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LA GRECIA TRA ORIENTE E OCCIDENTE Storia ed evoluzione della Grecia classica La Grecia classica: l cammino di Atene verso la democrazia Abbiamo già parlato dei mutamenti sociali e (conseguentemente) anche politici avvenuti allinterno della principale polis attica, Atene, nel periodo che va dallarcontato di Dracone fino a quello di Solone. Va ricordato poi come tale città, pur non essendo lunico centro urbano presente in tale vasta regione (altri furono ad esempio Maratona, Eleusi, Tetrausi, ecc.), ne fosse in ogni caso il solo capoluogo il centro cioè delle attività politiche riguardanti lAttica nel suo complesso! Dopo la guida illuminata di Solone, il quale aveva tentato (con un successo peraltro soltanto parziale) di ridare alla vita politica e sociale di Atene parte almeno di quellarmonia o concordia che aveva lentamente perduto nei secoli precedenti, a causa soprattutto dello sviluppo di notevoli squilibri nella distribuzione della proprietà terriera, fu la volta della tirannide di Pisistrato. Dotato senza dubbio di grande statura politica, questi favorì con la propria azione soprattutto la crescita economica e sociale dellAttica, determinandone anche però un temporaneo arretramento politico, in direzione di un regime tirannico e assolutistico, seppur tollerante. La fine della tirannide instaurata da Pisistrato (e proseguita poi con i suoi due figli: Ipparco e Ippia), sfociò tuttavia in tempi relativamente brevi nellinstaurazione di un regime completamente nuovo anche per le tradizioni politiche ateniesi (tanto più, quindi, per quelle degli altri stati della madrepatria) : il regime democratico. Una trasformazione questa, che si dovette essenzialmente a un vasto movimento di rinnovamento politico guidato da Clistene, personaggio appartenente a una delle famiglie più potenti dellAttica, quella degli Alcmeonidi. Merito essenziale di Clistene fu quindi la prima apparizione della democrazia ateniese, divenuta ben presto modello e sprone per le molte rivoluzioni democratiche avvenute in Grecia. Le riforme soloniane - pur costituendo senza dubbio delle acquisizioni stabili per lasseto costituzionale e politico della città-stato ateniese - non avevano risolto definitivamente i profondi contrasti sociali che laceravano lAttica dal suo interno. Soprattutto, restava ancora vivo lo scontento dei ceti più poveri, quali i teti e i piccoli proprietari, i quali, pur affrancati dallincubo della schiavitù per debiti, per il resto non avevano visto migliorare sensibilmente le proprie condizioni patrimoniali. Ciò non deve stupire, dal momento che lobiettivo di Solone era stato in realtà quello di potenziare sia economicamente che politicamente soprattutto i ceti emergenti, legati essenzialmente ad attività urbane quali il commercio e lartigianato, come dimostra chiaramente linstaurazione da parte sua di un regime di tipo timocratico (nel quale è appunto il possesso patrimoniale a definire linfluenza politica dei singoli cittadini). Come vedremo meglio più avanti, quando parleremo delle riforme territoriali di Clistene, la popolazione dellAttica era geograficamente divisa fra tre differenti regioni, a ciascuna delle quali corrispondeva un diverso gruppo sociale: da un parte vi era la popolazione delle montagne (paralii), costituita soprattutto dai piccoli proprietari di terre; dallaltra vi era quella della pianura (pediaci), dominata prevalentemente dai poteri dei grandi latifondisti; e infine vi era la popolazione delle coste (diacri), dedita in gran parte ad attività di carattere commerciale. A ciascuna di tali zone poi, corrispondeva una famiglia dominante. Nelle zone pianeggianti per esempio, prevalevano gli Alcmeonidi, mentre in quelle montuose era molto forte linfluenza dei Pisistratidi. E fu appunto da questa seconda famiglia che provenne la prima e unica dinastia di tiranni - il cui capostipite fu appunto Pisistrato - che conquistò il potere in Atene. Lascesa politica di Pisistrato fu lenta e tortuosa, prodotto della capacità del tiranno di sfruttare le opportunità fornitegli via via dalle situazioni in cui si trovava. Iniziata la propria carriera nellesercito, e guadagnatasi la stima popolare con le imprese legate alla conquista di Salamina (unisola a metà strada tra Atene e Megara, da esse contesa da lungo tempo), egli riuscì a ottenere dal popolo una scorta personale, che gli servì in seguito per attuare il colpo di mano che lo trasformò tiranno (560). Costante rimase, soprattutto nel momento della ricerca del potere personale (prima cioè dellinstaurazione del regime tirannico), lappoggio e il consenso delle popolazioni delle montagne (le più povere), attraverso la promessa di riforme in loro favore. Il suo dominio inoltre non fu affatto privo di oppositori, come dimostra lesilio impostogli dallazione congiunta delle fazioni dei pediaci e dei paralii nel 556, avverse a un colpo di mano che toglieva allAttica la libertà politica, sua antichissima prerogativa. Tale provvedimento però, conobbe presto la propria sconfitta. Dopo circa dieci anni difatti, nel corso dei quali la situazione interna divenne sempre più incontrollabile, a causa ovviamente dei profondi conflitti che dividevano la popolazione (e che erano dovuti essenzialmente a motivi patrimoniali oramai ben noti), fu abbastanza facile per Pisistrato ritornare in patria e instaurarvi una nuova tirannide. Con laiuto sia di una parte della popolazione ateniese, a lui favorevole, sia di vasti eserciti mercenari che egli (data la sua nobile e ricca origine) poteva mantenere con risorse private, Pisistrato riuscì presto a riconquistare una supremazia incontrastata sulla città, mantenendola poi fino allanno della propria morte. Nonostante i suoi enormi poteri, Pisistrato mantenne in vigore le trasformazioni costituzionali poste in atto da Solone - le quali infatti, subirono unulteriore evoluzione solo nel periodo di Clistene. Le linee fondamentali della politica di Pisistrato ruotarono attorno alla volontà del tiranno di sviluppare leconomia ateniese in un senso imperialistico. Nei suoi anni, difatti, Atene conobbe una vera espansione coloniale verso le coste del Mar Nero, dalle quali provenivano - tra laltro - grandi quantità di grano, alimento fondamentale per assicurare prosperità e benessere alla popolazione. Vennero così fondate colonie (essenzialmente commerciali : gli empori) come quella del Sigeo, situate nella regione degli stretti, assieme ad altre poste nelle regioni costiere della Tracia. In questi anni, inoltre, Atene sopravanzò sul piano coloniale centri come Egina e Corinto, che avevano una tradizione coloniale molto più antica della sua. Ma lincremento delle colonie produsse inevitabilmente anche quello dei traffici e, assieme ad essi, un notevole potenziamento delle classi urbane e commerciali, comportando altresì per lAttica un afflusso molto maggiore di prodotti di consumo (soprattutto alimentari), accrescendone così il tenore economico. Un fattore che attenuò, più di quanto lo stesso Solone con le sue riforme non avesse saputo fare, i profondi conflitti che laceravano lAttica (ciò che costituì una premessa essenziale per lo sviluppo democratico dei decenni successivi). Caratteristica fondamentale della reggenza di Pisistrato fu dunque la capacità di