Tanti nemici molto onore Una Rosy tra le spine Bindi al - TopicsExpress



          

Tanti nemici molto onore Una Rosy tra le spine Bindi al vertice dell’Antimafia è una scelta forte, autorevole, di significato. Anche al di là di quello che voleva ottenere il suo partito. Non è detto però che basterà per farsi più amici in Calabria… Chi ha forzato la mano eleggendola quando i parlamentari del Pdl erano usciti dall’aula non è detto che voglia molto bene a Rosy Bindi. A conti fatti un nome come il suo poteva anche meritare una platea più distesa, frequentata, meno ansiogena. Divisivo il suo nome, certo. Storicamente tra i meno berlusconiani fra quelli che navigano nel Pd ma da qui a pareggiarla con la Santanché che per le stesse ragioni ha poi dovuto rinunciare alla vicepresidenza della Camera ce ne corre. Forse con un po’ più di fenomenologia politica democristiana lo si poteva far digerire il boccone agli azzurri del Cavaliere e di Alfano, dopotutto il vertice dell’Antimafia non ha poteri minimamente invasivi rispetto alla magistratura inquirente e questo dovrebbe bastare a chi in aula sente di aver problemi da risolvere in materia, anche per conto terzi. Se poi è prevalso il gioco delle poltroncine, quello strano incastro che vede Pd e Pdl diventare improvvisamente disalleati quando si tratta di spartire cariche, la vicenda diventa persino grottesca con il conto dei ministri e dei sottosegretari che non potrà mai pareggiare. Né noi né loro, urlano Brunetta e Schifani. L’Antimafia, secondo lo schemino, doveva toccare a Scelta civica ma fino a prova contraria poteva anche andare all’opposizione in quanto tale che poi vuol dire, allo stato, Cinquestelle o Sel con tutto quello che questo significa per i berlusconiani se teniamo conto come ha gestito la commissione per le elezioni del Senato Dario Stefàno di Sel. Da qui si capisce bene che c’erano infondo tutte le condizioni per far digerire al Pdl il nome di Rosy Bindi al vertice del’Antimafia ma non è andata così ed è ancora una vota all’interno del suo partito che va rintracciato il problema. Bindi, autorevolissimo nome e moralmente all’altezza come pochi per sedere su quella poltrona, ha prima dovuto subire il tira e molla della nomination con una buona fetta di partito che gli preferiva fino all’ultimo la giovane Pina Picierno. Poi, a braccio di ferro ormai conclamato con il Pdl, eccola gettata nella mischia ed eletta con gli azzurri sull’Aventino con tutto quello che ora questo significa. Se Brunetta e Schifani non scherzano può anche accadere che Enrico Letta si troverà costretto a chiederle si fare un passo indietro e questo sarebbe un gran peccato oltreché un guaio. Per come si sono messe le cose una retromarcia della Bindi verrebbe presa come una sberla dai fedayn del suo partito, anche da quelli che proprio il tifo per lei non lo fanno. Una sorta di linea metaforica di frontiera, da non oltrepassare a marcia indietro. È anche per questo che è toccato a Matteo Renzi entrare a gamba tesa nell’argomento. Il sindaco, come nel suo stile, ha dato uno schiaffetto a Rosy ma anche un avvertimento ai naviganti. Quella poltrona ormai è sua, anche se deve dare un segnale di rottura. «Rosy Bindi non si deve dimettere dalla presidenza dellAntimafia, ma dia un segnale rinunciando allindennità di 3000 euro al mese che le spetta per questo ruolo» dice Renzi parlando a Radio 24. Renzi suggerisce alla neo presidente di rinunciare «alle prerogative di collaboratori, staff e dintorni, rimanga presidente». E dato che è stata eletta in Calabria, «apra un ufficio a Reggio Calabria dove potrebbe andare ogni settimana per impegnarsi ancora di più contro la criminalità». Per essere parole del probabile segretario nazionale il messaggio non poteva essere più chiaro. Dia un segnale di discontinuità gestionale, ma non si muova da quella poltrona. Si vedrà come andrà a finire, sarà probabilmente Letta a dover sbrogliare la matassa che si manifesta molto più insidiosa di quello che appare. Di certo la carta Bindi poteva essere giocata meglio dal suo partito ma è scritto da qualche parte che di questi tempi per la Rosy debbano esserci troppi nemici in giro (che poi vuol dire anche molto onore). Lo stesso vertice dell’Antimafia nelle sue mani non è che aumenti la schiera degli amici veri di Calabria, che per la verità sono sempre stati pochini sin dall’inizio. Dopo i complimenti di rito, anche da dentro il suo partito, si passerà ben presto a maneggiare carte scottanti con affari conterranei che potrebbero d’improvviso diventare assai significativi. Come è noto la deputazione calabrese in Antimafia è costretta ad avere un occhio di particolar riguardo rispetto al fenomeno perché in una regione come la nostra puoi sempre incontrare qualcuno che ti chiede come vanno certe cose. E sapere che al vertice c’è una signora dalla schiena dritta non dev’essere una sensazione tranquillizzante per chi ha in mente certe liturgie. Ma Bindi ancora una volta, se passa la buriana politica nazionale, saprà dimostrare che si può essere “uomini” anche con pochi pantaloni nell’armadio e saprà gestire anche certi complimenti che paiono troppo pelosi. Non avesse questi requisiti non sarebbe uscita viva dalla Calabria alle prese con il voto. Ma ora chi la tira fuori la bandiera di Forza Italia? Dall’ufficio di presidenza del Pdl la notizia viene fuori nella sua forma ufficiale. Nasce Forza Italia, ora può nascere. Nessun azzeramento delle cariche precedenti del Pdl ma quel che più conta è che nella “stanza” dove è rinato il nuovo vecchio partito non c’era Alfano né gli altri ministri a fare da “padrini”. Un gesto forte, una mancanza forte. Per solito se non si è nella foto di gruppo del taglio del nastro sarà difficile entrarvi dopo, ammesso che lo si voglia fare. Alfano con i ministri e tutti i “governativi” non ci sono andati alla festa dell’alba e questo non può che avere conseguenze immediate, a tutti i livelli e a tutte le latitudini. Per esempio, che ne sarà dei senatori di Calabria che in blocco s’erano messi a fianco di Alfano il giorno del voto di fiducia al governo Letta? A rigor di logica non dovrebbero entrare nel nuovo partito, o se non altro dovrebbero rimanere freddini rispetto all’evento. Come ci si regolerà? La scissione, secondo molti osservatori, non è lontana. Più che dividere gli uomini e le storie Berlusconi ha pensato bene di dividere il partito in due, con due sigle probabilmente. Poi al momento opportuno ci si conterà pure e si vedrà chi è più forte e se le cose andranno come poi del resto sono sempre andate non è impossibile ritrovarsi Berlusconi in testa nel centrodestra. Lo hanno ben chiaro questo quadro in mente i vari Tonino Gentile, Antonio Caridi, Nico D’Ascola e lo stesso Scopelliti?
Posted on: Sat, 26 Oct 2013 09:58:02 +0000

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