dal racconto "Diario di una maestrina" di Maria Giacobbe Peppino - TopicsExpress



          

dal racconto "Diario di una maestrina" di Maria Giacobbe Peppino è uno di quei bambini trascurati dalla famiglia. Così almeno mi pare. Dopo quattro o cinque mesi di scuola legge ancora sillabando e lo sforzo è tanto grave che le vene del collo gli si gonfiano e la voce gli esce rauca. Raramente fa i compiti a casa e quando li fa sono scarabocchiati a matita. Mando un biglietto ai genitori. Si presenta la mamma e tiene in mano il mio foglio piegato con cura. Entrando mi sorride, passa accanto al banco del figlio e facendogli una carezza sul capo domanda: – Ha fatto il birbone, questo “testa d’agnello”? È piccolissima di statura; il ventre enorme, gonfio per avanzata gravidanza, sembra camminare da solo. Vedendo le sue condizioni mi scuso di averla fatta venire: – Se avessi saputo sarei venuta io da lei… – Oh, si figuri… – ride e sembra divertita del mio imbarazzo, – sino agli ultimi giorni vado al fiume a lavare i panni e porto il cesto sulla testa. Ho cinque figli, non ho tempo per viziarmi! Per l’altro bambino ho avuto le doglie sul monte. Ero andata a raccogliere legna perché mio marito in quel periodo non poteva, infatti grazie a Dio aveva lavoro, allora, lavorava all’impresa e guadagnava bene. Ero sul monte e comincio a sentire i primi dolori, mi carico della legna già raccolta e scendo giù quasi a rotoloni. Ma ogni tanto dovevo fermarmi perché mi pareva proprio di non farcela più, ero tutta bagnata di sudore… La gente rideva quando mi vedeva passare, più larga che lunga col fascio di legna in testa! Arrivata a casa mi ero appena messa sul letto che avevo già partorito. Ebbene, mi è andato meglio degli altri! Adesso non so più che dirle, l’ho chiamata per rimproverarla perché mi pareva che trascurasse il figlio, ma con quale diritto le parlo? Bisogna però che dica qualcosa… La figlia maggiore che ha nove anni potrebbe far leggere Peppino a voce alta, almeno per un’ora al giorno; forse basterebbe per rimetterlo alla pari. Ride come ad una spiritosaggine. Sono quasi offesa, francamente non capisco che cosa ci sia da ridere tanto. – Oh, questa signorina! Ma Antonietta non sa leggere, è Peppino che insegna a lei. Dovrebbe sentire che cosa ne vien fuori! Io son forestiera, non ho nessuno qui a Orgosolo, e quando i bambini han cominciato a venire, uno dietro l’altro, senza aiuti che vuole che facessi? Antonietta che è la maggiore a cinque anni già cullava i fratellini e mi faceva le commissioni. Pensi se potevo mandarla a scuola. Lo so anch’io che non è giusto, che anche lei ha diritto all’istruzione, lo so ma non ci posso far niente. Con tanti figli e senza parenti che cosa potevo fare? Le vicine mi danno una mano, quando possono, ma anch’esse hanno il loro daffare, non si può pretendere troppo. Per ora Antonietta mi aiuta in casa, quando avrà quattordici anni le ho promesso che la manderò alla scuola serale. Ritorna dopo qualche giorno, spontaneamente. Sempre allegra mi viene incontro ridendo e dice: – Vengo a chiederle una carità. Detta da una donna incinta la frase è inequivocabile. Significa che mi prega di far da madrina al nascituro. Le spiego che non posso: per ragioni politiche le autorità ecclesiastiche me ne hanno tolto il diritto. Se ne addolora ma la sua simpatia per me aumenta. Me lo dice e, guardandosi attorno con circospezione e abbassando la voce, confessa: – Anche noi siamo socialisti, abbiamo sempre votato per loro, ma dobbiamo essere prudenti. È già così difficile la vita e gli uomini non riescono a dominarsi e, quando è domenica, con un bicchiere di vino in corpo si credono i padroni del mondo; dicono tutto ciò che hanno sul cuore, e gli altri che comandano ci cancellano dall’assistenza e quando aprono i lavori siamo gli ultimi a essere chiamati. Perciò dobbiamo tacere, ma fare anche i nostri interessi, come i ricchi fanno i loro… Ma sa, piaccia o non piaccia a quella gente, le donne che cominciano a capire che una cosa è la politica e una cosa la religione sono molte. Se un giorno verrà a casa ne conoscerà qualcuna. Quando nasce il bambino vado a trovarla. Annunzio la visita per non metterla in imbarazzo arrivando all’improvviso. Ha partorito da tre giorni ma è già in piedi, pallidissima in volto e con le mani giallognole. La casa è piccola, evidentemente una sola stanza e la tettoia che ho visto nel cortile; però non è “quasi una stalla”, come aveva detto Graziano, anzi è pulitissima e luminosa per una finestra che si apre sulla piazzetta in pendio. Vi è un letto matrimoniale in lamiera marrone e un lettino di ferro, i risvolti delle lenzuola candidi. In un angolo un tavolo con la tovaglia ricamata, le tazzine per il caffè, la zuccheriera colma, un cestello di biscotti coperto da una salvietta. Le pareti sono state imbiancate di fresco e il pavimento è ancora umido per essere stato lavato da poco. La donna mi saluta con grandi sorrisi e mi sono appena seduta che già mi presenta una tazza di caffè che aveva tenuto sul fuoco aspettandomi. Per dimostrarmi la sua simpatia e la larghezza con la quale mi vuole trattare pretende che lo impasti di zucchero. Mi offre dei biscotti e poiché io ne voglio accettare solo