guidare la città verso unespansione coloniale e commerciale del tutto nuova, attraverso una guida in politica estera sicura e autorevole (è nei suoi anni, ad esempio, che Atene si dotò della prima flotta marittima). Il suo regime inoltre si distinse per una certa tolleranza nei confronti delle fazioni politiche avverse, per gli abbellimenti apportati alla città, nonché per una vasta opera di mecenatismo culturale (la quale tuttavia non fu prerogativa soltanto di Pisistrato, accomunando tra loro quasi tutte le tirannidi greche - tanto quelle della madrepatria, quanto quelle asiatiche e occidentali) la quale si esplicò tra laltro nella prima redazione dei due grandi poemi omerici. Uneccezione nei confronti del generale clima di tolleranza verso i nemici posto in atto dal tiranno, costituì lesilio degli Alcmeonidi. Colpevoli di atti di arbitrio nei confronti di alcuni avversari politici (nel periodo precedente il ritorno in patria di Pisistrato), essi vennero difatti espulsi da Atene, senza alcun diritto di ritorno. Un provvedimento che, forse, si dovette anche alla profonda rivalità esistente tra le due famiglie (dei Pisistratidi e degli Alcmeonidi), da sempre in lotta per la conquista del potere politico. E fu inoltre dalla famiglia degli Alcmeonidi che provenne Clistene, il successivo leader di Atene, il quale con laiuto degli spartani riuscì a scacciare Ippia, figlio di Pisistrato e ultimo tiranno. - La democrazia Se Pisistrato si distinse soprattutto per le proprie capacità strategiche, portando a termine (seppure con metodi molto diversi) il programma di sviluppo sociale ed economico inaugurato da Solone, Clistene si distinse al contrario per le proprie doti di riformatore della costituzione e dellorganizzazione dello stato. Con lui infatti, Atene e lAttica assunsero per la prima volta una conformazione pienamente democratica. Esiliato da tempo perché appartenente alla famiglia degli Almeonidi, Clistene riuscì a tornare in patria solo nel 510, grazie allaiuto degli Spartani e del loro re Cleomene, i quali - preoccupati della diffusione dei nuovi orizzonti politici, ostili a quelle tradizioni gentilizie cui, come si è visto, essi erano rimasti profondamente legati - erano impegnati già da tempo in unopera di smantellamento delle tirannidi che imperversavano in tutta la Grecia. Tuttavia, conquistata la fiducia delle masse popolari, Clistene si dimostrò ben presto molto diverso da quello che gli Spartani si aspettavano che fosse (cioè un sostenitore e un propugnatore delle tradizioni arcaiche). Egli divenne difatti in breve il campione di una riforma del tutto nuova, imperniata sul principio della parità politica di tutti i cittadini, senza alcuna distinzione di censo: ovvero il fondatore di una forma costituzionale, quella democratica, ancor più rivoluzionaria rispetto alla tirannide! Ma quando tutto questo venne alla luce, era già troppo tardi per un intervento sia degli Spartani che delle fazioni oligarchiche ateniesi. Il tentativo dei primi, assieme a un certo Isagora (capo della fazione aristocratica ateniese), di attuare un colpo di mano, venne difatti isolato dalla popolazione stessa, ed essi furono costretti a fuggire. Illustreremo qui di seguito - ovviamente molto a grandi linee - le modifiche apportate da Clistene alla Costituzione ateniese, in direzione di una democrazia radicale. Alla base di tutto, vi fu una nuova divisione territoriale. Abbiamo già detto come lAttica fosse divisa essenzialmente in tre zone (pianura; montagna; coste), lungo le quali correvano i poteri gentilizi che si contendevano il dominio politico. Proprio per questo Clistene ripartì la regione in un modo nuovo, tale da spezzare la continuità di tali territori, nonché (di conseguenza) quella dei poteri nobiliari che si contendevano la regione. Più esattamente, le unità territoriali di base divennero i demi. Essi, sommati in un certo numero (2/3/ecc.) davano una trittia. Le trittie erano trenta, dieci affacciate sul mare, dieci collocate in pianura e dieci corrispondenti a zone collinari e montuose. Particolarità dellordinamento di Clistene, fu il fatto che ognuna delle dieci tribù (composte ciascuna da tre trittie) contenesse allinterno una zona collinare, una pianeggiante, ed una costiera. In tal modo, ogni tribù (o circoscrizione territoriale e politica) racchiudeva al proprio interno le diverse anime dellAttica obbligandole a mescolarsi e a cooperare, e infrangeva inoltre - come si è già detto - i poteri gentilizi e territoriali che se ne contendevano il dominio. Era chiaro insomma come lo Stato, oramai emancipatosi dalla sua antica dipendenza dai poteri nobiliari, si ponesse rispetto ad essi come unentità superiore ed indipendente ! Daltra parte una tale divisione, sebbene fosse effettivamente uno degli elementi centrali - forse quello essenziale - delle riforme democratiche di Clistene, non ne era certo il solo. Delineeremo perciò, qui avanti, le altre principali innovazioni. Innanzitutto la Bulè, che ai tempi di Solone contava solo quattrocento membri (cento da ciascuna delle allora quattro tribù), passava ora a contenerne cinquecento, cinquanta per ciascuna delle dieci tribù o distretti territoriali. Notevoli cambiamenti furono poi apportati ai princìpi stessi della partecipazione politica. Se infatti, ancora ai tempi di Solone, i membri delle classi povere - che pure erano riconosciuti parte della cittadinanza - detenevano solo poteri attivi (in sostanza il diritto di voto, attraverso la partecipazione allEcclesia) senza però poter essere oggetto di elezione, a partire dalle riforme di Clistene goderono invece - al pari delle altre classi - il diritto di partecipazione alle magistrature (anche se, inizialmente, non a tutte). Anche il popolo minuto quindi, entrava a fare parte della vita politica a pieno titolo e come membro attivo, in base al principio fondamentale per il quale quanti si rendevano utili alla comunità avevano diritto, in proporzione alla loro utilità, a partecipare allazione di governo (Mario Attilio Levi). E inutile ricordare poi come quella ateniese fosse - quantomeno in tale forma - una rivoluzione unica a livello mondiale. Significato profondo di un tale sistema era inoltre che ogni cittadino, sia mediante il principio dellelezione popolare che mediante quello del sorteggio (molte cariche difatti venivano estratte a sorte!), avesse sin dalla nascita una possibilità più che teorica di entrare a fare parte delle istituzioni che reggevano il suo paese (Moses I. Finley). Un altro dato rilevante, che dimostra una concreta preoccupazione nel prevenire un accentramento dei poteri politici entro poche mani (il formarsi cioè delle cosiddette oligarchie di potere) fu il fatto che quasi tutte le magistrature avessero una durata piuttosto breve (annuale a volte, altre volte anche giornaliera!), di modo che scaduto il mandato di un singolo cittadino questo passasse subito a un altro (proveniente da un altro distretto, ecc.)