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VITA DI FRONTIERA (di Marco Recchia) Chi lo avrebbe mai detto che nell’Italia del XXI secolo, sarebbero vissuti un qualche migliaio di nostri connazionali in condizioni simili a quelle di cent’anni fa? Eppure è così, nell’isola che non c’è, Lampedusa, che appare e poi scompare, in un ciclico tourbillon di flash mediatici. Eh si che lo Stato italiano sin dalla sua nascita, di filo da torcere, con la sua presenza / assenza, ne ha dato agli isolani, lasciandosi prima scappare ghiotte opportunità economiche con la raccolta delle spugne, lasciata in balia dei “vicini” greci e dalmati e poi trasformando l’isola in un bunker durante la II guerra mondiale, pesantemente bombardata dagli alleati. Da alcuni anni però Lampedusa è diventata la “porta d’Europa”, effettivamente, mutuando la terminologia del web, una backdoor, per coloro che hanno intenzione di entrare nel Belpaese attraversando in modo irregolare una frontiera esterna. Questo flusso di clandestini, come ancora oggi vengon chiamati dagli isolani, ha obbligato a promuovere l’isola ad uno stato di emergenza, imperituro dal 2002 ad oggi. Le strutture per la gestione di questo “transito” e le forze di polizia a gestirle non sono sempre state sufficienti, carenza che si evidenziò nel 2011, anno in cui si ebbe una esplosione di violenza con rivolte dei migranti nell’allora centro di accoglienza poi diffusasi su tutta l’isola, colpendo anche i cittadini. Oggi il problema viene direttamente dal cuore dell’Europa che prende le decisioni, si chiama EURODAC ; questo sistema di rilevazione integrata delle impronte digitali a chi transiti irregolarmente le frontiere UE sprovvisto di un documento di identità valido, vincola il migrante a rimanere nel primo paese di accesso, nella fattispecie l’Italia, fin quando non avrà completato l’iter burocratico (richiesta di asilo politico) per poi spostarsi all’interno della Comunità Europea. Si e’ voluto spingere gli stati di confine ad una più efficace gestione delle frontiere. Ciò si è verificato solo in parte e comunque a scapito di quegli avamposti come Lampedusa. Una volta tratti in salvo direttamente in mare a cura delle unità navali di sorveglianza e soccorso, i migranti vengon trasbordati a terra e dotati di un kit di supporto al fine di soggiornare un periodo massimo di 48 ore all’interno della struttura di accoglienza, in non più di 250 persone alla volta, successivamente all’identificazione, verranno trasferiti via nave o aereo nei centri SPRAR o nei CPT. Questo iter però viene spesso disatteso e nel centro accoglienza lampedusano arrivan ad esserci più di 1000 persone creando problematiche di scurezza ingenti. La notizia dell’arrivo del Papa, non ha ingenerato trepidazione soltanto tra i fedeli cristiani ma anche tra quelli di altre etnie. La risonanza mediatica che ha avvolto l’isola, immediatamente, ha portato i migranti a uscire dal centro di accoglienza e bloccare le vie della città e solo grazie alla mediazione delle associazioni umanitarie presenti e delle forze dell’ordine si è evitato il peggio. Anche il giorno stesso dell’arrivo del Pontefice si è verificato uno sbarco, cosa che fa capire come l’organizzazione che gestisce il flusso migratorio è ben attenta alle leve da utilizzare per attirare l’attenzione e modellare lo status quo per le proprie esigenze. Comunque, la macchina italiana di sorveglianza e soccorso ha funzionato e continua a funzionare a dovere : una macchina perché formata da tanti ingranaggi sui quali ci sarebbero da spender fiumi di parole per ciascuno, ma basti ricordare che sotto il cappello del programma internazionale FRONTEX in Italia son coinvolte le Forze Armate,la Capitaneria di Porto, la Guardia di Finanza per non parlare del servizio svolto a terra da Polizia di Stato e Carabinieri. Importantissima funzione è svolta poi dagli operatori umanitari facenti parte del progetto PRAESIDIUM, finanziato da Commissione Europea e Min.Int., realizzato in partnership con UNHCR, Croce Rossa Italiana