra, come decine dei prototipi di Scotti, che ho sempre ritenuto il Browning italiano e quelle della collezione della ditta con armi straordinarie, come un quadricanna del Napoletano Landi, andata invece, dispersa. Ed ero andato persino dal Sindaco per proporgli di riunirle in un museo a Gardone che, visto il prevalente interesse della zona per il commercio ed il soldo, si accontenterà poi della paccottaglia di armi scartate dalla raccolta presente presso la Procura di Venezia, finita oggi, per fortuna, a forte Marghera. Conosco tutti o quasi a Gardone intimamente, perché ho fatto gli esami a quasi tutti quelli che trattano armi anche a livello di dirigente, non come un membro qualsiasi cui la scienza viene infusa dal padreterno assieme all’incarico, ma come conoscitore del mestiere, avendo operato nelle officine, avendo fatto studi acconci e con il desiderio insaziabile di apprendere da chi potesse rivelarmi qualcosa di nuovo, in modo da riconoscere, senza peccare di presunzione, chi realmente sapesse o no. Per questo, forse, non frequento più la città. Ora smetto perché tutto quanto sto dicendo potrebbe sembrare vanteria o lamentela. Una volta ho scritto qualcosa del genere ad un amico che ritengo il più grande esperto delle armi e delle Leggi che le riguardano, il cui sito solo pochi possono resistere dal non guardare. La sua risposta è stata rapida e laconica, ma efficace, vera ed istruttiva: “Lo so, siamo in una situazione tragica e non se ne può più. Se fossimo diventati i migliori esperti del mondo in preservativi e vibratori, avremmo avuto maggiori soddisfazioni.” Nelle foto prototipi e rarità pronti per la fonderia
Posted on: Tue, 01 Oct 2013 13:02:51 +0000

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