… in breve, una costante rotazione delle cariche ! La democrazia istituita da Clistene fu insomma, un delicato meccanismo il cui fine era quello di consentire a un numero quanto più alto possibile di cittadini liberi (maschi) uneffettiva partecipazione alle attività politiche della propria città, senza (eccessive) distinzioni di censo o di nascita. In un tale sistema poi, un ruolo primario giocava lAssemblea o Ecclesia, lorgano a cui tutti i cittadini (superati i ventanni) avevano diritto di partecipare, e il cui compito era di bocciare o approvare le proposte di legge, i magistrati… In ultimo, sempre al fine di evitare pericolose influenze personalistiche, venne istituita da Clistene anche unaltra misura, lostracismo, con la quale si dava ai cittadini la possibilità di arginare leccessiva influenza politica di singoli personaggi, che potevano con essa essere espulsi per un certo periodo dalla città. E chiaro infine come la trasformazione costituzionale avvenuta in Atene in questi anni non debba essere presa a misura di quella delle altre poleis greche (anche se alcune di esse - una fra tutte, Argo - assunsero a propria volta, ed anche abbastanza presto, una forma democratica). Ciò non toglie comunque che una tale evoluzione fosse senza alcun dubbio sintomatica di un certo clima politico e sociale che caratterizzava in quegli anni le città-stato elleniche. Un clima che - come presto vedremo - le contrapponeva nettamente ai grandi… o meglio, al grande stato asiatico: la Persia. [1] Il processo attraverso il quale i diversi centri urbani o semi-urbani dellAttica si riunirono attorno alla città di Atene, viene di solito chiamato sinecismo. Esso fu dovuto molto probabilmente alla tendenza verso lunità di tale regione, caratterizzata da confini naturali che la determinavano come un territorio ben definito. Listituzione di un unico centro politico inoltre, ebbe notevoli ripercussioni anche sugli sviluppi economici di tale area, favorendo lintegrazione di tutte le attività che in essa si svolgevano. [2] Si possono fare a questo proposito alcune osservazioni. Salito al potere anche e soprattutto con laiuto dei paralii (i piccoli proprietari insediati nelle zone montuose), Pisistrato godette in seguito soprattutto dellappoggio dei cittadini delle coste (diacri), dediti ad attività mercantili, più favorevoli quindi allinstaurazione della tirannide - la quale, come noto, si poneva in netta opposizione con le più antiche tradizioni politiche. Affermatosi quindi con laiuto e il sostegno delle classi più povere (ancora legate allantico mondo rurale, e come tali più tradizionaliste di quelle commerciali), egli proseguì la sua azione - almeno tendenzialmente - come sostenitore del commercio e dei traffici. (Questa valutazione verrà però approfondita più avanti…) [3] Laccresciuto afflusso di beni, infatti, determinò una diminuzione del loro prezzo, rendendoli così maggiormente accessibili a tutta la popolazione. La Persia degli Achemenidi Lo sviluppo, tra settimo e sesto secolo, del grande Impero persiano - più grande, senza possibilità di confronto, anche del precedente Impero assiro (IX-VII) - determinò una profonda trasformazione del mondo asiatico sia allinterno che nei rapporti con loccidente. Fu infatti la maggiore aggressività di un tale stato (che fu essenzialmente, in realtà, una somma di stati) rispetto ai precedenti regni orientali (ad esempio la Lidia di Creso), a determinare lo scoppio prima del conflitto con le colonie elleniche dellAnatolia, e in seguito con la stessa Grecia europea. Daltra parte, come si è già detto, anche le poleis greche stavano sviluppando da tempo una nuova coscienza di sé, che le rendeva sempre meno accondiscendenti ai condizionamenti esterni. Non cè quindi da stupirsi che lurto fra questi due mondi sfociasse nella guerra. - Mondo greco e mondo asiatico Prima di addentrarci nello specifico della Persia achemenide e delle guerre persiane, tenteremo - una volta di più - di fare il punto sulle differenze esistenti tra le strutture politiche ed economiche più tipicamente asiatiche, e quelle caratterizzanti invece il mondo greco (il tutto con particolare riferimento al periodo immediatamente precedente alle guerre persiane, cioè il sesto e quinto secolo). Tale analisi ci aiuterà peraltro a inquadrare tanto il contesto quanto le ragioni di fondo dello scontro tra i due blocchi politico culturali. Come già si è detto allinizio di questo breve studio (cfr introduzione), possiamo considerare il mondo asiatico e il mondo occidentale come due realtà per molti aspetti contrapposte. Differenza fondamentale tra essi è la presenza nel primo di un tipo di proprietà di carattere (prevalentemente) collettivo e lo sviluppo di gruppi sociali chiusi detti caste, nellaltro invece quello della proprietà privata e delle classi (ceti sociali la cui identità è essenzialmente legata alla proprietà patrimoniale dei singoli individui). Nel corso dei secoli inoltre, un tale binomio conobbe un ulteriore sviluppo. Mentre difatti, allinterno del mondo occidentale, la libera iniziativa privata a livello produttivo (conseguenza ovviamente della proprietà personale dei beni) venne affiancata a livello politico dallaffermazione di valori egualitari e libertari (dei quali fu un chiaro esempio la diffusione delle democrazie), le società orientali al contrario rimasero ancorate a strutture sociali fondamentalmente piramidali, nelle quali le attività privatistiche non potevano certo guadagnare uno spazio eccessivo. Contrariamente dunque alle poleis greche, che si svilupparono in orizzontale, in direzione cioè dellemancipazione sia politica che economica dei singoli cittadini, le società asiatiche si mantennero fedeli a una concezione dellorganizzazione sociale essenzialmente statalista e verticale. In esse quindi i sudditi/cittadini rimanevano imprigionati in una maglia sociale estremamente rigida, in grado di pilotarne, attraverso varie disposizioni politico amministrative, le stesse iniziative economiche. Non a caso, fenomeni come i vasti apparati burocratici e la sofisticata macchina pubblica per la contabilità e la gestione statale - che pure costituivano già da tempo la base amministrativa dei regni asiatici - rimanevano, almeno in quellepoca, del tutto impensabili per il mondo occidentale. Ciò detto, sarebbe fuorviante pensare che nel mondo asiatico fossero totalmente assenti fenomeni come il commercio o la proprietà privata della terra, la cui esistenza era tuttavia attenuata e vincolata da limitazioni molto rigide imposte dallalto. Col tempo infatti, si era giunti a un compromesso tra libera iniziativa privata e autorità dirigistica pubblica. Ne sono un esempio i cosiddetti contratti di Palazzo, attraverso i quali lo stato assegnava in appalto ad imprenditori privati alcune opere o funzioni di carattere pubblico, pretendendo in cambio una somma stabilita in precedenza, ma lasciando loro il resto dei profitti dellimpresa. Anche il commercio poi, che pure veniva svolto in gran parte su commissione pubblica, poteva fruttare parecchio ai singoli commercianti. Per quanto riguarda la proprietà delle terre infine, esse venivano spesso concesse in dono dal sovrano ad esponenti della nobiltà, sempre però sotto restrizioni che ne limitavano lautonomia di privati proprietari. E appurato tuttavia che i nobili potessero, attraverso i propri vasti poteri economici, influenzare - ed anche pesantemente - le decisioni politiche dei loro signori. Il che dimostrerebbe una volta di più come la lotta tra il potere centrale e i poteri locali, rimanesse sempre un fattore costante allinterno del mondo asiatico, manifestazione di una tendenza sempre latente