e, dal 2008, Save the Children, prevede la creazione di un team di funzionari, coadiuvati da mediatori-interpreti, per rispondere tempestivamente alle necessità dei migranti irregolari che sbarcano sull’isola di Lampedusa e sulle coste della Sicilia. Ad evitare che tutto vada a gripparsi c’è una estrema disponibilità e abnegazione al lavoro di tutti gli attori presenti sull’Isola. Attori tra i quali non ci dobbiamo dimenticare di annoverare i Cittadini, che sopportano e supportano da un lato una difficile condizione economica causata dal negativo influsso mediatico che ha drasticamente diminuito il turismo e dall’altro la presenza e la convivenza con Migranti e Forze dell’Ordine. Spesso, molto spesso, mi è capitato di esser fermato da abitanti dell’isola, i quali identificandomi come fotoreporter, mi chiedevano cosa ne pensassi di questa fiumana di “clandestini” e della condizione in cui loro stessi vessavano. Sembrava quasi cercassero lo scontro verbale, ma poi ragionandoci senza tirarsi indietro da critiche di sorta, chi sarebbe felice di essere tutto l’anno sotto i riflettori?, veniva sempre fuori la loro natura ospitale; clandestino, allora, smetteva di avere un’accezione negativa, tale è solo la condizione in cui questi disperati vivono una fuga da nazioni disastrate. I Lampedusani chiedono che questa situazione definita di emergenza, smetta di esser tale, in quanto dopo oltre 10 anni deve considerarsi come uno status quo, da cui l’Unione Europea e quindi lo Stato Italiano, adottino le adeguate misure affinché l’isola smetta la sua condizione di cittadella fortificata. Anche parlando con esponenti delle F.A. e della Polizia, si lamenta non tanto una scarsità di mezzi e/o risorse, quanto una non facile applicazione delle norme e quindi delle linee direttive da rispettare per la conduzione del lavoro. Scriminanti a carico di dirigenti o comandanti dei singoli assetti, che molto spesso faticano a far collimare il buon senso con le indicazioni “poco chiare” che arrivano dall’alto. Di recente, le continue fughe dal Centro Accoglienza e la difficoltà di applicare l’identificazione per mezzo di fotosegnalazione e rilevamento delle impronte digitali ne sono un esempio, i singoli operatori, di fatto, si trovano in un cul de sac, divisi tra l’obbligo di far rispettare la legge e quello di subire una denuncia per abusi da parte dei Migranti potenzialmente richiedenti asilo, una fattispecie che fluttua in un limbo di regole e prassi. E qui si ingarbuglia la matassa, in quanto verrebbe spontaneo pensare, scevri da alcuna inclinazione politica, perché a Lampedusa non si applicano pedissequamente le variegate norme in materia? Perché non sono state pensate per un’isola… La struttura presente sull’avamposto italiano è un centro di accoglienza e pronto soccorso (CPSA) dove il tempo massimo di permanenza, come detto, dovrebbe esser di 2 giorni ma a volte supera la settimana, ciò unitamente all’imponderabilità numerica degli sbarchi crea delle situazioni di forti defaiances. “Viviamo in bolle di sapone, belle ma senza valore alcuno, viviamo nella globalizzazione dell’indifferenza, non curanti della sofferenza altrui”… queste le parole di Papa Francesco pronunciate nel corso dell’omelia dell’8 luglio scorso, parole che riassumo una condizione generale che a Lampedusa ha travalicato ogni limite di sopportazione, parole dirette a chi dovrebbe prendere decisioni sul futuro di questa iniqua condizione. Ho avuto la possibilità di seguire la sua visita sin dall’arrivo in aeroporto fino alla partenza, e devo dire che il suo modo di vivere la situazione non era mai scontato, ricco di colpi di scena e sempre teso ad inseguire il rapporto con le persone che lo circondavano, questo assieme al messaggio che forte ha portato, ha riempito di gioia e di forza tutti gli abitanti dell’Isola e non solo. Un ricordo ed un monito che porteranno sempre nel cuore vivendo giorno dopo giorno una vita di frontiera.
Posted on: Sun, 28 Jul 2013 14:01:54 +0000

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