Testament – Dark Roots of Earth (Cd 2012 – Nuclear Blast - TopicsExpress



          

Testament – Dark Roots of Earth (Cd 2012 – Nuclear Blast Records/Audioglobe) Il ritorno dei Testament in studio, che lo vogliamo o no, ci carica sempre di attese e curiosità su: come suonerà, quali cambiamenti avranno apportato al loro sound, eventuali migliorie e novità… nella speranza di non deluderle. Di innovazioni, non se ne parla; né tantomeno aggiungono nulla a quanto già proposto. Anzi, ciò che propongono è una mera riproposizione di ciò che sono state le loro RADICI musicali. Oltre che manifestarlo nei testi, ambientati in luoghi, ove si desidera riprendere quelle RADICI culturali dei propri avi d’America, difendendoli da chi desidera solo opprimerle e distruggerle, espresso in “Native Blood”, ad esempio. Apre le danze, la fulminea “Rise Up”, con uptempo aggressivi per opera delle chitarre di Eric Peterson e Alex Skolnick accompagnati dai potenti pattern di Gene Hoglan (tornato nei Testament per registrare l’album di ritorno) che imprimono il giusto ritmo arrembante, tipico delle composizioni di The Gathering e, del successivo, The Formation of Damnation; quasi sulla stessa linea si pongono “Native Blood” e “True American Hate”: solo che la prima canzone erge un riffing work più articolato e veloce (elemento portante di quasi tutti gli altri brani, per fortuna); nella seconda, dopo un poderoso sweep picking iniziale, apre a ritmiche rocciose, dando sfoggio a un drumming monolitico che lancia il brano. Fin qui, tutto bene. Poi ti trovi quei brani, quelli che non ti aspetti, quelli che ti spiazzano e non ti danno neanche la possibilità di capire da dove vengono fuori! Pensiamo alla title track, ad esempio, (posta tra Native Blood e True American Hate… bravi, inserimento meno azzeccato non c’era: avrebbe fatto figura migliore in un album di b-sides!!! N.d.A.) un court bouillon di Groove a go go, dai mid tempo di batteria che imprimono ritmi cadenzati, accompagnati dal riffetto distorto, cori e ritornelli accattivanti. Aor/hard & heavy tipico degli anni ottanta… di uno spocchioso che non vi dico. Altro pesce fuor d’acqua, una ballatona di quegli anni che corrisponde al nome di “Cold Embrace”, difatti, raffredda proprio il cuore di coloro che si aspetterebbe qualcosa di diverso da loro. Comunque non c’è che dire, potrebbe essere uscito dalla penna di Kurdt Vanderhoof (Metal Church) e di James Hetfield (Metallica) insieme. Tra i pezzi più interessanti (sebbene ricordi per certi versi “Perilous Nation” tratto da Practice What You Preach, in versione moderna), sia per struttura ritmico-melodica abbastanza variegata, che per quel bel piglio post-thrash, troviamo “A Day in the Death”. Il songriting è sorretto da un impeccabile lavoro delle due asce: Peterson/Skolnick (notare gli assoli di intermezzo tra una strofa e l’altra, nelle parti prettamente più strumentali) e della parte ritmica di Greg Christian, le cui parti di basso pulsanti e incalzanti, e i fulminanti breaks & blast beat di Gene (Hoglan) rendono il brano più variegato e scorrevole. Infine, sulla linea melodica di un album controverso come The Ritual (non per questo meno interessante), si può enunciare “Throne of Thorns”, in cui, a farla da padrona c’è la rifframa imposta dai due chitarristi, che partono con un leggero arpeggio iniziale, irrobustito via via da possenti riff, sorretti da un muro sonoro pieno di blast beat e rullate, sempre più decise dietro le pelli di un Gene Hoglan davvero in gran forma. Senza contare i cori a sorreggere la vocalità abrasiva e, a tratti brutalmente cavernosa, proposta dal Buon Chuck Billy, accompagnati dagli stupendi assoli di Eric e Alex che impreziosiscono il tutto. Nella versione digi pack, la troviamo in una veste più “estesa”, insieme alle cover di “Dragon Attack” dei The Queen, “Animal Magnetism” degli Scorpions e “Powerslave” degli Iron Maiden. Un plauso particolare va alla produzione di Andy Sneap, all’accurato lavoro di mixaggio e di engineering che ha saputo esaltare perfettamente ogni aspetto di quest’album che, in fin dai conti, non delude se non altro per l’indubbia professionalità dei singoli membri della band già enunciati in precedenza. Con l’auspicio che i fans non ne abbiano sofferto, di questa riproposizione in chiave moderna del Testament sound, prendendo troppo spesso spunto da album controversi come il già citato The Ritual, Practice What You Preach sino agli ultimi modern thrash album: The Gathering e The Formation…; non deluderanno di certo gli amanti di una certa pulizia del suono nel lotto presentato. Purtroppo, i puritani del Thrash Metal, specie per gli episodi negativi enunciati storceranno il muso, non soddisfacendo di certo il loro “palato intransigente”, ma, questo è. Non è il loro capolavoro assoluto, come il predecessore, ma non ha mancato comunque di entusiasmare, in sede live, nei festival europei dello scorso 2012 (anno in cui è uscito il full-lenght), i fans più accaniti. Alla prossima!
Posted on: Tue, 20 Aug 2013 20:12:07 +0000

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