in esso a feudalizzarsi. Daltra parte - e la Persia costituisce un chiaro esempio in questo senso - i poteri feudali locali tesero molto spesso a costituirsi come delle specie di sotto-stati o di stati nello stato, svolgendo entro i propri confini un ruolo affine a quello svolto dallo stato principale. il periodo delle guerre persiane Quello che analizzeremo qui avanti è un periodo cruciale per quanto riguarda le relazioni tra lOriente e lOccidente, il momento nel quale i loro due destini iniziarono definitivamente a divergere. Lo scontro tra la Grecia classica e la grande potenza persiana, guidata da Serse, costituì infatti linizio di una lunga fase di separazione tra due blocchi politici e culturali che - pur nella loro profonda diversità - si erano, fino a quel momento, mantenuti in buone relazioni sia dal punto di vista culturale che da quello politico. Certo, non bisogna credere che, prima del conflitto persiano, i rapporti con i popoli dellentroterra asiatico (soprattutto i Lidi) fossero del tutto pacifici e privi violenza, e nemmeno che dopo tale conflitto essi conoscessero una interruzione totale. E un fatto tuttavia che, a partire da un tale evento, essi subirono una brusca degenerazione. Se, ad esempio, prima del 499 (anno in cui scoppiò la guerra tra le colonie greche asiatiche e gli eserciti di Serse) i rapporti politici con i vari regni orientali - i quali, da allora e per molto tempo, furono ricompresi allinterno del dominio persiano - erano sì ambivalenti, ma anche non infrequenti, a partire da tale data invece essi divennero estremamente rari, rimanendo inoltre, quando vi furono, quasi sempre segreti o comunque oggetto di profonda riprovazione. I fattori alla base di un tale conflitto e della separazione che ne seguì, furono essenzialmente due: a) prima di tutto, vi fu una precisa volontà espansionistica della Persia: uno stato tipicamente orientale nei suoi caratteri, sia per la sua enorme estensione che per le sue strutture interne; b) in secondo luogo poi, vi fu una consapevolezza sempre maggiore da parte delle poleis greche dei caratteri - tanto politici quanto culturali - alla base della propria identità: un fattore che ovviamente le rendeva estremamente insofferenti di fronte a qualsiasi dominazione e limitazione esterna, tanto più poi se proveniente da un impero vasto e impersonale come quello persiano. Alla base delle guerre persiane quindi, non vi furono tanto - come si vedrà meglio più avanti - motivazioni legate ad interessi economici contingenti, quanto piuttosto un profondo desiderio di difendere e preservare quellhumus culturale e politico che i cambiamenti degli ultimi decenni avevano creato, e che col tempo era divenuto parte irrinunciabile della cultura e dellidentità greche. Le guerre persiane - I motivi del conflitto tra Greci e Persiani Alla base del conflitto tra civiltà ellenica e civiltà persiana vi furono - come si è già detto - soprattutto ragioni ideologiche e politiche. I motivi economici contingenti difatti, pur esistendo, non erano abbastanza rilevanti da scatenare una guerra che, pur con conseguenze per entrambe le parti, avrebbe certamente avuto effetti molto più devastanti per le piccole città-stato elleniche che non per lenorme impero persiano. Non si deve però neanche esagerare la portata ideologica del conflitto. Quello che infatti ci appare retrospettivamente come un evento cruciale per la storia del mondo occidentale (dal quale dipese infatti la salvezza stessa dei principi ideologici, politici e - in gran parte - anche economici, di questultimo), fu più semplicemente per coloro che vi presero parte unazione per il mantenimento della libertà e dellindipendenza da un popolo lontano e quasi sconosciuto, quale era al tempo per i Greci quello persiano. Non vanno però nemmeno dimenticate le implicazioni che la perdita del conflitto avrebbe comportato, un po a tutti i livelli, sui successivi sviluppi della civiltà greca. A una vittoria dei Persiani difatti, avrebbe di certo fatto seguito per le poleis - e soprattutto per quelle che, come Sparta e Atene, si erano poste a guida della ribellione - tutta una serie di pesanti misure punitive (quali deportazioni, devastazioni, pesantissime misure tributarie…) dalle cui nefaste conseguenze esse solo col tempo sarebbero riuscite a risollevarsi, e molto probabilmente mai del tutto. Altro fattore da considerare, la dominazione persiana avrebbe quasi certamente finito - quantomeno sui tempi lunghi - per modificare o comunque per condizionare pesantemente la stessa evoluzione sociale delle città stato elleniche, pervertendone gran parte delle prerogative originarie (libertà politica ed economica, prevalenza delle strutture privatistiche su quelle pubbliche…) Dal punto di vista del nostro orgoglio occidentale dunque, rimane indiscutibilmente una fortuna il fatto che il conflitto venisse alla fine vinto dai Greci, ciò che permise forse allingegno di questi ultimi di continuare ad esprimersi nei modi che tutti conosciamo (ovvero la filosofia, larte, la letteratura, ma anche la scienza, la politica, ecc.) e nei quali - proprio in questo periodo - essi raggiunsero vertici mai più eguagliati! Quanto alle colonie (le quali, come vedremo, furono le prime a ribellarsi allinvadenza persiana) i motivi di fondo della loro insurrezione furono effettivamente legati anche ad una diminuzione degli scambi commerciali con le regioni asiatiche circostanti: un fatto chiaramente dovuto alla nuova dominazione persiana, e prima di tutto a misure di carattere politico e tributario. Motivazioni decisamente diverse furono invece quelle alla base della ribellione dei vicini Greci europei, i quali si trovarono nella necessità di fronteggiare un primo tentativo di invasione (quasi del tutto inaspettato) a opera di Dario, e in un secondo tempo quello del suo successore, Serse. - La guerra contro le colonie asiatiche (499 - 494) I motivi contingenti alla base dello scoppio del conflitto tra il Gran Re persiano e le colonie greco-ioniche e, più in generale, greco-asiatiche (come infatti vedremo, in tale conflitto furono coinvolte pressoché da subito anche le colonie degli Stretti e dellEllesponto), furono legati in realtà ad alcune incresciose vicende avvenute allinterno dellestablishment greco-persiano. Tali eventi tuttavia, furono come un incendio che scoppia in un granaio: già da alcuni anni difatti, stava montando lodio verso i nuovi dominatori, colpevoli di limitare tanto le libertà politiche quanto - almeno in parte - le attività economiche delle città-stato greche! Certo, per ciò che concerne le limitazioni di carattere politico e tributario, bisogna ricordare come queste (seppure in forma diversa) fossero già in vigore nel periodo della dominazione dei Lidi. Ma questultima presentava comunque per i Greci anche dei vantaggi non indifferenti. I Lidi difatti - come, del resto, un po tutti i popoli mediterranei (ad esempio gli Egiziani) - avevano oramai da tempo sviluppato una solida tradizione di rapporti commerciali con i popoli ellenici. Per tale ragione, gli svantaggi costituiti dai tributi e dalle diverse manifestazioni di sudditanza politica loro imposta, erano ampiamente compensati da una maggiore facilità nelle relazioni di carattere commerciale, ed erano come tali anche ampiamente tollerati. Tuttavia, linstaurazione