L’INCUBO SOCIALISTA 11 settembre cileno quando i mandanti - TopicsExpress



          

L’INCUBO SOCIALISTA 11 settembre cileno quando i mandanti sono a Washigton di Maurizio Chierici Quarant’anni fa moriva Salvador Allende travolto dal colpo di Stato del generale Pinochet: 11 settembre 1973, l’altro 11 settembre. Nella memoria collettiva il “vero” 11 settembre è la strage di Al Qaeda alle Torri Gemelle, ground zero di New York. Politici, giornali, tv e i lampi della rete non parleranno d’altro: commozione per 2.752 morti. Le vittime di Santiago sono 3.197 più 60 mila desaparecidos nei 27 anni di dittatura. Ma la differenza è profonda. Sotto le torri gemelle i corpi straziati dal terrorismo di Bin Laden, nemico infernale dell’ occidente cristiano, mentre le vittime cilene erano ragazzi che anticipavano gli indignati delle piazze 2000 o vecchi socialisti impegnati a contenere i profitti delle multinazionale Usa. Per esorcizzare il fantasma di un’altra Cuba, la Casa Bianca Bianca organizza “il ritorno alla normalità”. Lungo lavoro del Presidente Nixon e di Henry Kissinger: 10 milioni distribuiti attraverso la Cia danno la carica a Pinochet. 10 milioni di 40 anni fa: dollari per sicurezza in nero che il cambio parallelo moltiplica per 400 volte, più o meno un miliardo dei nostri giorni. Trame rimaste nascoste per un tempo infinito: mormorii, sospetti ma di prove neanche l’ombra fino a quando i documenti sepolti negli archivi di Washington tornano alla luce nel 1999. La spia (se così si può dire) è il presidente Clinton. Ordina alla Cia di declassificare ogni carta segreta che avvolge la morte di Allende. La Cia prova a disobbedire. L’ultima resistenza riguarda la sicurezza nazionale: “l’operazione Cile somiglia a tante altre in altri scenari del mondo. Si capirà che siamo stati sempre noi”. L’ultimo a cedere è Kissinger. Ha registrato tutti i colloqui anche quando dall’altra parte c’era il presidente: 55 mila faldoni. Li lascia alla Public Library of United States Diplomacy a una condizione: devono restare sotto chiave fino alla sua morte. Ma l’operazione Clinton rompe il tabù. Washington 14 settembre 1970 Henry Kissinger al telefono con Donald M.Kendall, presidente della Pepsi Cola. È arrivato un amico da Santiago, Agustin Edwards, proprietario del Mercurio, radio e giornali minori in ogni angolo del paese: amministra anche la Pepsi cilena. Due giorni prima Allende ha vinto le elezioni con un margine che può essere rovesciato dal voto del Parlamento a favore di Alessandri, testa di legno della destra. Edwards suggerisce come impedire ad Allende di giurare in ottobre. Nixon è furioso per la vittoria della sinistra cilena. E alla prima riunione col capo della Cia urla: “Figlio di puttana, figlio di puttana”, non sopporta il piccolo medico che rivolta la politica in fondo al continente. Kendall porta Edwards alla Casa Bianca. Il presidente deve a Kendall la lunga scalata da avvocato di provincia ad avvocato della Pepsi. Edwards è corso a Washington per salvare la casa editrice più importante del Cile: un governo socialista l’avrebbe emarginata. Promette che le sue penne migliori ogni mattina avrebbero polverizzato Allende per impedirgli di arrivare alla Moneda. Bisogna fare in fretta: soldi al Mercurio per convincere i militari fedeli alla Costituzione a voltare le armi contro la minaccia Allende. Eliminare soprattutto il comandante dell’esercito Generale Schneider, lontano dalla politica e devoto al presidente di turno. Rapirlo e nasconderlo in Argentina. E poi ingrassare Patria Y Libertad, movimento dai gagliardetti che richiamano le svastiche. Nel tumulto del rapimento, “per errore” Schneider viene ucciso: mani cilene, armi Usa arrivate nei bauli delle valige diplomatiche. Il generale Carlos Prats ne prende il posto con gli stessi peccati di Scheneider: rispetto alla Costituzione. Intanto i dollari fanno il loro lavoro: rivolta popolare, sciopero dei trasporti che blocca il paese. Leo Vilarin, il sindacalista che li guida, invecchierà serenamente nel villaggio Cia, Alexandra, in Virginia dove lo incontro 9 anni dopo. Abbiamo parlato nella veranda di una casa disabitata. I documenti del golpe erano ancora sepolti negli archivi e Villarin ripeteva come un robot di aver “voluto aiutare il ritorno alla democrazia”. Anche Prats deve andarsene. Mogli di alti ufficiali battono le pentole vuote sotto la sua finestra. Prats non se la sente di compromettere il governo. Consiglia ad Allende il nome di chi lo deve sostituire. Ne garantisce fedeltà e lealtà: Augusto Pinochet. Due anni dopo Pinochet lo fa uccidere in Argentina. Autobomba comandata da Michael Townley, agente Cia prestato ai servizi cileni nell’operazione Condor: eliminare chi non è d’accordo