FIAT CEDE, FIOM TORNA IN FABBRICA MARCHIONNE MINACCIA: “UNA - TopicsExpress



          

FIAT CEDE, FIOM TORNA IN FABBRICA MARCHIONNE MINACCIA: “UNA LEGGE SULLA RAPPRESENTANZA IN AZIENDA VA FATTA, ALTRIMENTI LASCIAMO L’ITALIA” Rientriamo in fabbrica dalla porta principale”. La dichiarazione con cui Maurizio Landini, accoglie la lettera in cui la Fiat accetta la nomina dei suoi rappresentanti sindacali a seguito della sentenza della Corte Costituzionale del 23 luglio scorso, descrive l’importanza di quanto accaduto ieri sul fronte sindacale. Una dura vertenza, cominciata nel luglio del 2010 a Pomigliano d’Arco, con il primo accordo separato tra la Fiat e Cisl, Uil, Fismic e Ugl, trova un primo epilogo nel rispetto della Costituzione. La Fiat, infatti, decide di “rispondere in maniera definitiva ad ogni ulteriore strumentale polemica in relazione all’applicazione della decisione della Suprema Corte”. L’azienda di Sergio Marchionne non ci sta a passare per colei che viola le regole e prova quindi a fare le cose per bene. La Fiom potrà eleggere le proprie rappresentanze, avere diritto a permessi, sale riunioni, bacheche e trattenute sindacali. TRATTANDOSI, però, di un’azienda “speciale”, l’andata a Canossa comporta il piazzamento di almeno due paletti: con il primo la Fiat ribadisce che “la titolarità dei diritti di cui all’art. 19 dello Statuto dei Lavoratori” si riferisce ai sindacati “che abbiano partecipato alle trattative per la sottoscrizione dei contratti applicati in azienda”, la cui “riferibilità alla Fiom nella concreta situazione Fiat è più che dubbia”. La puntualizzazione non è un puntiglio legale ma serve a sfoderare la minaccia più importante: “Come suggerito anche dalla Corte Costituzionale”, continua la nota Fiat, “un intervento legislativo è ineludibile: la certezza del diritto in una materia così delicata come quella della rappresentanza sindacale e dell’esigibilità dei contratti è una condicio sine qua non per la continuità stessa dell’impegno industriale di Fiat in Italia”. Tradotto: se volete che continuiamo a produrre e investire nel nostro paese, occorre rivedere le norme attuali e rendere più chiaro il percorso legislativo da rispettare. Chi vuole, può leggere la più tradizionale delle minacce Fiat: se le condizioni non ci garberanno ce ne andremo dall’Italia. La minaccia è solo velata, nessuno l’ammette nel quartier generale di Torino ma se la si associa al fatto che a fine settembre scade la cassa integrazione a Mirafiori e che, ad oggi, come avverte il segretario Fiom di Torino, Federico Bellono, nessuno sa quale sarà il futuro industriale dello stabilimento, allora l’allusione diventa più nefasta. IN OGNI CASO, almeno per un giorno, in Fiom si stappa lo spumante. “A tre anni dalla firma dell’accordo che l’aveva esclusa – dichiara con orgoglio Maurizio Landini – la Fiom rientra in fabbrica dalla porta principale, grazie alla sentenza della Corte Costituzionale e all’impegno dei nostri delegati, dei nostri iscritti e del nostro collegio difensivo”. “Ora, continua il segretario della Fiom, sempre come previsto dalla sentenza della Consulta, ci aspettiamo anche il riconoscimento dei diritti sindacali, a partire dalla possibilità di convocare le assemblee, alla riapertura delle salette sindacali che la Fiat ha chiuso dopo la firma del contratto separato, fino al riconoscimento delle ore di permesso sindacale”. Landini risponde avendo letto con attenzione i paletti del Lingotto e sottolineando che anche quando la Fiat è stata “costretta dai Tribunali a riconoscere il ruolo delle Rsa Fiom, le ha comunque discriminate non concedendo le stesse agibilità delle altre organizzazioni sindacali”. Riconoscere i delegati in fabbrica, infatti, non vuol dire che da domani Marchionne si siederà allo stesso tavolo del segretario Fiom per discutere del futuro del gruppo. Che resta molto nero come dimostrano i dati di agosto in cui Fiat Group Automobiles ha immatricolato 15.700 vetture, il 6,05 per cento in meno rispetto allo stesso mese dell’anno scorso. Resta il fatto, però, che paradossalmente Marchionne e Landini sono uniti, pur con punti di vista opposti, dalla stessa richiesta: una nuova legge sulla rappresentanza. La Fiat la chiede al governo Letta e al Parlamento delle “larghe intese”, la Fiom l’ha già rivendicata promuovendo la raccolta di centomila firme già tre anni fa. La palla passa quindi alla politica. E questa è un’altra storia. Sa. Can.
Posted on: Tue, 03 Sep 2013 06:16:09 +0000

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