di una nuova classe dirigente persiana, o filo-persiana, ai vertici di quello che precedentemente era stato lo stato indipendente di Lidia - ma anche dellEgitto, della Siria, ecc. - portò in breve tempo a un cambiamento di rotta nelle relazioni commerciali di queste regioni con le popolazioni greche. Le precedenti elités, tradizionalmente filo-elleniche, furono difatti presto sostituite da altre, molto più favorevoli ad assecondare i traffici (e in generale i rapporti politici e culturali) con le zone interne dellImpero, a cui si sentivano più strettamente legate. E se anche è vero che gli scambi con le città-stato elleniche non vennero, da queste nuove leve del potere, né totalmente impediti né esplicitamente proibiti - come si è detto in precedenza infatti, la dominazione persiana era improntata quasi sempre al principio della tolleranza e del rispetto delle tradizioni proprie delle popolazioni sottomesse -, ciononostante le nuove elités dirigenti avevano comunque il potere (attraverso misure di varia natura, quali tasse, dazi doganali, ecc.) di scoraggiare e quindi assottigliare lentità delle relazioni commerciali delle proprie satrapie con le regioni esterne al proprio dominio. Nonostante infatti le colonie greco-asiatiche fossero a loro volta divenute da tempo parte integrante di un tale dominio, era comunque evidente che esse, rimandando per propria natura alla madrepatria, regione ancora indipendente dallImpero persiano e a esso quindi potenzialmente ostile, costituissero allinterno di questultimo - peraltro non solo dal punto di vista geografico - delle aree decisamente anomale e marginali! Non deve stupire perciò, il fatto che linizio della dominazione persiana in Egitto coincidesse con una profonda decadenza della città/emporio greca di Naucrati. Del pari, anche la conquista da parte di Dario delle regioni degli stretti suscitò notevole preoccupazione nella città elleniche dellAsia minore (e in particolare a Mileto), ad esse particolarmente legate da un punto di vista economico commerciale. In conclusione, possiamo dire che nel periodo della dominazione persiana, le città-stato elleniche delle zone anatoliche conobbero, oltre al persistere di misure tributarie e politiche già sperimentate sotto i Lidi (e il cui effetto fu spesso, tra laltro, linstaurazione di tirannidi filo-persiane, che si scontravano con una antica e consolidata tradizione democratica), anche un certo abbassamento del livello dei traffici, pur tuttavia ancora senza dubbio vitali. Vediamo ora quali furono i fatti che portarono allo scoppio del conflitto con il Gran Re Dario. La politica despansione dellImpero achemenide aveva, negli ultimi anni, portato questultimo ad estendere la propria influenza anche alle varie isole elleniche dellEgeo, prima indipendenti. Lisola di Nasso tuttavia, ancora resisteva ad un tale espansionismo. Per tale ragione Aristagora, leader politico di Mileto, riuscì a convincere il satrapo di Lidia Artaferne a tentare linvasione di una tale località, che intratteneva con la sua città rapporti di aperta ostilità. Contrariamente alle aspettative però, il tentativo di invasione e sottomissione fallì (500), gettando Aristagora e Artaferne nel timore di una pronta vendetta della corte persiana. E fu proprio a causa di un tale timore, che Aristagora si diede da fare in quegli anni per creare una coalizione militare tra le città-stato asiatiche (non solo ioniche…), da schierare contro gli eserciti che il Gran Re avrebbe certamente inviato. Bisogna altresì ricordare come il tentativo del tiranno greco di convincere le città-stato della madrepatria a partecipare al conflitto, fosse seguito da un irresponsabile diniego da parte di queste ultime, troppo prese a combattersi tra loro per ragioni di carattere soprattutto territoriale. Solo Atene e Eretria (anche peraltro a causa delle proprie mire espansionistiche nellEgeo) accettarono linvito, mandando però dei contingenti navali decisamente modesti, che in più ritirarono quando divenne chiaro che la guerra sarebbe stata lunga e difficile. Dopo fasi alterne - tra cui vi fu linvasione e il sacco della città di Sardi (capitale della satrapia lidica) da parte dei contingenti greci - il conflitto si chiuse nel 494 con la vittoria dei Persiani, oltre che con il rafforzamento dellegemonia di questi ultimi sulle zone circostanti, tra cui la Tracia e la Macedonia. I Persiani inoltre a conclusione della guerra, pur usando per il resto, secondo peraltro costumi e abitudini consolidate, una certa clemenza verso i vinti, radevano al suolo Mileto - fino ad allora, in ragione dei molteplici traffici di cui era crocevia, la città più ricca di tutto il mondo ellenico - deportandone la popolazione, ciò che costituiva un chiaro monito per gli altri stati ellenici. Il fatto inoltre che Mileto non riuscisse in seguito ad essere più che lo spettro di se stessa, ci fa ben riflettere sui rischi corsi dalle libere città-stato della madrepatria quando scelsero di sfidare lavversario persiano! Il primo atto della guerra si era concluso quindi - e anche nettamente - a favore dei Persiani. Rimaneva ora un ultima faccenda da sbrigare, quella cioè di punire le città della madrepatria che avevano osato aiutare linsurrezione greco-ionica, estendendo al tempo stesso il dominio persiano anche a questultima regione, dimostratasi un potenziale nemico dellImpero del Gran Re. [1] Non cè infatti bisogno di ricordare come le regioni della costa anatolica occidentale e quelle poste sulle coste del mar Nero, della propontide e della Tracia fossero divenute già da tempo parte della satrapia persiana lidica, o si trovassero comunque sotto linfluenza e il protettorato dellImpero persiano. [2] Testimonianza di una tale affinità di vedute, ovvero di una parziale assimilazione dei Lidi alla cultura greca, è il fatto che lo stesso Creso (lultimo sovrano di Lidia) si affidasse - come ci racconta Erodoto - ai responsi del santuario di Delfi, la massima autorità oracolare della Grecia. [3] Tra le altre imprese ostili agli interessi economici della Grecia asiatica, bisogna annoverare la distruzione da parte dei persiani della città di Sibari, situata nelloccidente greco, ma legata molto da vicino alla città di Mileto. Erodoto racconta come i Milesii, alla notizia dellaccaduto, si rasassero il capo in segno di lutto. La prima spedizione persiana contro la madrepatria (490) Fu nel 490, con la celebre battaglia di Maratona, che i Greci segnarono la prima vittoria sui propri avversari. Una vittoria che, senza dubbio, anche poiché ottenuta a dispetto di uno squilibrio numerico decisamente sfavorevole, ebbe degli effetti non indifferenti sulla successiva determinazione delle città-stato greche nel combattere il nemico. Ma in questo, come nei futuri scontri bellici, anche altri fattori giocarono a favore degli Elleni: innanzitutto, vi fu una maggiore conoscenza dei territori frastagliati e insidiosi su cui i combattimenti si svolgevano, ma anche - di nuovo - una maggiore determinazione nella lotta degli eserciti greci cittadini, molto più motivati dal punto di vista ideale (spesso infatti disposti al sacrificio estremo) rispetto agli enormi ma impersonali eserciti persiani, composti fondamentalmente da mercenari, o da popolazioni (come quelle ioniche) la cui partecipazione alla