in Brasile, Uruguay, Paraguay, Argentina. Santiago 15 dicembre 1972 Allende torna da New York dopo il discorso alle Nazioni Unite. Gli applausi dell’assemblea lo hanno rincuorato ma erano applausi già raccolti nelle altre occasioni e non è successo niente. “I paesi liberi subiscono interferenze nelle decisioni fondame-tali : politiche, economiche, militari da parte di organizzazioni che per le loro attività non sono sottoposte al controllo di nessun parlamento. Grandi imprese multinazionali non solo attentano agli interessi delle nazioni in via di sviluppo, ma la loro azione incontrollata agisce dominatrice nei paesi industrializzati dove hanno sede”. Il nome dell’Itt lo aveva fatto un anno prima: International Telephone Telegraph, controlla il 70 per cento del-l’azienda telefonica cilena, capofila delle multinazionali con interessi a Santiago dove il suo governo ha nazionalizzato il rame. L’isolamento comincia a pesare. Prezzo del rame bloccato dalle riserve internazionali: nessuno compra più. Scioperi e proteste di piazza, mancano generi alimentari come la strategia Nixon aveva annunciato. Calcolando il malcontento, il blocco, le destre immaginavano di vincere le elezioni per il rinnovo del Parlamento, invece Unidad Popular di Allende passa dal 36 al 43 per cento. I problemi sono tanti. Allende non è simpatico alla massoneria infiltrata in ogni snodo di potere. Il nonno ha fondato la prima loggia cilena, il nipote ne è stato Gran Maestro, ma se n’era andato col garbo di una lettera che rifiuta “la messa in sonno”. “Possiamo per onestà intellettuale proclamare che la composizione delle nostre logge rifletta la società dei nostri giorni? La mia risposta è negativa? Possiamo restare indifferenti alla mancata rappresentanza della classe operaia?”. E poi i grattacapi nella sua Unidad Popular, umori diversi: chi vuole i piccoli passi, chi armare il popolo per cambiare il paese. Allende ago della bilancia tra progresso e rivoluzione. Washington 11 settembre 1973 Kissinger guarda le lancette e comincia a preoccuparsi. È partito il colpo di Stato. Flotta Usa al largo di Valparaiso “per normali esercitazioni decise sette mesi prima”. Alle 6 del mattino comincia il golpe. Allende si è chiuso alla Moneda e i cospiratori sembrano lumache. Perché ancora non bombardano? Un pensiero lo infastidisce: un diplomatico norvegese in avanscoperta gli annuncia che si sta discutendo la sua candidatura al Nobel per la Pace assieme a Le Duc Tho mediatore vietnamita nei colloqui di Parigi. Ma Le Duc Tho ha risposto che non andrà alla cerimonia di Oslo quando si combatte ancora attorno a Saigon. Alle 16 e dieci minuti l’ammiraglio Patrico Carvajal, coordinatore del golpe, annuncia “Allende è morto”: lo dice in inglese perché la Cia ascolta ogni comunicazione. La notizia rimbalza sulle navi Usa ancorate al largo, arriva a Washington. Allora Kissinger solleva il telefono: “Mi passi il presidente, per favore”. Santiago 11 settembre 1973 Per 15 ore Allende si illude di poter contenere la rivolta, ma è rimasto senza voce: i militari hanno spento le radio. Raccoglie chi ancora resiste al-l’invito di lasciare la Moneda: “Abbiamo bisogno di testimoni per raccontare cosa è successo”. Non ammette disobbedienza: “Gli unici che possono restare sono gli uomini della guardia persona. Non voglio martiri”. Miriam Contreras, la Payta vuole restare, ma Allende insiste e alla fine si arrende. La Payta è l’amore che ha diviso il cuore del piccolo dottore. La moglie centro della sua vita, la Payta della sua politica. Quando quasi tutti sono fuori si rifugia nel salone Indipendencia. La porta è aperta, il dottor Patricio Guijón, responsabile della sanità, si avvicina per salutare il presidente quando una raffica lo ferma. Abbandonato nella poltrona, Allende è una maschera di sangue, il fucile russo regalato da Castro fra le ginocchia. Due ore prima era riuscito ad allontanare Beatriz e Isa-bel, le figlie: “La mamma è sola, andate a casa”. Ricordo di Isabel vent’anni dopo: ricomincia la democrazia e l’accompagno al suo primo comizio elettorale. Quel giorno camminano nella città vuota, Beatriz col pancione: fra un mese nasce un bambino. La luce di un piccolo albergo sembra offrire rifugio. Entrano mentre la tv interrompe le marce militari. Lo speaker legge la notizia: bombardata la Moneda e la casa del presidente in Tomás Moro…”. L’urlo di Beatriz: “La mamma…”. Vanno avanti finché trovano un portone di amici. Negli abbracci vengono a sapere che la mamma è salva, ma ancora la tv sospende la musica per la nuova notizia: l’assedio è finito, Allende è morto. Isabel si commuove: “L’ho saputo così”.
Posted on: Mon, 26 Aug 2013 09:55:47 +0000

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