Un altro dei preconcetti che dobbiamo far saltare in aria se - TopicsExpress



          

Un altro dei preconcetti che dobbiamo far saltare in aria se vogliamo diventare un Paese migliore è il seguente: la lotta all’evasione è una cosa di sinistra, giustificare chi evade è una cosa di destra. Il la alla discussione lo diedero alcuni mesi fa le dichiarazioni del viceministro Fassina, che in Parlamento parlò testualmente di alcuni casi di “evasione di sopravvivenza” . Apriti cielo, il PD si è diviso (e ti pareva), illustri giornalisti hanno parlato di banalità da bar, la CGIL ha attaccato pesantemente Fassina. Come se giustificare l’evasione fosse una forma di neo-berlusconismo. Recentemente è tornato sull’argomento, con le stesse identiche parole, il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Attilio Befera. Aggiungendo (beato lui che se n’è accorto) che la pressione fiscale è spesso insostenibile. A quanti davvero pensano che anche una materia come questa possa essere strumentalizzata con punti di vista di destra e di sinistra, vorrei fare presenti alcune cose. Magari per punti. A – Probabilmente è sconveniente che un viceministro della Repubblica in un discorso ufficiale provi a giustificare una certa evasione. Ma tant’è. Guarda caso, oggi, sposa il concetto il numero uno del massimo ente di riscossione italiano. B – Lungi da me voler trovare alibi a chi non paga le tasse. Ma credo che in Italia si sia incancrenito il problema del cane che si morde la coda. La gente evade e lo Stato risponde alzando la pressione fiscale così recuperiamo i soldi evasi facendo sputare il sangue a quei poveri cristi che pagano le tasse. A questo problema bisogna iniziare a dare una risposta che vada nella direzione opposta. Abbassando la pressione fiscale e semmai alzando le pene per chi evade. C – L’Italia non si divide soltanto fra dipendenti (pubblici e privati) che non hanno possibilità di evadere e imprenditori stragonfi di soldi che si fanno beffa del fisco. Queste sono le due punte dell’iceberg. Ma in mezzo c’è molto di più. Anche se la visione di una certa sinistra (per non parlare di quella cieca della CGIL) sembra invece non andare oltre questo schematismo ridicolo e semplicistico. In mezzo ci sono liberi professionisti, titolari di aziende personali, artigiani, artisti, commercianti, piccoli e medi imprenditori. Imprese magari con 3 dipendenti che ad agosto devono scegliere drammaticamente se pagare le tasse o pagare i dipendenti perché nel frattempo le amministrazioni pubbliche non pagano, le leggi sulla dilazione del credito permettono ai furbi di non pagare i propri debiti e restare impuniti, le banche non concedono liquidi. Creando situazioni limite in cui la pressione fiscale diventa il sorriso beffardo di uno stato tiranno che non riesce neppure a distinguere fra grandi e piccole imprese. D – Al danno si aggiunge la beffa quando questo Stato che molto pretende e poco – se non niente – dà (in termini di servizi) diventa pure debitore moroso delle aziende a cui chiede di pagare regolarmente le tasse. Capita che chi lavora con la pubblica amministrazione veda arrivare i propri pagamenti anche 12 mesi dopo aver erogato la prestazione. E allora perché non permettere una compensazione? Stato tu mi devi 10, io ti devo 12, ti do 2 e siamo a posto. Invece no. Tu mi devi dieci e chissà quando li vedrò, ma intanto i miei 12 li vuoi subito e io lavoratore autonomo o piccolo imprenditore rischio di saltare in aria per colpa tua. Questo in un Paese civile è inaccettabile. E – Sia chiaro: queste riflessioni non vogliono in alcun modo giustificare l’evasione. Ma è evidente che in molti casi la pressione fiscale altissima rappresenta l’ennesimo problema per chi non ha le tutele di un contratto e si trova stretto nella morsa delle scadenze. Problemi che il lavoratore dipendente non ha. Non che gli vada meglio, per carità, perché spesso con quel che si ritrova in busta paga non arriva a fine mese. Ma questo è un altro motivo per cui non si può continuare ad alzare le tasse scaricando il peso dei debiti di chi evade sulle spalle di quei poveracci che non possono evadere; mentre nel limbo degli onesti vegetano quei poveri cristi che devono vedersela con tasse e scadenze e talvolta sono addirittura costretti a scegliere tra “fallire” o “ammazzarsi”. E dentro le pieghe di quel drammatico dubbio, può accadere che prenda vita la tentazione di salvarsi evadendo le tasse. F – Non che sia giusto. Ma il problema è a monte. Il problema è quello di uno Stato che non riesce a stanare i veri evasori e che continua ad alzare la pressione fiscale sulle spalle di lavoratori dipendenti e di piccoli pesci indipendenti. Innescando tra l’altro una guerra tra poveri: tra lavoratori dipendenti che urlano che tutti devono pagare le tasse come fanno loro, e lavoratori autonomi che gridano che prima le tasse andrebbero abbassate. Ma in fondo sono solo due facce della stessa medaglia. Infine una cosuccia la vorrei ricordare alla CGIL. In Italia non esistono soltanto le grandi imprese che trattano gli operai come numeri e sulle quali è sacrosanto vigilare. In Italia vivono tante, tantissime, piccole imprese. Magari con 2, 3, 4 dipendenti. Non capire che l’attuale pressione fiscale per molte di quelle imprese è una condanna a morte, significa farle chiudere. E farle chiudere significa non stare dalla parte dei lavoratori. Non ci vuole molto a capirlo.
Posted on: Sat, 26 Oct 2013 10:14:36 +0000

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