guerra era fondamentalmente coatta. Ma andiamo con ordine: nella primavera del 490 Mardonio (generale capo delle armate del Re Dario) si mise in moto verso le città di Eretria e di Atene, per infliggere ad esse la giusta punizione per laiuto prestato allinsurrezione ionica antipersiana (oltre che, come si è già detto, per iniziare unopera di penetrazione politico militare in Grecia). Prima poi di raggiungere Eretria, che fu assediata per sette giorni e successivamente messa a ferro e fuoco con la deportazione di tutti i suoi abitanti, gli eserciti persiani si fermarono nelle isole dellEgeo ancora indipendenti dal dominio del Gran Re, e in quelle che come Nasso (nella quale lasciarono i segni più evidenti del proprio passaggio) erano ai loro occhi colpevoli di averlo ostacolato. Dopo - come si è già accennato - aver assediato e deportato gli abitanti di Eretria, i Persiani si accingevano a compiere unanaloga opera ai danni degli Ateniesi e delle popolazioni dellAttica. Consigliere della loro azione era inoltre Ippia, il figlio di Pisistrato, spodestato dalla carica di tiranno dallazione congiunta degli Spartani e della famiglia degli Alcmeonidi (cfr primo paragrafo), e in seguito quindi passato dalla parte dei Persiani. (Fu quasi sicuramente lui infatti, a consigliar loro di sbarcare in Diacria, la stessa zona da cui era partito suo padre per riconquistare Atene nel 545). La battaglia che ne scaturì - quella di Maratona - fu tanto importante per il mondo greco da divenire un luogo comune della stessa coscienza occidentale, simbolo delleroismo e dellamor di patria ellenici, contro lasettica e anonima potenza degli enormi eserciti del loro nemico. E la vittoria greca fu davvero unimpresa eroica, se si considerano le circostanze nelle quali gli eserciti dellAttica - e quelli ateniesi in particolare, da cui era formata la stragrande maggioranza delle forze militari greche - dovettero operare. Oltre alla già citata differenza numerica, vi fu difatti leffetto sorpresa dellattacco degli eserciti persiani, che non diede il tempo alle altre città greche di accorrere in aiuto degli assediati. La vittoria quindi, si dovette essenzialmente alla determinazione dei soldati attici (celebre è lepisodio che precedette la guerra, la maratona del soldato ateniese che corse ad avvertire la città dello sbarco dei Persiani), oltre che alla perizia di Milziade [1], lo stratego che guidò limpresa, anticipando astutamente le mosse del nemico. Assieme a una vittoria dal valore simbolico altissimo, gli Ateniesi ottenevano così di ricacciare il nemico sulle coste dellAnatolia, e di procrastinare di circa un decennio la guerra che avrebbe segnato definitivamente la loro sorte. - La seconda spedizione persiana contro la Grecia (480 - 479) Nonostante lazione di penetrazione politico-militare di Dario nelle zone a occidente dellImpero si concludesse con lo scacco di Maratona, si può comunque dire che essa - per il resto - portò alla Persia ottimi frutti. Tuttavia con Serse, figlio di questultimo, e in seguito alla sconfitta definitiva dei Persiani da parte dei Greci e alla riacquisizione dei domini asiatici perduti nel precedente conflitto, una tale penetrazione conobbe per svariati decenni una brusca interruzione. Per la campagna contro le città della madrepatria, Serse approntò preparativi grandiosi (o così almeno ci racconta la tradizione storiografica greca, preoccupata forse di amplificare limpresa dei propri concittadini), facendo addirittura allestire una gigantesca flotta militare, nonché un ponte che collegava tra loro le sponde degli stretti, permettendo così il passaggio delle truppe persiane sul territorio europeo. E indubbio poi che, oltre a motivi di carattere politico e ideologico, alla base di tale impresa entrassero anche i sentimenti personali di una dinastia che non tollerava sconfitte (anche per i danni che esse avrebbero arrecato al suo prestigio e alla sua immagine). Unaltra cosa da tenere ben presente, è che le città-stato greche non furono tutte altrettanto motivate a contrastare lincursione degli Spartani. Molto più tiepide difatti furono quelle della Grecia centrale, riunite sotto la Lega beotica - a capo della quale si poneva Tebe -, molte delle quali disertarono i propri impegni. Apertamente collaborazionista fu invece la Tessaglia, una regione il cui sviluppo cittadino era - non a caso - molto inferiore rispetto alle altre. A capo della ribellione greca, si posero dunque Sparta e Atene, unite per loccasione allinterno della Lega peloponnesiaca, o Lega ellenica, capeggiata da Sparta. Battaglie decisive di tale campagna furono: quella combattuta alle Termopili, quella di Salamina (480), quella di Platea, ed infine quella di Micale (479). Nella prima i Greci della Laconia, capeggiati chiaramente dagli Spartani (e dal loro re Leonida), si adoperarono eroicamente, sacrificando le proprie vite, per permette alle truppe ateniesi una ritirata strategica, che evitò loro la distruzione (oltre che una sicura sconfitta della causa greca). Nellaltra, che decretò in sostanza la vittoria definitiva degli Elleni (non a caso Eschilo, nella sua celebre tragedia, la rievocò come levento finale della guerra), furono invece le flotte navali greche, capeggiate da quelle ateniesi - allestite per iniziativa di Temistocle ad attirare il nemico in unimboscata in una stretta lingua di mare vicino allisola di Salamina, accerchiandolo e piegandolo. Nella terza invece, svoltasi presso la città di Platea, nellentroterra centrale, i Greci sconfissero le milizie degli avversari anche sulla terra ferma, decimandone ulteriormente gli eserciti. Nellultima infine, che si svolse sulle coste dellAsia minore, gli Elleni riuscivano a prendere alle spalle i Persiani superstiti, che si accingevano a ritornare in patria, dando inoltre inizio a un vasto movimento di riconquista dei territori asiatici prima greci - un movimento che, in poco tempo, si spinse fino alla città di Sesto, nella zona degli Stretti (478). In breve, al termine del conflitto, i Greci avevano riconquistato alla libertà anche le zone asiatiche, e sottratto o comunque svigorito linfluenza persiana sulle regioni circostanti. I nemici poi, erano stati ricacciati ai confini lidici, limitati cioè al possesso dellAnatolia, con lesclusione in più delle zone costiere e delle isole circostanti. Pur vinta dalle città-stato greche, la guerra costò molto a queste ultime, sul piano sia delle perdite umane che di quelle materiali. Tra tutte le città poi, la più colpita fu senzaltro Atene, che per ben due volte venne messa a ferro e fuoco dai nemici, nonostante in entrambi i casi la popolazione riuscisse a mettersi in salvo. Essa in altri termini subì, seppure in forma attenuata, la stessa sorte che era toccata precedentemente a città come Mileto, o come lisola di Nasso. - Le azioni punitive al termine della guerra, i cambiamenti interni ed esterni dello stato ateniese Dopo la vittoria sui nemici esterni, iniziò per i Greci un breve periodo di guerra interna. Come si è detto, non tutti gli stati della compagine ellenica avevano optato per la resistenza ai Persiani. Alcuni di essi avevano infatti preferito astenersi, o - ancora peggio! - disertare gli impegni militari; altri invece, essenzialmente la Tessaglia, si erano alleati col nemico, fungendo inoltre ad