uno me ne caccia a forza altri tre nella borsa. I bambini mi guardano inghiottendo a vuoto ma compiaciuti perché tutta quella buona roba son loro ad offrirmela. La mamma così pallida si muove per la casa come un fantasma e fa paura. Sapere che si affatica per me mi dà un impotente senso di rimorso. Per fortuna arriva una ragazza che con affettuosa burbanza la costringe a sedere e assume la direzione dei festeggiamenti in mio onore. Dopo il caffè un liquore dolcissimo con gli amaretti… anche adesso i bambini stanno a guardare. – Li hanno già assaggiati loro! Si parla del processo di “Sa Ferula” nel quale è implicato un gruppo di orgolesi. Si celebra adesso a Cagliari e le cose sembrano mettersi male per gli imputati: il Pubblico ministero ha chiesto per quasi tutti l’ergastolo. La ragazza è cugina di uno degli imputati, corre a casa per portarmene la fotografia. Un giovane dall’espressione gentile e i lineamenti piacevoli. Era sergente dell’esercito, poi fu partigiano con gli americani, aveva anche la patente di guida. Dopo la guerra dovette fare il servo pastore. Una serie sfortunata di circostanze gli fu fatale. Si è fatto tardi, con le chiacchiere. La mamma dà il seno al neonato che si è messo a strillare. Peppino, il mio alunno, s’è addormentato per terra e col capo appoggiato al grembo della ragazza. Forse sogna l’eroico sergente che su una jeep americana corre a portare aiuto ai partigiani, che erano un po’ come certi banditi, generosi e perseguitati… Ritorno a casa e nei viottoli umidi l’azzurro della sera è sempre più fitto. Anche a me turbinano nel cervello le storie di questa Orgosolo segreta. La prima volta che l’incontrai era sbronzo. Mi venne incontro offrendomi un mazzo di salacche molto odoranti e dicendo: – Lei è la maestra di Luciana, la mia bambina, ed io sono felice di conoscerla e di stringerle la mano. Lei la può stringere senza timore perché io sono un lavoratore onesto e la mia mano è onorata più di quella di certuni che sono riveriti per le loro ricchezze ma che nel loro egoismo sono peggio delle bestie. Io so che lei capisce queste cose perciò mi son detto: Voglio stringere la mano della maestra di Luciana! La mia bambina… Anzi, le voglio raccontare come l’abbiamo avuta. Intanto, prenda, assaggi le salacche, sono buone… Con un gesto largo si volse per allontanare gli scolari che, incuriositi, si erano raccolti intorno a noi; poi, confidenzialmente, si chinò verso di me. Era un uomo alto e mi sentivo schiacciata dalla sua statura. Le salacche non mi attiravano e l’argomento della conversazione mi pareva piuttosto scabroso. Gli tesi la mano: – Spero di incontrarla ancora una volta, signore… Tenne la mia destra nella sua durissima e macchiata di calce mentre con la sinistra schiacciava sul petto, come il cappello piumato di un cavaliere antico, il cartoccio sgangherato. – No, ora che ci siamo mi deve ascoltare. Deve dunque sapere che mia moglie aveva già avuto tre aborti. Il medico di qui, un buon medico anche se siamo di partiti diversi, aveva detto che non c’era nulla da fare. Non saremmo mai riusciti ad avere un bambino. Cos’è la vita d’un uomo senza figli? Un albero senza frutti… Ma mia moglie era troppo debole e non poteva tenere per tutti i nove mesi. Càpita che io vado a Nuoro… Via, andate via! – liberò finalmente la mia mano e con gesti minacciosi e sguardi feroci disperse la piccola folla che di nuovo si era assiepata intorno a noi. – Dunque càpita che io vado a Nuoro e incontro Natalia, una p. di Mamoiada, e lei mi dice: “Tua moglie li vuole i figli e non riesce a farli, io non li voglio e li faccio. Guarda questa che è nata adesso, vado a strangolarla perché non so che farne”. Io sono comunista ma un cuore ce l’ho, più di tanti altri che sono ricchi ma non danno acqua al Cristo, allora dico: “Disgraziata, dàlla a me la bambina che la porto a mia moglie che la alleva come sua, però un giorno non venire a cercarla perché non te la farà neppure vedere”. Lei mi dice di sì ma io non mi fido e chiedo una carta scritta davanti a testimoni. Per farmi la carta vuole un agnello ed io glielo porto, un agnello bianco e grasso di più di cinque chili, mi pare ancora di vederlo. E torno a casa con la bambina. Luciana l’abbiamo chiamata perché è stata una luce che quel giorno mi ha guidato da Natalia per impedirle di uccidere la creaturina. Dopo questa prima conversazione non lo vidi per molto tempo. Alla fine del trimestre, per la pagella, venne la moglie, una donnetta sdentata e dall’aspetto decrepito che con molta umiltà mi pregò di andare ad assaggiare il loro caffè se “non mi dispiaceva di entrare in una casa di poveri”. Promisi e da allora ogni giorno Luciana mi ricordava la promessa. continua..
Posted on: Fri, 13 Sep 2013 20:28:38 +0000

Trending Topics



tyle="margin-left:0px; min-height:30px;"> Good morning. Ms. or Mr. M money I pay particular private all
So often we place importance on the wrong things. We teach our
✔ Whats Hot Today: Matte Dark Silver Czech Glass Cube Seed Beads
ALL THINGS ARE NEW IN CHRIST “Therefore if any man be in
Welcome to the club David Moberg Karlson. Nice link up with Sess
On the 50th anniversary of the formation of the Federation of

Recently Viewed Topics




© 2015