Talvolta la Corte formula quesiti psichiatrici che hanno la - TopicsExpress



          

Talvolta la Corte formula quesiti psichiatrici che hanno la seguente struttura: “dica il perito se l’imputato, al momento di compiere il fatto, fosse capace di intendere e di volere”. Si badi che simili quesiti vengono spesso formulati già in una fase iniziale del processo, quando ancora la giustizia pubblica non ha affatto accertato quale sia il fatto e se quell’imputato lo abbia davvero commesso. Il quesito peritale assume dunque spesso una connotazione paradossale ed intrinsecamente irrisolvibile per il perito stesso, il quale non può sapere con certezza a quale realtà egli debba fare riferimento. Esiste un limite umano universale, al quale anche un perito non si sottrae, per cui è impossibile formulare mentalmente un ragionamento, senza dargli un qualche fondamento narrativo ed immaginativo su cui basarlo. Il perito non può mica pensare in termini puramente astratti, senza proiettare nulla sullo schermo della propria mente; per sviluppare il proprio ragionamento clinico è costretto ad ancorarsi ad una ipotesi concreta: allora, di solito e purtroppo, non fa altro che partire dal preconcetto che i fatti siano avvenuti come dal capo d’imputazione. Non è una bella premessa, per chi ha a cuore i principi del giusto processo, eppure sono certo che spesso accada proprio questo. Una sorta di presunzione di colpevolezza, un fattoide di cui noi psicologi in realtà faremmo volentieri a meno, ma al quale veniamo costretti dal paradosso implicito nel quesito che il magistrato ci pone. I risultati potete immaginarli e sono spesso disastrosi sul piano logico: è facile ad esempio che prevalga un ragionamento di tipo circolare, ovvero prima noi consulenti formuliamo una diagnosi di insanità mentale, alla luce della gravità del reato denunciato e presunto (perché per commettere certi delitti non si può non essere folli), poi questa valutazione a sua volta può diventare elemento di indizio o di prova nel processo ed influenzare il convincimento della giuria sulla colpevolezza dell’imputato: se quel giorno quella persona ha avuto un raptus, come afferma lo psichiatra, allora è colpevole. Si rischia cioè la cosiddetta “profezia che si autoavvera”. Corrado Lo Priore - Psicologo
Posted on: Fri, 13 Sep 2013 07:28:36 +0000

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