esso da rifugio nei periodi invernali! Al termine del conflitto quindi, gli Spartani (allora lo stato più influente di tutta la Grecia) guidarono due spedizioni punitive: una contro la Lega beotica - e in particolare contro Tebe, la città guida di essa -, colpevole di aver scelto la neutralità; laltra invece contro la Tessaglia. La prima si concludeva - dopo un assedio di sette giorni alla città di Tebe - con lo scioglimento della Lega beotica, oltre che con lesecuzione degli esponenti del partito filo-persiano. Laltra invece si risolveva fondamentalmente in un insuccesso, non riuscendo in pratica gli Spartani ad avere la meglio sulla nobiltà tessala. Anche la vita politica di Atene inoltre, fu profondamente segnata dalla seconda guerra persiana. Innanzitutto, vi fu lallestimento di una flotta militare marittima, per iniziativa di Temistocle. Tale evento - apparentemente irrilevante dal punto di vista sociale - segnò invece un ulteriore passo in direzione della parificazione dei diritti politici tra tutti i cittadini ateniesi. Impiegati infatti i cittadini più ricchi nella cavalleria, gli zeugiti nelle file della fanteria (gli opliti), non rimanevano che i teti - ovvero le fasce di reddito più povere - da destinare in veste di rematori alle milizie marittime. E inutile poi ricordare i vantaggi politici che derivavano dalla partecipazione alla guerra. E in corrispondenza con questi eventi infatti, che i teti ottennero unulteriore parificazione sul piano dei diritti politici (per esempio, leleggibilità allarcontato) rispetto alle altre fasce di reddito. Un altro cambiamento fondamentale non solo per Atene, ma anche per gli equilibri interni alla compagine degli stati greci, fu la nascita al termine della rivolta asiatica della Lega Delio-Attica. Liberate dal giogo persiano infatti, le zone greco-asiatiche - ben coscienti della pericolosità della loro posizione di confine - chiesero agli Spartani il permesso di entrare a fare parte della Confederazione ellenica, ricevendo così appoggio e protezione da parte degli altri stati greci. Del rifiuto opposto da questi ultimi (seppure con leccezione di tre importanti isole: Chio, Lesbo e Samo) approfittarono allora gli Ateniesi, che strinsero con esse unalleanza e formarono una lega marittima, quella Delio-Attica, che divenne la base del loro impero marittimo. La guerra contro i Persiani dunque, non si limitò a salvaguardare per alcuni decenni la libertà e lindipendenza politica dei Greci da ogni influenza esterna, e a rafforzare il senso della loro identità in contrasto con i popoli altri (da essi definiti barbari), ma portò anche come risultato allemergere di una divisione interna sempre più netta - anche in conseguenza dello scioglimento della Lega beotica - tra due opposti blocchi di carattere politico, militare ed economico: quello guidato da Sparta e quello guidato da Atene. Erano poste così le premesse del periodo successivo, che sarebbe culminato con la guerra Peloponnesiaca. Milziade era stato il tiranno filo-persiano di una città del Chersoneso tracico. Passato in seguito dalla parte avversa, alla fine della guerra delle colonie contro Dario si rifugiò ad Atene, dove divenne il leader di una fazione politica nuova, ostile alla linea conservatrice portata avanti dal partito degli Alcmeonidi. Tra i suoi uomini compare anche Temistocle, che in sostanza ne erediterà il compito di stratego e capo militare nella seconda guerra contro i Persiani. ( Temistocle fu il successore di Milziade alla guida di Atene; a lui si dovette la prima flotta militare ateniese, lallestimento della quale ebbe delle implicazioni che verranno analizzate avanti. (torna su) GRECIA CONTRO PERSIA LA PRIMA GUERRA MONDIALE DELLANTICHITA dal 499 al 480 Ancora oggi ci si chiede come sia stato possibile che un vastissimo impero di 3,5 milioni di kmq, esteso dallEgitto allIndia, quale quello persiano, non sia stato capace di occupare un minuscolo territorio come la Grecia, internamente diviso in città-stato indipendenti. Quella fu una specie di guerra mondiale, che avrebbe potuto decidere, se fosse finita diversamente, le sorti dellintera Europa e forse dellintera Africa. I territori che limpero persiano comprendeva oggi coincidono, allincirca, con interi paesi quali Iran, Afghanistan, Turchia, Siria, Libano, Israele, Armenia, Cipro, Tagikistan, Kuwait, Tracia e Macedonia, nonché quasi tutto il Pakistan, il Turkmenistan, lUzbekistan, lAzerbaigian, la Georgia, lIrak e lEgitto, più altre porzioni di Stato in India, Libia, Giordania, Kirgizistan... Era un impero assolutamente impressionante, senza precedenti storici, che prese le mosse dallunica vera città dellantica Perside: Persepoli. Tutte le coste dei mari e dei laghi più importanti di quel tempo erano state occupate: golfo Persico, mar Arabico, mar Rosso, mar Mediterraneo, mar Egeo, mar Nero, mar Caspio, fino al lago dAral. Per raggiungere queste dimensioni era bastato un secolo. Sbaglieremmo a pensare che si trattasse di un impero molto più dittatoriale dei precedenti assiro-babilonesi. Certo lo schiavismo era di stato, ma si evitava di distruggere le città conquistate o di deportarne le popolazioni e si rispettavano i culti e le lingue locali. Ciro (558-530) fu abilissimo ad approfittare del conflitto tra il re dei Medi e laristocrazia, scontenta della sua politica accentratrice. Questa tattica di favorire loligarchia locale, che finiva col tradire gli interessi del proprio Stato, fu una costante di tutti i sovrani persiani. Con un milione di uomini e con una guerra lampo Ciro arrivò a conquistare gli Stati della Lidia (odierna Turchia) e tutte le città costiere dellAsia Minore, e solo dopo aver fatto questo occupò la grande Babilonia, che sera praticamente trovata isolata nei propri commerci. Agli ebrei permise di ritornare in Palestina e di ricostruire il loro tempio, avendo in mente di utilizzare in quella regione una piazza darmi tramite cui invadere lEgitto (infatti nei confronti dei fenici, che gli assicurarono una flotta navale, organizzò il medesimo rimpatrio). LEgitto gli serviva per il controllo del Mediterraneo. Tuttavia, prima di scatenare la guerra, volle consolidare i propri confini, impegnandosi militarmente contro le tribù nomadi delle steppe e fu proprio in uno di questi scontri che rimase ucciso (530 a.C.). Il figlio maggiore Cambise (530-522) prese a muoversi là dove il padre aveva fallito e in brevissimo tempo, dopo aver tratto dalla sua parte laristocrazia laica e religiosa, occupò lEgitto. Purtroppo però, invece di limitarsi a controllare la situazione, consolidando le nuove conquiste, dichiarò guerra sia alla Libia (ove dominava Cartagine) che allEtiopia. Fu un disastro su entrambi i fronti: il prestigio del sovrano crollò a picco e, in seguito a rivolte interne guidate dallaristocrazia dei Medi, morì in circostanze oscure. Limpero sembrava dover crollare come un gigante dargilla, ma chi riuscì ad opporsi efficacemente al declino degli Achemenidi persiani fu il nuovo sovrano Dario (522-486), che capì una cosa fondamentale per le sorti dellimpero: non bastavano le campagne militare per dominare, ci voleva anche una politica accorta e soprattutto unefficiente amministrazione. E fu così che creò un regime assolutistico, centralizzato e burocratizzato, dove lelemento militare (i cui ranghi più elevanti o più scelti - circa 10.000 unità - erano composti di persiani) doveva continuare a svolgere un ruolo decisivo. Solo il sovrano poteva conferire le cariche e decretare le pene, anche nei confronti della nobiltà. Dario divise limpero in 20 province (satrapie) e ognuna di esse, esclusa la Persia, doveva pagare ingenti tasse, in genere proporzionali alle effettive risorse e dimensioni, anche se, siccome lo Stato le dava in appalto, gli esattori, che le versavano in anticipo, si rifacevano sulle popolazioni riscuotendo maggiori tributi di quelli previsti. Ogni anno entravano nelle casse dello Stato oltre 400 tonnellate dargento (lIndia era lunica che doveva pagare le tasse in oro). Con la parola tributo i sovrani intendevano anche linvio periodico di contingenti armati per rimpinguare le fila dellesercito, continuamente impegnato in guerre di conquista. Gli stessi satrapi (di origine persiana, salvo eccezioni), pur avendo poteri illimitati, erano affiancati da un comandante militare che dipendeva solo dal re ed entrambi venivano tenuti costantemente sotto controllo da ispettori reali, che giungevano nelle satrapie sempre allimprovviso. Per gestire il proprio impero, lo stesso Dario soggiornava a turno in una delle diverse capitali: Susa, Persepoli, Ecbatana e Babele. Le strade venivano costruite per unificare militarmente ed economicamente limpero (quella da Sardi a Susa era lunga 2400 km): tutte erano sterrate e costellate di ostelli per vitto e alloggio e di stazioni per il cambio dei cavalli o dei cammelli. Ma si usavano anche i mari, i fiumi e i laghi. Dario volle addirittura congiungere il Nilo col mar Rosso col taglio dellistmo (oggi Suez), ma limpresa non gli riuscì. Fu però in grado di disegnare, mediante una spedizione navale, la prima mappa dei venti monsonici e delle correnti delloceano Indiano. Il sovrano era lunico che poteva coniare monete doro (il darico aveva un peso fisso di 8 grammi): i satrapi potevano farlo con quelle dargento. Quanto alla lingua comune, egli impose laramaico (antichissima lingua di alcune tribù nomadi semite) solo per gli atti pubblici, per i contratti e nei tribunali. Per il resto ogni popolazione poteva tenersi la propria lingua, esattamente come i propri dèi. Imponenti, sotto il suo regno, furono le opere di bonifica e di canalizzazione, con cui si riuscì a portare acqua anche nelle zone semidesertiche. Sul piano militare Dario conquistò parte dellIndia, il territorio ad oriente del mare dAral e alcune terre della parte nord del mar Nero, le isole dellEgeo e le città greche sulle sponde settentrionali di questo mare e la Tracia. Furono gli attacchi falliti contro la Scizia a minare il prestigio militare del suo governo. Infatti, in seguito a quelle sconfitte iniziarono a ribellarsi ai propri governatori filo-persiani alcune città elleniche della costa ionica, nel 500 a.C. La più importante di esse, Mileto, temendo larrivo dei persiani, chiese aiuto alla Grecia, che però rispose debolmente con Atene ed Eretria. Mileto e altre città furono rase al suolo e i loro abitanti o uccisi o venduti come schiavi. Fu così che scoppiò la guerra mondiale tra Persia e Grecia, ovvero tra Asia ed Europa. Dario infatti ne approfittò per attaccare Atene che aveva aiutato Mileto e le altre colonie. Nel 492 intraprese la prima spedizione marittimo-terrestre lungo il litorale della Tracia, ma la flotta perse subito 300 navi in una terribile tempesta presso il monte Athos. Si dovette rimandare di due anni la spedizione punitiva, e questa volta si arrivò nei pressi della piana di Maratona, sulla costa settentrionale dellAttica. Atene stava per essere attaccata, ma, pur non avendo ottenuto alcun aiuto da Sparta, ebbe la meglio in una battaglia che passerà alla storia, quella appunto di Maratona, con 192 morti contro 6.400. Subito dopo tutte le città greche dichiararono la loro indipendenza dalla Persia: Dario, che dovette affrontare sommosse a Babilonia e in Egitto, rinunciò ai piani di conquista e morì nel 486 a.C. Ancora una volta sembrava che il colosso dovesse crollare da un momento allaltro. Invece si riprese sei anni dopo con Serse (486-465), che attraversò lEllesponto e alle Termopili, grazie a un traditore greco, ebbe la meglio sugli spartani, che intanto serano alleati con Atene. Per fortuna che il partito democratico ateniese, guidato da Temistocle, era riuscito a convincere i cittadini a puntare le loro risorse economiche sul potenziamento della flotta navale; sicché, nonostante Atene venisse lasciata in mano ai persiani, dopo averne evacuata la popolazione, gli uomini in grado di combattere ebbero la meglio in unaltra storica battaglia, quella navale di Salamina (480). Temendo rivolte interne, Serse tornò in Asia, lasciando un grosso esercito in Tessaglia, ma dopo un po di tempo venne assassinato in uno degli intrighi di corte. Ne approfittarono ateniesi e spartani, che, coordinando perfettamente le loro azioni militari, a più riprese sconfissero duramente i persiani (Platea, Capo Micale, Cipro ecc.). Finalmente nel 449 la Persia si convinceva a riconoscere lindipendenza delle città greche in Asia Minore. * * * Dunque come fu possibile che un topolino come la Grecia poté sconfiggere un elefante come la Persia? Gli storici hanno dato varie motivazioni. Per i greci si trattò di una guerra di liberazione nazionale dallo straniero e i militari che difendevano la patria erano gli stessi cittadini, non dei mercenari, come invece lo erano i persiani. In Grecia prevalsero, nella conduzione della guerra, gli elementi democratico-borghesi, più popolari di quelli aristocratico-oligarchici, i quali, molto probabilmente, avrebbero preferito cercare un compromesso vantaggioso coi sovrani persiani. I persiani non avevano una particolare cultura da trasmettere, con cui tener unito limpero, ma solo unenorme forza militare, con cui pretendevano di conquistare in tempi molto brevi vastissime porzioni di territorio. Le popolazioni si lasciavano sottomettere o quando il loro livello economico e culturale era molto basso, oppure quando, pur essendo elevato, esistevano gruppi sociali che preferivano tradire il loro paese pur di conservare il loro potere. I sovrani persiani tendevano a risolvere le contraddizioni interne al loro impero usando soprattutto la politica estera, fatta di continue conquiste. Limpero persiano adottò una specie di schiavismo di stato basato prevalentemente sullagricoltura, essendo tutte le terre di proprietà del sovrano, che le cedeva in usufrutto ai propri funzionari o alla nobiltà locale dei paesi conquistati. In Grecia invece vi era una sorta di schiavismo privato basato prevalentemente sul commercio marittimo e sullautonomia delle città-stato, che non avrebbero potuto in alcun modo tollerare unamministrazione centralizzata delleconomia, benché il regime spartano fosse il più vicino a quello persiano. E tuttavia sbagliato considerare più democratica la civiltà ellenica. Lo dimostra il fatto che subito dopo la vittoria contro la Persia, il mondo greco si autodistrusse in una guerra civile tra Atene e Sparta (questultima preferì allearsi coi persiani piuttosto che sottomettersi ad Atene). La Grecia vinse la guerra ma perse la pace.
Posted on: Sun, 17 Nov 2013 17:04:14 +0000

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